18/04 Genova: 257° ora in silenzio per la pace



Rete controg8
per la globalizzazione dei diritti

Domani, mercoledì 18 aprile dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale
di Genova, 257° or ain silenzio per la pace
Incollo di seguito il testo di Lidia Menapace, pubblicato  sul manifesto di
qualche giorno fa, che verrà distribuito

Inviamo i Mangusta?

Davvero un pasticciaccio brutto, quello afghano. Ma se vogliamo cercare di
dipanarlo converrà ricordare che è un paese molto povero, a struttura
reticolare e tribale, che si adatta molto bene al terreno impervio e
difficile da percorrere, quindi insieme indifendibile (dai passaggi
attraverso i suoi aperti e incerti confini) e inattaccabile e impossibile
da conquistare (ci hanno provato in molti, invano).

Già tutto ciò avrebbe dovuto sconsigliare dal cacciarsi nell'avventura, ma
ormai è fatta e l'unica cosa ragionevole è cercare di cavarne i piedi. Al
più presto, col minor danno e lasciando il minor danno possibile dietro di
sé.

Naturalmente non è come dirlo, e lo dimostra ampiamente la terribile storia
Mastrogiacomo, dalla quale appare che non ci si può fidare di nessuno,
nemmeno di un governo "amico" (parlo di Karzai) e del presidente di uno
stato sovrano, considerato democratico nonché sede ed esportatore per
procura di democrazia, il cui ministro degli Esteri o della Giustizia osa
rimproverare Emergency di curare anche (!) talebani feriti, invece di
denunciarli. Si vede che non conoscono il diritto internazionale dal
momento che è dal tempo della battaglia di Solferino e della guerra in
Crimea che qualsiasi medico o infermiera cura chiunque sia in difficoltà.
Insomma, manca nei nostri interlocutori il minimo requisito per un
colloquio civile.

Naturalmente ciascuno sa che in casi di sequestri si tratta nelle
condizioni date e secondo tradizioni nazionali ben consolidate e ciò che
viene raccontato è sempre discosto dal vero anche se il vero si intravede
comunque. Ad esempio che i marinai inglesi abbiano invaso le acque iraniane
fu dichiarato da loro in una intervista resa nota solo dopo la loro
liberazione, che facessero anche opera di spionaggio è evidente. Il tutto
condito dal motto del nazionalismo inglese: " right or wrong, my country ",
e cioè, che abbia torto o ragione, è sempre il mio paese.

Non si può credere che Blair non abbia trattato; che miracolosamente alcuni
"pericolosi terroristi" iraniani detenuti in Iraq dall'esercito USA abbiano
recuperato la libertà è noto e fa intravedere una trattativa condotta alla
grande e senza scrupoli. Invece di fare tanto gli scandalizzati per la
pagliuzza nei nostri occhi, farebbero bene a badare alla trave che hanno
nei loro.

Adesso bisogna fare pressione sul governo Karzai perchè molli il
prigioniero di Emergency, o emetta un mandato con imputazioni precise, come
si fa in uno stato di diritto: D'Alema non può cavarsela con quanto ha
detto alla Camera. Ed è necessario tenere sempre presente che la situazione
evolve. Il Senato USA per esempio ha deliberato che non esiste più la
dizione "guerra al terrorismo" (che non si batte con la guerra, come
ampiamente dimostrato), ma quella "guerra in Iraq, guerra in Afghanistan,
minacce di guerra in Iran ecc.". Questo cambia le cose in modo sostanziale,
come è già stato rilevato da Furio Colombo sull' Unità e da Sergio Romano
su La Stampa .

Dalla guerra in Afghanistan men che mai si esce con la guerra. La domanda
ripetuta ossessivamente: "come rendere i nostri soldati capaci di resistere
in caso di estensione della guerra? mandiamogli più armi", deve ricevere
una risposta meno catastrofica: dalla guerra si esce attivando diplomazia,
politica e servizi, cioè mettendo le basi per una conferenza internazionale
cui prendano parte tutti gli attori del e nel conflitto. Tutte le scelte
sono rischiose ma la più rischiosa è quella di alzare il livello dello
scontro e mettere a disposizione più armi. Anche solo il paragone con il
far west, o la libertà di possedere armi e tenerle in casa, ci dimostra che
ciò aumenta sensibilmente il rischio di incidenti mortali. Inoltre- last
but not least- l'invio di armi e il mutamento del rapporto con la
popolazione afgana configura già una possibile violazione del dettato
costituzionale, là dove, all'art 11, si dice che l'Italia "ripudia la
guerra" anche "come strumento di risoluzione delle controversie
internazionali". A proposito di "più armi", su iniziativa di Fosco Giannini
abbiamo rivolto insieme a Francesco Martone e Josè del Rojo
un'interrogazione a Parisi per sapere se è vero quanto circola ormai da
giorni: stiamo per inviare i mangusta? Vorremmo discuterne, con la
Costituzione sullo sfondo a illuminarci.

Della trattativa previa fa parte anche la risoluzione del caso Emergency,
con la liberazione del loro associato e il ristabilimento di condizioni
tali che Strada e i suoi possano rientrare in Afghanistan in piena
sicurezza. Non è stato molto chiaro D'Alema su Emergency: nel riconoscere i
suoi meriti umanitari non ha speso una parola per respingere le accuse di
essere una associazione collusa con i terroristi e perfino con Al Quaeda.
Bisogna anche convincersi che Gino Strada può aver fatto le cose
straordinarie che ha fatto, perché è straordinario ed è medico; se fosse
stato uno straordinario insegnante non gli sarebbe stato consentito dai
Talebani di restare sul territorio e insegnare.

Chiariamo dunque subito tutto ciò che si può chiarire subito e già si vedrà
che nel campo dei sequestri vi è la massima continuità nella politica
italiana. Al governo Karzai, quasi come condizione per ammetterlo alla
conferenza, vale la pena di chiedere che molli il prigioniero o lo
incrimini formalmente e soprattutto consenta che veda un avvocato e i suoi
colleghi di Emergency: se lo incrimina però deve anche dire perché prima lo
ha accettato come mediatore. Qualcosa non quadra e si desidererebbe
saperlo: le pressioni che Karzai riceve dagli USA e dall'Inghilterra sono
più forti delle nostre? Può darsi, ma bisogna che lo dica o lo lasci
intendere. E' pur sempre una violazione di sovranità.