c'era una volta...



C'era una volta il partito della non-violenza. Il suo segretario
sosteneva
che, per uscire dal Novecento, i movimenti dovevano essere pacifici.
Novecentesco non è conservare la vigenza della forma-partito laddove ha
cessato di essere valida, ma mettersi un casco per ripararsi dalle
manganellate della polizia era posto sullo stesso piano della strage dei
kulaki. Oggi quel partito è al governo: in appena dieci mesi, di guerre ne
stanno facendo due.

Oggi quel segretario è presidente della camera. Oggi quell'appello alla
non-violenza si dimostra per quello che era fin dall'inizio: un
tentativo di
deprivare i movimenti della loro autonomia, per subordinarli al sistema
della rappresentanza politica.

Con linguaggio orwelliano, ci raccontano che stanno facendo la guerra per
costruire la pace. Col linguaggio della ragione, rispondiamo che non
esistono guerre buone e guerre cattive: unilaterali o multilaterali, sotto
l'egida dell'amministrazione Bush o dell'Onu, le guerre sono
dispositivi
costituenti dell'ordine imperiale. C'è chi è complice, e c'è chi si
oppone.
Tutto il resto sono chiacchiere. E oggi più che mai, le chiacchiere
stanno a
zero.

Quello stesso partito, i suoi ministri e quello stesso segretario,
raccontavano che avrebbero "superato" i lager per migranti, al secolo
centri
di permanenza temporanea.
Non uno ne è stato chiuso: i movimenti che li combattono - come è
successo a
Bologna - trovano sulla loro strada i manganelli non-violenti della
polizia.
Raccontavano che avrebbero "superato" la precarietà. La legge 30 e la
legge
Moratti godono invece di ottima salute. Raccontavano che avrebbero
"superato" il 3+2. Nelle università non è cambiato nulla. Raccontavano
che
avrebbero "superato" la Fini-Giovanardi. Le sole cose andate in fumo,
sono
le loro promesse.

L'unico superamento, reale, lo abbiamo praticato noi, nella radicalità
del
conflitto e della diserzione, nel rifiuto dei saperi di guerra e delle
strutture della rappresentanza. Attraverso i percorsi di autoformazione e
le
lotte, nell'autogestione della produzione dei saperi e nelle occupazioni,
abbiamo cominciato a costruire un'università autonoma metropolitana. Non
un'altra università, ma l'unica possibile: quella dell'autonomia del
sapere
vivo nella metropoli produttiva. Non abbiamo bisogno di un'"altra
riforma
possibile", perché stiamo già praticando la nostra autoriforma. Perché le
nostre forme di vita sono irrapresentabili, si muovono in altro tempo: non
riuscirete mai a catturarle perché siamo veloci, flessibili e
imprevedibili.
Potete anche seguire i consigli del "Corriere della sera", che vi
suggerisce
di fare ciò che il Pci non volle: essere agenti di inclusione democratica
dei movimenti. Trent'anni fa Lama e l'arroganza di Pci e sindacato
venivano
cacciate dall'università di Roma. Si sa: quando la storia si ripete due
volte, la prima lo fa come tragedia, la seconda come farsa. Oggi in nome
di
un rinnovato compromesso storico l'ex segretario e attuale Presidente
della
Camera viene a Lettere, invitato da Comunione e Liberazione, legittimando
un'organizzazione che gli studenti di questa facoltà hanno sempre
ripudiato.

Il tentativo di cattura e cooptazione, all'insegna di una governance
all'amatriciana, è proprio questo: una farsa. Siete destinati alla
sconfitta. Avete già perso. Perché la costruzione di autonomia significa
innanzitutto estraneità al sistema della rappresentanza. Autoformazione e
autogestione dei saperi significano esodo e conflitto.
Perché noi siamo la forza dell'autonomia dei movimenti, voi la violenza
della rappresentanza.
Lasciate stare il Corrierone, seguite il nostro di consiglio: andatevene !

Rete per l'Autoformazione ( La Sapienza e Roma 3)