Nablus: operazione "Hot Winter"



Ultimi aggiornamenti da Nablus (a seguire i link)

Secondo Al-Jazeera l'operazione "Hot Winter" si e' ufficialmente conclusa  http://english.aljazeera.net/NR/exeres/67D51531-149D-443E-B7C1-AD9E1FBBD465.htm

pare che comunque anche stamattina ci siano stati nuovi raid dell'esercito israeliano
(http://www.maannews.net/en/index.php?opr=District&ID=5)

altri aggiornamenti in italiano su
http://www.medioriente.net/?q=palestina_nablus_loffensiva_continua

e in inglese su
http://www.jerusalemites.org/
http://witenagemot.livejournal.com/

i video si trovano tutti su YouTube a partire da questo indirizzo:

http://www.youtube.com/watch?v=sXxFVlUKsiA&mode

sulla destra trovate l'elenco dei video sull'operazione Hot Winter

Qui di seguito un resoconto degli ultimi giorni a Nablus scritto da una volontaria internazionale.

Associazione per la Pace - ufficio nazionale


E di nuovo oggi e di nuovo domani.  Fino a quando? 
Lo so domanda retorica.
Grazie a M. Del Biondo per avere tradotto dall'inglese il testo di K.

Luisa Morgantini

 

 

 Un giorno a Nablus sotto il coprifuoco

 Nablus, 26-02-07: il dottor Ghassan Hamdan, Direttore del Palestinian Medical Relief Society a Nablus, si è svegliato alle 5 questa mattina dopo un sonno di sole due ore e mezzo.  E’ stato fino a tardi a distribuire cibo e medicine e a prestare servizi di emergenza sanitaria ai residenti della città vecchia di Nablus, che hanno subito un coprifuoco imposto da Israele e ai quali è stato  proibito di lasciare le proprie abitazioni sin dalle prime ore di domenica.

 E’ stato svegliato da una telefonata in cui gli si diceva che una casa proprio fuori dalla città vecchia era stata incendiata da soldati israeliani e che potevano esserci molte vittime civili. Arrivato sul posto, gli è stato detto che le truppe israeliane erano arrivate al complesso di appartamenti residenziali intorno alle 4.45 e ne avevano costretto i residenti ad uscire per strada. Una dei residenti, Mona Tbeileh, era stata accusata dai soldati di dar rifugio  a uomini ‘ricercati’. Mona aveva categoricamente negato, dicendo che suo marito si trovava all’estero e che lei e suo figlio erano le solo persone nell’appartamento a pianterreno. Aveva detto ai soldati che potevano cercare nell’appartamento e si era persino offerta come scudo umano. I soldati si erano rifiutati di cercare nell’appartamento, e intorno alle 5.15 avevano fatto esplodere la porta dell’appartamento, dandogli fuoco. [1]

 Mona e la sua famiglia ci hanno mostrato la devastazione tutta intorno: I fori dei proiettili nei muri, mucchi di mobili e beni di famiglia ancora ardenti dopo l’incendio del mattino. La figlia diciannovenne di Mona, Niveen, ha indicato una struttura annerita, dicendo “questo era il mio letto. Grazie a Dio ho dormito a casa di mia cugina la scorsa notte quando mi hanno chiamato per dirmi ciò che era successo, sono impazzita. Ero preoccupata per mia madre e mio fratello. Ci sono volute cinque ore per spegnere il fuoco. E’ stato distrutto tutto.

Il Dott.Mustafa Barghouthi MP, che ha visitato la famiglia lo stesso giorno, ha detto “questo è solo un esempio di come gli israeliani pensano di potere agire impunemente. La casa di questa famiglia e tutti i suoi beni sono stati distrutti. Per che cosa? Cosa faranno adesso? Nessuno li risarcirà per la perdita della loro casa. Nablus è tornata ai giorni del 2002.”…

Il dott. Barghouthi ha fatto riferimento al periodo in cui Nablus fu almeno 200 giorni sotto il coprifuoco nel 2002, quando i suoi abitanti furono costretti a stare in casa almeno per l’ 80 del tempo (spesso per 24 ore filate) tra il 18 Giugno e il 31 Dicembre del 2002[2].  Perciò, gli abitanti di Nablus sono abituati a tali forme di punizione collettiva.

 L’ultimo coprifuoco è iniziato il 24 Febbraio, quando circa 80 veicoli blindati e bulldozer hanno invaso la città alle prime ore del mattino per una cosiddetta “operazione di arresto” . la televisione locale e le stazioni radio sono state requisite dalle truppe di Israele, che hanno trasmesso messaggi in cui si chiedevano informazioni su dove fossero cinque uomini. Le case sono state occupate e sono stati realizzati buchi con esplosioni su tutte le pareti in modo da permettere ai soldati di muoversi senza doversi avventurare per le strade. Un civile è stato ucciso nella sua casa con un colpo di pistola al collo; altre 20 persone hanno riportato ferite da proiettili di gomma.

L’area intorno ai due unici ospedali pubblici di Nablus,  Al-Watani Hospital e Rafidya Hospital, è stata dichiarata zona militare chiusa. Quando abbiamo visitato l’ospedale nel cuore di Nablus, la sua entrata era bloccata da quattro jeep militari equipaggiate con approssimativamente 16 soldati, che fermavano tutte le ambulanze e i mezzi sanitari mobili che entravano ed uscivano dall’ospedale. [3]

 Inoltre, le scuole e le università sono state costrette a chiudere perchè decine di migliaia tra studenti e professori non possono raggiungere le loro sedi di studio/lavoro a causa del coprifuoco, e perchè alcune istituzioni educative sono state dichiarate zone militari. [4]

 “Il problema è che nessuno si sta chiedendo se è necessario mettere 250.00 persone  sotto il coprifuoco, impedire loro di raggiungere cliniche ed ospedali, e far fuori le scuole; nessuno si sta chiedendo questo, “ ha detti il dott. Barghouthi.

Questa affermazione è stata ben contestualizzata  quando, mentre accompagnavamo il team sanitario  mobile del PMRS’ per la città vecchia per portare medicinali essenziali a pazienti con disturbi cronici, dall’ipertensione al diabete, così come il latte in polvere ai neonati, pane e altre forniture di base, siamo passati tra  due veicoli blindati che bloccavano una delle entrate principali della città vecchia. Accanto a questi veicoli c’era un uomo disabile su sedia a rotelle, insieme a suo fratello, che cercava da più di un’ora di raggiungere la loro casa a soli pochi metri di lì, dentro la città vecchia.

Il dott. Ghassan ha cercato di negoziare con i soldati per permettere ai due uomini di tornare a casa ma c’è stato detto che non era possible; senza ulteriori spiegazioni.
Dopo qualche insistenza da parte nostra, ad una volontaria internazionale del PMRS è stato detto che poteva accompagnare il disabile a  casa. “Posso vedere che non sei Araba” è stata la ragione che le ha urlato contro uno dei soldati. Quando lei ha fatto notare che c’erano dei gradini che conducevano alla casa e che non avrebbe potuto farcela da sola, le è stato permesso di accompagnare entrambi gli uomini a condizione che loro restassero dentro e che lei tornasse immediatamente. Il giro ulteriore nella città vecchia ha rivelato un posto in brusco contrasto con la Nablus di circonstanze più normali: una città i cui stretti vicoli pullulano di venditori, di carretti di verdure, di bambini che giocano a calcio; una città famosa per la sua ospitalità, dove la gente ti invita a casa a bere caffè, o nel suo negozio a mangiare un kunafe, dessert tradizionale di Nablus,.

Oggi abbiamo trovato una deserta terra desolata ricoperta da tappeti di pietre lanciate contro le jeep israeliane che presidiano minacciosamente tutta la città vecchia; ‘checkpoint’ improvvisati fatti con rami d’albero e con fusti di  rifiuti bruciati attrezzati dagli abitanti nel vano tentativo di disturbare il passaggio delle jeep israeliane;  e facce che guardano dalle finestre, alcune impaurite, altre semplicemente annoiate.

Dopo che ci è stato brutalmente impedito di portare cibo in polvere ad un bambino disabile di cinque anni che non mangia altro, dalla presenza di un blindato all’ingresso della strada in cui si trova la casa, ho chiesto all’autista dell’unità mobile e volontario a lungo termine del PMRS, il ventisettenne Taher Kosa, perchè rischia continuamente la propria vita per portare cibo e medicine a famiglie isolate. “E’ la mia forma di lotta” ha detto. Alcune persone lottano attraverso la loro ’educazione, alcuni come i giornalisti attraverso i media. Questo è il mio compito. E quando hai colleghi che dedicano la loro vita ad aiutare l’altra gente e che sono sempre i primi sulla scena,  non importa quanto è pericoloso, sei ispirato dal loro esempio.”

Questo è lo spirito del popolo palestinese  che lascia costantemente i visitatori a disagio. L’occupazione israeliana, caratterizzata quotidianamente da storie come questa di oggi a Nablus,  entrerà nel 2007 nel suo quarantesimo anno. Eppure malgrado l’enorme pressione militare, politica ed economica che spinge sotto il suo peso la società palestinese al collasso; e malgrado i continui fallimenti ad alto livello della comunità internazionale nel chiedere la fine dell’occupazione israeliana, l’ispirazione tratta da dentro manda avanti i palestinesi nello loro lotta per vivere in pace, libertà  dignità.

Note
[1] In violazione dell’articolo 13.2 del Protocollo Addizionale alla Convenzione Di Ginevra del 12 Agosto 1949, e relativamente alla Protezione delle Vittime dei Conflitti Armati Non-internazionali (protocolloII) “ La popolazione civile in quanto tale, così come individui civili, non saranno oggetto di attacco. Atti o minacce di violenza, il cui primo proposito è quello di diffondere il terrore tra la popolazione civile, sono proibiti.” Vedi http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/94.htmE’ anche in violazione dell’articolo 53 della Convenzione di Ginevra relative alla Protezione delle Persone Civili in Tempo di Guerra: “ogni distruzione da parte della Potenza Occupante di proprietà personali appartenenti individualmente o collettivamente a persone private, o allo Stato, o ad altre pubbliche autorità, o a organizzazioni sociali o cooperative, è proibita, eccetto dove tale distruzione sia resa assolutamente necessaria da operazioni militari.”  

[2] vedi Banca Mondiale, ottobre 2004. Quattro anni di Intifada, chiusure e crisi Economica Palestinese:              una valutazione. Pag 2 http://siteresources.worldbank.org/INTWESTBANKGAZA/Resources/wbgaza-4yrassessment.pdf

 [3] in violazione all’articolo 18 della Cnvenzione di Ginevra relative alla Protezione delle Persone Civili in tempo di Guerra:” gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti e ai malati, gli infermi e in caso di maternità, non possono essere in nessuna circostanza oggetto di attacco, ma saranno sempre rispettti e protetti dalle parti del conflitto”; Articolo 5 Del Protocollo Addizionale alla Convenzione di Ginevra del 12 Agosto 1949, e relativamente alla Protezione delle Vittime dei Conflitti Armati Non-internazionali (ProtocolloII): “[...]le seguenti disposizioni saranno rispettate con un minimo di riguardo per le persone private della loro libertà per ragioni collegate al conflitto armato, se sono internate o detenute: (a) i feriti e i malati saranno trattati secondo l’srticolo 7; (b) le persone a cui fa riferiento questo paragrafo saranno, nella stessa misura della poplazione civile locale, forniti di cibo e di acqua potabile e gli sarà garantita protezione rispetto alla salute, all’igiene e alla protezione contro i rigori del clima e i pericoli del conflitto armato”; e Articolo 7  dell’ultima convenzione citata: 1. tutti i   feriti, i malati e i naufraghi, abbiano o no preso parte al conflitto armato, saranno rispettati e protetti” e “2. In ogni circostanza saranno trattati umanamente e riceveranno, nella misura più ampiamente praticabile e con il minimo ritardo possibile, le cure mediche e le attenzioni richieste dalle loro condizioni. Non ci sarà distinzione tra loro per alcuna ragione se non per motive medici.” Vedi http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/94.htm.

[4] In violazione all’articolo 50 della Convenzione di Ginevra relative alla Protezione delle Persone Civili in tempo di Guerra: “ la Potenza Occupante faciliterà, con la cooperazione delle autorità nazionali e locali, il lavoro specifico delle istituzioni preposte alla cura e all’educazione di bambini:” Vedi  http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/92.htm.

traduzione dall'inglrese a cura di  M. Del Biondo - Donne in Nero