Bentornato Oreste !



Bentornato Oreste in Italia, come nel 77 in tempo di *pace*... così si
rivolge Prodi a noi pacifisti, dice che la pace è fatica.

Benvenuto Oreste in Italia, a Viterbo, davanti al carcere di Mammagialla.
Sai quello che ti aspetta, vero ?

Siamo nell’Italia in cui ci voleva un Cossiga per dare forza e dignità a
Paolo Persichetti, dirgli di non perdere mai la speranza.

La pace non arricchisce nessuno e chi le fa guerra non potrà mai capire nè
tantomeno perdonare.

In quegli anni io Oreste lavoravo alla Comit, uscivo dalla banca a via del
Corso e correvo a casa a studiare, correvo verso Trastevere dove
abitavano i miei amici, corsi anche a capire perchè una di 19 anni
rimane uccisa a Roma in un giorno di primavera, correvo a gambe levate
per risparmiarmi le cariche quando decisi di non andare più in piazza,
mi sposai con un compagndi scuola in Campidoglio il 30 dicembre del 77.
eravamo in pochi, risate e qualche pianto, mi sembrò un matrimonio di
guerra, correvo sempre.

E invece no,non c’era bisogno di correre, Roma era in *pace*, come oggi.

Bentornato Oreste, faccio ancora credimi molta fatica a camminare
lentamente, anche se sono ormai in pensione.

Si è vero, la pace è fatica

Doriana Goracci

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«La cella addosso a Paolo Persichetti è saldata con la fiamma fredda del
rancore. Prima il raggiro, la truffa di una finta accusa per poterlo
estradare, e la complicità dei funzionari che si sono prestati a trafugare
un corpo in libertà per consegnarlo ai carcerieri. Poi la penitenza di
scontare pene per le rivolte politiche del 1900 […]. Rancori: in Italia
non
si perdona l’azione di chi andò allo sbaraglio senza alcun tornaconto
personale. Chiamano volentieri terrorismo qualunque azione non abbia un
riscontro economico. Da noi si perdona tutto, purché commesso per
arricchimento […]. Incomprensibile e perciò imperdonabile è la generazione
politica della quale Paolo Persichetti è stato uno degli ultimi iscritti,
il
più giovane dei noialtri di allora». (Erri De Luca)

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Senato della Repubblica Francesco Cossiga

Signor Paolo Persichetti Casa Circondariale Marino del Tronto Frazione
Navicella, 218 63100 Ascoli Piceno

Gentile Signor Persichetti,

ho letto la Sua intervista a "La Stampa" e La ringrazio per
l’attenzione che
Lei e i Suoi compagni riservate alle mie valutazioni e ai miei giudizi.

Io ho combattuto duramente il terrorismo, ma ho sempre ritenuto che certo
si
trattasse di un gravissimo e deprecabile fenomeno politico, ma che
affondava
le sue radici nella particolare situazione sociale politica del Paese, e
non
invece un "humus delinquenziale".

Il terrorismo di sinistra - frutto anche di chi nei partiti e nella CGIL
lanciava la pietra e nascondeva la mano, e che insegnava la "violenza"
in
Parlamento e "in piazza", ma non si é poi assunto, tutt’altro, la
responsabilità delle conseguenze pratiche degli insegnamenti stessi -,
nasce
a mio avviso da una lettura "non storica" del marxismo-leninismo e da
una
"mitizzazione" della Resistenza e della Liberazione che, nel contenuto
sociale e politico della sinistra, è fallita perché ha portato alla
ricostituzione di un "regime delle libertà borghesi".

Ritengo che l’estremismo di sinistra, che era non un terrorismo in senso
proprio (non credeva infatti che solo con atti terroristici si potesse
cambiare la situazione politica), ma era "sovversione di sinistra" come
agli
albori era il bolscevismo russo, e cioè un movimento politico che,
trovandosi a combattere un apparato dello Stato, usava metodi terroristici
come sempre hanno fatto tutti i movimenti di liberazione, Resistenza
compresa (l’assassinio di un grande filosofo, anche se fascista, che
camminava tranquillamente per strada, Giovanni Gentile, da parte di Gap
fiorentini si può giudicare positivamente o negativamente, ma da un punto
di
vista teorico è stato pur sempre un atto di terrorismo) pensando di
innescare - e qui era l’errore anche formale - un vero e proprio movimento
rivoluzionario.

Voi siete stati battuti dall’unità politica tra la Democrazia Cristiana e
il
Partito Comunista Italiano, e per il fatto che non siete stati in grado di
trascinare le masse in una vera e propria rivoluzione. Ma tutto questo fa
parte di un periodo storico dell’Italia che è concluso; e ormai la
cosiddetta "giustizia" che si è esercitata e ancora si esercita verso di
voi, anche se legalmente giustificabile, è politicamente o "vendetta" o
"paura", come appunto lo è per molti comunisti di quel periodo, quale
titolo
di legittimità repubblicana che credono di essersi conquistati, non con il
voto popolare e con le lotte di massa, ma con la loro collaborazione con
le
Forze di Polizia e di Sicurezza dello Stato. Per questo, io che sono stato
per moltissimi di voi: "Cossiga con la K" e con le due [N.d.R. qui viene
lasciato uno spazio riempito poi con due "S" runiche, a mano], e
addirittura
"un capo di assassini e un mandante di assassinii", oggi sono perché si
chiuda questo doloroso capitolo della storia civile e politica del Paese,
anche ad evitare che pochi irriducibili diventino cattivi maestri di nuovi
terroristi, quelli che hanno ucciso D’Antona e Biagi che, per le Forze di
Polizia e per la giustizia, è facile ricercare tra di voi, perché voi
siete
stati sconfitti politicamente e militarmente con l’aiuto della sinistra:
andare a cercarli altrove potrebbe essere forse più imbarazzante...

Purtroppo ogni tentativo mio e di altri colleghi della destra o della
sinistra di far approvare una legge di amnistia e di indulto si è
scontrato
soprattutto con l’opposizione del mondo politico che fa capo
all’ex-partito
comunista.

Leggo che Le hanno rifiutato l’uso di un computer, che onestamente non
sapevo costituisse un’arma da guerra! Qualora Lei lo richieda ancora e
ancora glielo rifiutassero, me lo faccia sapere, che provvederò io a
farglielo dare.

Non perda mai la Sua dignità di uomo neanche in carcere, luogo non fatto e
non gestito certo per "redimere" gli uomini! E non perda mai la
speranza.

Cordialmente,

Francesco Cossiga

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