Dichiarazione politica e appello al sostegno della Palestina - Delegazione congiunta della società civile palestinese al World Social Forum - Nairobi, Kenya, gennaio 2007 (fp)



Dichiarazione politica e appello al sostegno della Palestina

Delegazione congiunta della società civile palestinese al World Social Forum

Nairobi, Kenya, gennaio 2007

 

A quaranta anni dalla occupazione da parte di Israele di Gaza e della West Bank, Gerusalemme est compresa, e a quasi 60 anni dalla Nakba (catastrofe) palestinese del 1948, il popolo palestinese si trova in un frangente critico. La solidarietà e il sostegno mondiale saranno decisivi  per permettere che la battaglia del popolo palestinese per la libertà, la giustizia e una pace durevole possa avere successo.

 

Finora la diplomazia ufficiale  ha fallito nel far applicare  le decine di risoluzioni dell’ONU e i principi fondamentali del diritto internazionale tesi a mettere fine all’occupazione, alla colonizzazione, al trasferimento e all’espropriazione da parte  di Israele nei confronti del popolo palestinese. La diplomazia mediorientale gestita dagli USA, favorendo l’intervento militare e l’unilateralismo invece del rispetto del diritto internazionale, è anche direttamente coinvolta in guerre e occupazione in Iraq e in Libano, è complice del regime coloniale israeliano in Palestina e incoraggia attivamente le divisioni e la guerra civile nella regione.

Invece di essere parte della soluzione, gli USA e tutto il Quartetto - inclusa l’UE - sono diventate parte del problema nella regione.

 

Dopo intensi sforzi si sono tenute, nei Territori Palestinesi Occupati (TPO), regolari elezioni democratiche per il parlamento con il fervido sostegno degli USA e dell’UE, che hanno poi rifiutato i risultati elettorali che hanno portato al “potere” Hamas, un esito che non era in linea con i loro piani per la regione, e in particolare con il loro tentativo di “convincere” i palestinesi ad accettare una limitata autonomia nei TPO  sotto il controllo totale delle autorità militari israeliane. Successivamente Israele, gli USA e molte potenze europee hanno imposto un duro e inumano regime di sanzioni contro i Palestinesi sotto occupazione. Secondo le parole del prof. John Dugard, relatore speciale dell’ONU, le sanzioni sono state imposte contro gli occupati invece che  contro gli occupanti; è la prima volta in cui un popolo occupato è stato trattato in questo modo.

 

Povertà, disoccupazione, decrescita, destabilizzazione delle istituzioni vitali preposte all’assistenza sanitaria, all’educazione e ai servizi sociali sono stati i risultati immediati di questo blocco spietato. Tutto questo, unito al diretto intervento straniero, ha favorito la conflittualità nel sistema politico palestinese, minando la capacità di una efficace collaborazione e  infine scatenando una conflitto aperto fra i due principali partiti  politici  palestinesi.

 

Nel frattempo Israele ha realizzato con una impunità senza precedenti una escalation del suo assedio ai bantustans palestinesi; uccisioni di civili palestinesi, un terzo almeno dei quali erano bambini; confisca di terre palestinesi e di risorse idriche; costruzione del Muro dell’apartheid, condannato come illegale dalla Corte internazionale di Giustizia nel 2004; distruzione vandalica di terreno agricolo palestinese, di infrastrutture  e di interi quartieri civili. Inoltre, nel 2006, il governo israeliano ha quadruplicato, rispetto al 2005, gli appalti per unità abitative  nelle colonie costruite nei territori palestinesi occupati.

Il recente massacro di civili inermi a Beit Hanoun è solo l’ultimo episodio di una serie di crimini di guerra  commessi dalle forze di occupazione israeliane  senza la minima censura da parte del mondo intero. Impedendo all’arcivescovo Desmond Tutu e alla commissione d’indagine dell’ONU da lui guidata l’ingresso nella Striscia di Gaza, Israele, con la totale complicità dell’occidente, ha replicato l’operazione di copertura che già aveva realizzato dopo le atrocità commesse nel campo profughi di Jenin nel 2002. Anche questa volta i governi del mondo hanno scelto di voltare la testa  dall’altra parte, dando a Israele via libera  per continuare la sua politica criminale, il cui principale obiettivo è di promuovere un lento processo di pulizia etnica nei TPO che  dovrebbe garantire il suo storico obiettivo di acquisire una “terra  senza popolo”.

 

In parallelo la recente e ampiamente riconosciuta sconfitta di Israele in Libano ha soltanto spinto il paese ancora di più verso destra, a tal punto che un partito dichiaratamente fascista  come quello di Avigdor Lieberman fa ora parte del governo. La disuguaglianza politica dei Palestinesi in Israele  si è approfondita e la discriminazione razziale contro di loro in tutti i settori vitali – riunificazione delle famiglie, educazione, salute, proprietà della terra e opportunità di lavoro – è aumentata. La demolizione di case, la distruzione dei raccolti e  l’esodo forzato di intere comunità, soprattutto nel Negev, sono divenuti la norma nel trattamento da parte di Israele dei Palestinesi suoi  cittadini.

 

Dal momento della firma degli accordi di Oslo nel 1993 sono passati invano molti anni di “trattative di pace” che hanno ignorato le condizioni di base della giustizia e che hanno soltanto aiutato la potenza occupante a cementare letteralmente la sua presa sulla terra occupata. Ma la società civile Palestinese non ha perso la speranza di poter ottenere una pace giusta fondata sul diritto internazionale e sui diritti umani universali, primo fra tutti il diritto alla piena eguaglianza di tutti gli esseri umani senza discriminazione religiosa o etnica. Nel momento attuale, come nei decenni passati, i maggiori e fondamentali ostacoli per la realizzazione di una pace  completa e durevole sono l’occupazione e la colonizzazione continua delle terre arabe da parte di Israele; il suo rifiuto dei diritti dei profughi Palestinesi; le continue politiche di espulsione; e il suo sistema di discriminazione razziale contro i Palestinesi cittadini di Israele.

I rappresentanti della società civile palestinese credono fermamente che senza l’applicazione di una pressione diretta, efficace e costante su Israele per terminare l’oppressione durissima del popolo Palestinese, la comunità internazionale non contribuirà veramente  a porre fine a questo conflitto antico e  a  portare una giusta e durevole pace nell’intera regione.

 

Appello all’azione

 

Sulla base di quanto detto, la società civile Palestinese chiede il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) contro Israele, in modo simile alle misure prese dalla comunità internazionale contro l’apartheid  in Sud Africa nel passato. Il boicottaggio da parte dei consumatori dei prodotti Israeliani; il boicottaggio di eventi accademici, sportivi e culturali israeliani e delle istituzioni complici negli abusi dei diritti umani; il disinvestimento dalle aziende israeliane, come pure dalle multinazionali coinvolte nel continuare l’ingiustizia; il fare pressione sui governi per imporre sanzioni contro Israele sono tutti esempi di misure non violente, efficaci, morali che dovrebbero essere iniziate e mantenute finché Israele non ottempererà ai suoi obblighi di riconoscere il diritto inalienabile del popolo Palestinese all’autodeterminazione e non rispetterà pienamente le norme del diritto internazionale:

  1. mettendo fine all’occupazione e alla colonizzazione di tutte le terre arabe occupate nel 1967 e smantellando il Muro;
  2. mettendo fine al suo sistema di discriminazione razziale e riconoscendo I diritti fondamentali dei cittadini arabo-palestinesi di Israele, incluso il loro diritto alla piena uguaglianza;
  3. riconoscendo il diritto dei profughi palestinesi, incluse le persone spostate internamente (IDPs), a tornare alle loro case e proprietà, come stabilito dalla risoluzione 194 della assemblea generale dell’ONU.

 

La società civile internazionale, in stretto coordinamento con la società civile  palestinese e araba, ha un ruolo critico da svolgere nel portare giustizia e pace in Medio Oriente. Adottando forme di azioni BDS diverse, sostenibili e adatte al contesto ma continue contro Israele in  vari campi, persone e organizzazioni consapevoli  possono far fronte alla loro responsabilità morale di porre termine al  sistema israeliano di colonialismo e di discriminazione razziale, assicurando una effettiva opportunità per la riconciliazione e la coesistenza per tutti nella regione, basata sull’uguaglianza e il mutuo rispetto per la legge internazionale e per i diritti umani fondamentali.

 

La  Delegazione Palestinese al WSF-2007, Nairobi:

  • Palestinian NGO Network (PNGO)
  • Ittijah – Union of Arab Community Based Organizations
  • Palestinian NGO Forum, Lebanon
  • Acting Steering Committee, Palestinian BDS Campaign
  • OPGAI-Occupied Palestine and Syrian Golan Heights Advocacy Initiative
  • The Grassroots Palestinian Anti-Apartheid Wall Campaign
  • APN-Arab Group for the Protection of Nature

 

Traduzione a cura di ISM-Italia, gennaio 2007

 

ISM- Italia

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ISM-Italia è il gruppo di supporto italiano dell’ISM.

L’International Solidarity Movement (ISM www.palsolidarity.org) è un movimento palestinese impegnato a resistere all’occupazione israeliana usando i metodi e i principi dell’azione-diretta non violenta. Fondato da un piccolo gruppo di attivisti nel 2001,  ISM ha l’obiettivo di sostenere e rafforzare la resistenza popolare assicurando al popolo palestinese la protezione internazionale e una voce con la quale resistere in modo nonviolento alla schiacciante forza militare israeliana di occupazione.

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