sul prosieguo della lotta di Vicenza
- Subject: sul prosieguo della lotta di Vicenza
- From: "red_link" <red_link at tiscali.it>
- Date: Sun, 21 Jan 2007 11:00:35 +0100
OMBRE NERE ED AVVOLTOI SULLA LOTTA DELLE POPOLAZIONI
VICENTINE CONTRO L’AMPLIAMENTO DELLA BASE MILITARE
U.S.A. Non vogliamo ritornare sul
significato politico generale o sulle scelte di strategia militare che
sottendono all’ampliamento della base americana di Vicenza. Rinviamo i compagni
interessati a prendere visione della corposa documentazione prodotta in loco dai
Comitati di Lotta o all’ampia raccolta di analisi e contributi vari presente sui
siti internet *. Ci preme, invece, anche
capitalizzando talune vicende di lotte e mobilitazioni No War del recente passato, fare tesoro
di ingenuità ed errori che – tutti
assieme – abbiamo compiuto nel corso di queste esperienze le quali si
riverberano ancora oggi a ridosso della questione
vicentina. Le mobilitazioni di questi giorni a
Vicenza sono, senza ombra di dubbio, un segnale positivo ed incoraggiante che
testimonia una presente e diffusa volontà popolare contro questo ulteriore
passaggio di militarizzazione del territorio con l’obiettivo di determinare una
rinnovata e più decisa funzione di aggressione bellica di questa base
nell’intera area d’intervento Euro-Mediterranea. Una vitalità, che premia il lavoro
di agitazione, di organizzazione e di radicamento delle locali associazioni e
comitati di lotta, che già si era manifestato nella grande Manifestazione dello
scorso dicembre con cui, a stragrande maggioranza, era emersa l’opposizione senza se e senza ma all’ampliamento
della base americana. Preoccupazioni ed avvertenze che
socializziamo ai compagni. L’immediata reazione di lotta
all’annuncio prodiano con cui si è dato il placet all’ampliamento della base ha
costituito una accelerazione nelle dinamiche di movimento e nel rapporto tra
queste con i partiti politici ed il governo. L’intero ciclo del movimento contro
la guerra – almeno qui in Italia – si
è costantemente misurato ed intrecciato con l’azione della cosiddetta sinistra
radicale e con quelle opzioni miranti a ricondurre la portata ideale e politica
di questa insorgenza dentro i meccanismi di governance e di gestione delle crisi.
Costantemente, nella dialettica del movimento, sono emersi punti di vista ed
argomentazioni che, camuffandosi a vario modo, hanno ostacolato ogni anelito di
autonomia ed indipendenza dal quadro politico e dalle compatibilità con i
soggetti istituzionali. Non è questa la sede per un compiuto bilancio politico
della passata stagione del movimento contro la guerra. Altri luoghi ed altri
appuntamenti sono già convocati per questo indispensabile confronto collettivo
che diventa sempre più necessario. Vogliamo, però, sommessamente,
mentre riparte la mobilitazione di Vicenza, segnalare alcune preoccupazioni che
intravediamo ed avanzare alcune utili avvertenze per non sacrificare, anche
questa volta, speranze ed obiettivi di lotta, sull’altare del politicantismo e
della subalternità. E’ bastato leggere, nelle edizioni
di sabato 20 gennaio, i titoli de “l’Unità” e di “Europa” (il giornale della Margherita), per
cogliere la esplicita soddisfazione, degli estensori di questi giornali, per gli
scarsi numeri presenti al Presidio, per protestare contro l’autorizzazione del
governo Prodi all’ampliamento della base militare americana a Vicenza, svoltosi
a Roma nella serata di venerdì 19/1. Quanto a Rifondazione Comunista, per
chi ha partecipato a questo primo ed importante appuntamento, indetto dai
compagni di Roma, è stato facile prendere atto del doppio volto del partito di
Bertinotti: opposizione a parole alla base militare, sostanziale diserzione al
presidio. Il silenzio di “Liberazione” al riguardo è più eloquente di ogni
nostro più malevolo commento. Quando ha preso parola lo ha fatto attraverso la
Menaguerra per sputare veleno sul presidio accusando i presenti di parassitismo
senza pudore per la sua vicenda personale che utilizzando voti dei pacifisti si
parassitariamente seduta in parlamento votando tranquillament3e le missioni di
guerra del governo. Crediamo, oramai, che sia a tutti
chiaro che nelle rituali (…e, quasi,
infastidite) dichiarazioni di un Giordano, di un Ferrero o di un Russo Spena
non c’è traccia di alcuna volontà di rompere con l’attuale maggioranza di
governo o di offrire una qualche forma di “rappresentanza politica” conseguente
alla battaglia ingaggiata dalla popolazione di Vicenza. Come dire: “fate pure le mobilitazioni contro la
“base” e non dimenticate, al momento delle prossime elezioni che anche noi ci
siamo espressi “contro”, ma noi non possiamo contribuire a farle crescere fino
al punto da mettere in pericolo il governo”. Emerge, così, di nuovo il cinico
tentativo di utilizzare la protesta di Vicenza sul tavolo della contrattazione
(..al ribasso!) nel governo evitando
accuratamente qualsivoglia atto di
rottura formale con l’esecutivo e con le sue politiche. Una scellerata azione tendente a
mettere, anche su questo versante dell’azione di governo, la sordina politica ad
ogni critica verso la vigenza dell’esecutivo di Prodi. E’ un lavorio tendente a
circoscrivere e depotenziare ogni possibile saldatura tra le sacrosante proteste
della popolazione vicentina e la indispensabile ricostruzione di un efficace
movimento contro la guerra. Anche l’appellarsi (..con toni sempre più dimessi) ad una più
chiara e marcata exit strategy
italiana dai teatri di guerra, che dovrebbe palesarsi al momento della votazione
parlamentare al decreto di rifinanziamento della missione militare in
Afghanistan, ci sembra prefigurare uno sconcertante scenario che abbiamo già
subito, nel luglio scorso, all’epoca della passata votazione.
Anzi le premesse politiche alla base
del ritiro italiano dall’Irak (che
era già previsto e calendarizzato dal
governo del Cavaliere) ed il voto
di sostegno della cosiddetta sinistra radicale allo scorso finanziamento della
missione a Kabul non hanno impedito la partecipazione militare italiana al nuovo
capitolo dell’ aggressione neocoloniale in Libano e nell’intero Medio Oriente.
Ed è stato sulla scorta di quel ritrovato
clima di unità parlamentare che D’Alema ha potuto intrecciare la trama
politica necessaria per la nuova collocazione multipolare dell’interventismo del
capitalismo tricolore a partire dallo scenario Libanese. Una politica salutata, come un primo
atto significativo di una volontà di rottura dall’imperante unilateralismo di
Bush, dal coro estasiato e subalterno della sinistra radicale.
Del resto che il PRC, ma anche gli
altri sinistri governativi, non
vogliano seriamente disturbare il manovratore non è riscontrabile esclusivamente
dal loro posizionarsi nei confronti della questione vicentina ma dalla
collocazione/atteggiamento verso l’insieme dei provvedimenti e delle scelte di
politica economica e sociale del governo Prodi. Non a caso le manifestazioni contro
l’invio delle truppe italiane in Libano dello scorso 30 settembre ed il corteo
tenuto a Roma al fianco della Palestina del 18 novembre sono state pesantemente
attaccate e criminalizzate con toni scandalistici, commenti al vetriolo e
strascichi giudiziari abbondantemente esagerati rispetto alla reale dimensione
di massa di queste mobilitazioni. Così come ogni fischio o vivace
dissenso verso Padoa Schioppa o Damiano sta diventando l’obbligato bersaglio
della squallida esecrazione ed obbligata scelta di distinzione di questi sinistri radicali mentre si annuncia una
nuova manomissione al sistema pensionistico, si prepara lo scippo del Tfr e si
impone la logica di impresa e di privatizzazione nel Pubblico Impiego. Senza
dimenticarci delle promesse elettorali di abrogazione della Legge 30, chiusura
dei CPT e del varo di nuove “politiche di cittadinanza”! Soggetti e protagonisti dei
movimenti. Anche in occasione di questo nuovo
tassello dei processi di militarizzazione dei territori e di allestimento di
nuovi preparativi bellici abbiamo ascoltato la voce di componenti religiose e
del pacifismo le quali si sono schierate, anche in maniera veemente, contro la
decisione del governo Prodi. A Vicenza numerosi esponenti religiosi sono
impegnati nella costruzione del movimento e nelle attività di mobilitazione. Lo
stesso Alex Zanotelli, in una intervista concessa al Manifesto il 20/1/07, ha usato parole di
fuoco contro il governo invitando ad azioni di disobbedienza civile e
politica. Ci aspettavamo quindi la presenza di
queste componenti già nel presidio sotto Montecitorio, rispetto al quale non
potevano neppure opporre, come in occasione del corteo 30 settembre 2006, la
pregiudiziale del settarismo politicista. Il presidio di Montecitorio, colto
anche dal Manifesto in sintonia con la mobilitazione larga di Vicenza (tant’è
che allo stesso vi ha preso parte una folta delegazione della stessa sopportando
molte ore di viaggio in pullman) non ha registrato presenze nemmeno simboliche
di queste tendenze. Ciò potrebbe essere dipeso dal caso
o da qualche difficoltà contingente. Certo, pesa anche la difficoltà di un
rilancio di un movimento generale che sappia dare maggiore forza ad opposizioni
vertenziali o locali. Non vorremmo però che ancora una volta queste componenti
percorrano la frequente traiettoria che le fa esordire con le buone intenzioni
verso il paradiso per farle approdare a logoranti e inutili trattative con le
controparti. Non vorremmo che ancora una volta qualcuno voglia riproporre la
demenziale pretesa di opporsi alla privatizzazione dell’acqua cercando di
portare al corteo anche Bassolino. Per essere più chiari, non alziamo
barriere pregiudiziali nel movimento e ci farebbe piacere, quindi, trovarci con
gli attivisti cattolici e pacifisti in questa lotta. Sarebbe però poco utile
tacere che, se dovesse palesarsi (come già si sta palesando) la possibilità di
un confronto netto ed alternativo con il governo Prodi la nostra critica a
questi compagni di viaggio, che
affettano di essere portatori di grandi novità nell’agire per il cambiamento,
che alla fin fine si riducono alla solita real politik con i suoi inviti a volere
“illuminare” gli organi istituzionali (tra cui l’ONU o l’Unione Europea) i
quali, a loro dire, potrebbero e dovrebbero tutelare gli interessi calpestati
delle popolazioni. Più o meno la stessa considerazione
la facciamo verso quell’arcipelago “antagonista”, variamente collocato in
quel che residua della stagione dei Centri Sociali Autogestiti. Tra questi
compagni è sempre stata viva la comprensione del rapporto esistente tra le politiche di
guerra permanente e la militarizzazione dei territori. Abbiamo, però, la
sensazione (..ed il Presidio sotto
Montecitorio sembra confermarlo ampiamente) che questi compagni operano una
sottovalutazione verso i nuovi ed urgenti compiti di mobilitazione immediata su
questo terreno di scontro. La stessa utile e giusta attenzione verso gli aspetti
locali delle lotte e l’impegno militante contro la precarietà del lavoro e della
vita se disgiunti da una costante mobilitazione contro le politiche di guerra ed
i loro effetti nel fronte interno può
diluirsi in una dimensione politica assorbibile o, al più, endemicizzabile da
parte delle istituzioni. Ritrovare, quindi, il senso di una
battaglia politica a tutto campo riattualizzando e riverificando, in una
dinamica di movimento, il grande tema dell’indipendenza e dell’autorganizzazione
dei conflitti può contribuire alla ricostruzione di un efficace movimento contro
la guerra. In questo contesto la partecipazione alla lotta di Vicenza è un
passaggio ineludibile per ritrovare e rilanciare– al di fuori delle chiacchiere strumentali e della
inconcludente ritualità – quelle novità teoriche abbozzate dal generale
ciclo di lotte degli ultimi anni. I tempi tecnici e politici della
questione/Vicenza non sono lunghissimi. L’amministrazione americana intende
iniziare i lavori di ampliamento della base dopo 60 giorni dall’autorizzazione
del governo italiano. Nel prossimo mese di marzo, inoltre, è previsto il voto in
Parlamento per la missione militare in Afghanistan. Si addensano, dunque, appuntamenti
di lotta e di mobilitazione a cui saremo chiamati a portare il nostro contributo
collettivo ed individuale: il 10
febbraio, a Bologna, si terrà il Convegno Nazionale contro le basi organizzato
dal Comitato per il Ritiro delle Truppe; il 17 febbraio la Manifestazione
Nazionale a Vicenza, alla metà di marzo il Corteo a Roma per il ritiro delle
truppe dall’Afghanistan. Non mancheranno, quindi, occasioni
in cui emergeranno gli snodi e gli ambiti politici e sociali su cui si fonda la
politica estera del governo Prodi, le crescenti aspirazioni imperialistiche e le
sue scelte concrete. Ed è in tali passaggi che si verificheranno le
dichiarazioni di intenti, le promesse di questi giorni e la collocazione di chi
è amico dei movimenti e non dei governi!! RED
LINK Informazioni: red_link at tiscali.it * Per avere notizie aggiornate sulle
mobilitazioni contro la nuova base USA a Vicenza consultate il sito:
www.altravicenza.it |
- Follow-Ups:
- INVERNO MOVIMENTATO
- From: "GRILLOnews" <ilgrillo.parlante at virgilio.it>
- sul prosieguo della lotta di Vicenza
- From: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
- INVERNO MOVIMENTATO
- Prev by Date: Re: [glt NV] Re: [pace] Fw: lettera di Antonello Repetto a Napolitano
- Next by Date: sul prosieguo della lotta di Vicenza
- Previous by thread: Re: R: [pace] roba da non crederci
- Next by thread: sul prosieguo della lotta di Vicenza
- Indice: