Palestina 2007: Genocidio a Gaza, pulizia etnica in Cisgiordania di Ilan Pappe, The Electronic Intifada, 11 gennaio 2007 (gr)
- Subject: Palestina 2007: Genocidio a Gaza, pulizia etnica in Cisgiordania di Ilan Pappe, The Electronic Intifada, 11 gennaio 2007 (gr)
- From: "ism italia" <info at ism-italia.it>
- Date: Wed, 17 Jan 2007 09:11:16 +0100
- Sender: "alfredo tradardi" <a.tradardi at flashnet.it>
Palestina 2007: Genocidio a Gaza,
pulizia etnica in Cisgiordania di Ilan Pappe, The Electronic Intifada, 11 gennaio
2007 http://electronicintifada.net/v2/article6374.shtml In un altro articolo
sempre su Electronic Intifada, non molto tempo fa (Genocide
in Gaza Ilan Pappe, The Electronic Intifada, 2 September 2006),
affermavo che Israele sta attuando una politica di genocidio nella striscia di
Gaza. Avevo esitato molto prima di utilizzare questa parola molto
pesante e tuttavia avevo deciso di adottarla. In effetti le reazioni
ricevute, incluse quelle di alcuni dei più importanti attivisti dei diritti
umani, indicavano un certo imbarazzo circa l’uso di tale parola.
Per un attimo sono stato tentato di rivedere il termine, ma torno a utilizzarlo
oggi, anche con maggior convinzione: è l’unico modo appropriato per
descrivere quello che l’esercito israeliano sta facendo nella striscia di
Gaza. Il 28 dicembre del 2006, l’organizzazione
israeliana per i diritti umani B’Tselem ha pubblicato il suo
rapporto annuale sulle atrocità commesse da Israele nei territori occupati.
L’esercito israeliano ha ucciso nell’ultimo anno 660 persone. Il
numero di palestinesi uccisi da Israele nell’ultimo anno è
tre volte quello dell’anno precedente (circa 200). Secondo
B’Tselem, gli israeliani hanno ucciso 141 bambini/ragazzi durante
l’ultimo anno. La maggior parte delle persone uccise vivevano nella
Striscia di Gaza, dove l’esercito israeliano ha demolito circa 300 case e
sterminato intere famiglie. Questo significa che dal 2000 l’esercito
israeliano ha ucciso almeno 4000 palestinesi, la metà dei quali
giovani; più di 20.000 sono stati feriti. B’Tselem è un’organizzazione prudente, e i
numeri potrebbero essere più alti. Ma il punto non è
l’intensificazione degli omicidi intenzionali, ma la linea di tendenza e
la strategia. All’inizio del 2007 i politici israeliani stanno
fronteggiando due realtà molto diverse in Cisgiordania e a Gaza. Nella prima
essi sono più vicini che mai al completamento della costruzione del loro
confine orientale. Il loro dibattito ideologico interno è finito e
il loro piano generale per l’annessione di metà della West Bank sta
per essere realizzato a velocità crescente. L’ultima fase è stata
ritardata a causa della promessa fatta da Israele, nella Road Map, di non
costruire nuovi insediamenti. Israele ha escogitato due vie per
aggirare questa presunta proibizione. Primo, ha definito un terzo
della West Bank “Grande Gerusalemme” e questo le permette di
costruire, dentro questa nuova area annessa, città e centri comunitari.
Secondo, amplia i vecchi insediamenti in modo da non avere bisogno
di costruirne dei nuovi. Questo trend ha ricevuto un nuovo impulso nel 2006
(centinaia di caravan sono stati installati per marcare il confine delle
espansioni, sono stati definiti i piani per le nuove città e i nuovi
quartieri e sono state completate le bypass roads dell’apartheid e
il sistema delle autostrade). In totale gli insediamenti, le basi militari, le
strade e il muro permetteranno a Israele di annettere almeno metà della
West Bank dal 2010. Entro questi territori vi è un numero considerevole di
palestinesi contro i quali le autorità israeliane continueranno a
mettere in atto lente e subdole politiche di pulizia etnica -
troppo banali per interessare i media occidentali e troppo vaghe perchè le
organizzazioni per i diritti umani possano farne oggetto di osservazione. Non
c’è nessuna fretta; per quanto riguarda gli israeliani essi hanno preso
il sopravvento: i meccanismi quotidiani di abusi e di deumanizzazione misti,
militari e burocratici, sono come sempre efficaci nel garantire la propria
quota al processo di espropriazione. Il pensiero strategico di Ariel Sharon secondo
cui questa politica è migliore rispetto agli ottusi sostenitori del
“transfer” (trasferimento)
e della pulizia etnica, come sostenuto da Avigdor Liberman, è accettato da
tutti nel governo, dal Labor a Kadima. I piccoli crimini del terrorismo di
stato sono anche efficaci nella misura in cui permettono ai sionisti liberali
in giro per il mondo di condannare debolmente Israele e allo stesso tempo
etichettare ogni vera critica delle politiche criminali di Israele come
anti-semitismo. D’altra parte, non c’è una chiara
strategia israeliana, come quella per la striscia di Gaza; ma ogni giorno
c’è un nuovo esperimento. Gaza, agli occhi degli Israeliani è proprio una
entità geopolitica diversa dalla West Bank. Hamas controlla Gaza, mentre
Abu Mazen sembra governare La strategia iniziale a Gaza fu la ghettizzazione dei
Palestinesi all’interno della striscia, ma questo non sta funzionando. La
comunità ghettizzata continua ad esprimere la sua volontà di vivere con il
lancio di razzi primitivi in Israele. Ghettizzare o mettere in quarantena
comunità indesiderabili, anche quando sono viste come sub-umane o pericolose,
non ha mai funzionato nella storia come soluzione. Gli Ebrei conoscono tutto
ciò molto bene dalla loro stessa storia. I passi successivi contro queste
comunità nel passato furono anche più orribili e barbari. E’ difficile
dire che cosa il futuro riserva alla popolazione di Gaza, ghettizzata, messa in
quarantena, indesiderata e demonizzata. Ci sarà il ripetersi di esempi storici
terribili o sarà ancora possibile un destino migliore? Creare una prigione e buttare a mare la chiave,
come ha affermato lo Special Reporter dell’ONU John
Dugard, è stata un’opzione alla quale i Palestinesi di Gaza hanno reagito
con forza a cominciare dal settembre 2005. Essi erano determinati a mostrare
senza il minimo dubbio che erano ancora parte della West Bank e della
Palestina. In quel mese lanciarono il primo significativo, in numero e non in
qualità, sbarramento di missili nel Negev Occidentale. Il bombardamento fu la
risposta alla campagna israeliana di arresti di massa di attivisti di Hamas e
della Jihad Islamica nell’area di Tulkarem. Gli israeliani risposero con
l’operazione ‘Prima Pioggia’. E’ importante soffermarsi
per un momento sulla natura di quella operazione. Era ispirata dalle misure
punitive inflitte per primi dai poteri coloniali, e poi dalle dittature, contro
i ribelli imprigionati o le comunità messe al bando. Una
manifestazione spaventosa del potere dell’oppressore di intimorire
precedeva tutti i tipi di punizione brutale e collettiva e finiva con un grande
numero di morti e feriti tra le vittime. In ‘Prima Pioggia’, aerei
supersonici furono fatti volare su Gaza per terrorizzare l’intera
popolazione, seguiti da pesanti bombardamenti di vaste aree dal mare, dal cielo
e dalla terra. La logica era, come l’esercito israeliano spiegò, quella
di creare una forte pressione così da indebolire il sostegno della
comunità di Gaza nei confronti dei gruppi che lanciano i razzi. Come
c’era da aspettarsi anche da parte israeliana, l’operazione fece
aumentare soltanto il sostegno al lancio di razzi e diede slancio ai loro nuovi
tentativi. E sembra che, immediatamente, la risposta fu: ‘molto bene’;
vale a dire nessuno si interessò al numero dei morti e dei feriti Palestinesi
lasciati sul terreno dopo la fine della operazione ‘Prima
Pioggia’. E da questo momento, da ‘Prima Pioggia’
fino al giugno 2006, tutte le successive operazioni furono organizzate nello
stesso modo. La differenza fu nella loro escalation: più potenza di fuoco, più
caduti e maggiori danni collaterali e, come c’era da aspettarsi, più
missili Qassam in risposta. Le ulteriori misure nel 2006 furono mezzi più
atroci per assicurare il completo imprigionamento della popolazione di Gaza,
attraverso il boicottaggio e il blocco con il quale l’Unione Europea sta
ancora collaborando in modo vergognoso. La cattura di Gilat Shalit nel giugno 2006 è stata
irrilevante rispetto allo schema generale delle cose, ma malgrado questo ha
dato una opportunità agli israeliani per aumentare ancor più
l’articolazione delle missioni tattiche e, come si asserisce punitive. Dopo tutto, non c’era ancora una strategia che
aveva fatto seguito alla decisione tattica di Ariel Sharon di spostare 8.000
coloni, la cui presenza complicava le missioni ‘punitive’ e il cui
allontanamento dalla striscia lo aveva quasi reso un candidato per il premio
Nobel per L’esercito israeliano ha il senso del tragico e
quindi c’è stata anche una escalation nel linguaggio. ‘Prima
pioggia’ è stato rimpiazzata da ‘Piogge d’estate’, un
nome generico che fu dato alle operazioni ‘punitive’ dal giugno
2006 (in un paese dove in estate non c’è pioggia, le sole precipitazioni
che si possono aspettare sono quelle delle bombe degli F-16 e dei colpi
di artiglieria che colpiscono la popolazione di Gaza). ‘Piogge d’estate’ portò una
ulteriore novità: l’invasione di terra in parti della striscia di Gaza.
Questo permise all’esercito di uccidere civili ancor più efficacemente e
di presentarlo come risultato di pesanti combattimenti all’interno di
aree densamente popolate, un inevitabile risultato delle circostanze e non
delle politiche israeliane. Alla fine dell’estate arrivò ‘Nebbie
d’autunno’ che fu anche più efficace: il primo novembre Da ‘Prima Pioggia’ a ‘Nubi
d’autunno’ si può osservare una escalation in ogni parametro.
Il primo è la sparizione di ogni distinzione fra obiettivi civili e non civili:
l’uccidere senza senso ha trasformato la popolazione nel suo
complesso nell’obiettivo principale delle operazioni
dell’esercito. Il secondo è una escalation nei mezzi: uso di ogni
tipo di strumento per uccidere da parte dell’esercito Israeliano. Terzo,
l’escalation è diventata significativa nel numero dei caduti: in ogni
operazione e per ciascuna operazione futura un maggior numero di persone
probabilmente possono essere uccise e ferite. Infine, ed è la cosa più
importante, le operazioni diventano una strategia - il modo in cui Israele
intende risolvere il problema della striscia di Gaza. Un transfer (trasferimento) strisciante nella West
Bank e una politica di genocidio controllato nella striscia di Gaza sono le due
strategie che Israele utilizza oggi. Da un punto di vista elettorale quella a
Gaza è problematica nella misura in cui non raggiunge nessun risultato
tangibile; la West Bank sotto Abu Mazen sta cedendo alla pressione israeliana e
non c’è lì una forza significativa capace di bloccare la strategia
israeliana di annessione e di espropriazione. Ma Gaza continua a rispondere al fuoco.
Da una parte questo potrebbe permettere all’esercito israeliano di
iniziare operazioni più massicce di genocidio in futuro. Dall’altra parte
vi è anche il pericolo grave, che come è accaduto nel 1948, l’esercito
chieda una azione 'punitiva' e collaterale più drastica e sistematica contro la
popolazione assediata della striscia di Gaza. Ironicamente, la macchina di assassinio israeliana si
è fermata ultimamente. Anche un numero relativamente alto di
missili Qassam, inclusi uno o due quasi mortali, non hanno spinto
l’esercito all’azione. Anche se il portavoce dell’esercito
dice che tutto questo è una limitazione voluta, non è mai accaduto in
passato e non è probabile che faranno così in futuro. L’esercito riposa,
come se i suoi generali fossero soddisfatti degli assassini fratricidi che
infuriano a Gaza e che fanno il lavoro al posto loro. Osservano con
soddisfazione il sorgere della guerra civile a Gaza, che Israele fomenta e
incoraggia. Dal punto di vista israeliano il problema non è come Gaza sara ridimensionata
demograficamente, se dal suo interno o per gli omicidi israeliani. La
responsabilità di porre fine agli scontri interni è ovviamente dei gruppi
Palestinesi stessi, ma l’interferenza americana e israeliana,
l’imprigionamento permanente, la fame e lo strangolamento di Gaza sono
tutti fattori che rendono questo processo di pace interno molto difficile. Ma
esso avverrà presto e ai primi prossimi segni che si torna alla calma,
l’operazione israeliana 'Piogge d’estate' cadrà di nuovo sul popolo
di Gaza, portando morte e devastazione. E non bisognerebbe mai stancarsi di
trarre le ineluttabili conclusioni politiche di questa realtà orribile
dell’anno che ci siamo lasciati dietro le spalle e di quella che ci
aspetta. Non vi è nessuna altra via per fermare Israele oltre il
boicottaggio il disinvestimento e le sanzioni. Noi tutti dovremmo sostenere il
boicottaggio con chiarezza, apertamente, senza condizioni, senza riguardo a
quello che i guru del nostro campo ci dicono sull’efficienza o la ragion
d’essere di queste azioni. L’ONU non interverrà a Gaza come ha
fatto in Africa; i premi Nobel per la pace non si schiereranno a favore del
boicottaggio come hanno fatto per le cause del Sud-Est asiatico. Il numero di
persone uccise non commuoverà come avviene per altre calamità, e non è una
storia nuova – è una storia pericolosamente vecchia e preoccupante. Il
solo punto debole di questa macchina di morte è che i suoi tubi per
l’ossigeno sono collegati alla civiltà e alla opinione pubblica “occidentale”.
E’ ancora possibile bucarli e rendere almeno più difficile per gli
israeliani di realizzare la loro futura strategia di eliminazione del popolo
palestinese con la pulizia etnica nella West Bank o con il genocidio nella
striscia di Gaza. Ilan Pappe è docente al Dipartimento di Scienze
Politiche dell’Università di Haifa e Presidente
dell’Istituto per gli studi sulla Palestina Emil Touma di Haifa. Tra i suoi saggi, The Making
of the Arab-Israeli Conflict (London and New York 1992), The Israel/Palestine
Question (London and New York 1999), La storia della Palestina moderna, Einaudi
2004, The Modern Middle East (London and New York 2005) e l’ultimo, The
Ethnic Cleansing of Palestine (2006). Traduzione a cura di ISM-Italia ISM-
Italia ISM-Italia è il
gruppo di supporto italiano dell’ISM. L’International
Solidarity Movement (ISM www.palsolidarity.org) è un movimento palestinese
impegnato a resistere all’occupazione israeliana usando i metodi e i principi
dell’azione-diretta non violenta. Fondato da un piccolo gruppo di
attivisti nel 2001, ISM ha l’obiettivo di sostenere e rafforzare la
resistenza popolare assicurando al popolo palestinese la protezione
internazionale e una voce con la quale resistere in modo nonviolento alla
schiacciante forza militare israeliana di occupazione. TUTELA DELLA
PRIVACY Ai sensi della Legge 675/1996, La informiamo che il Suo
indirizzo è stato reperito attraverso e-mail da noi ricevuta o da fonti di pubblico
dominio. Siamo co |
Attachment:
Palestina 2007 Genocidio a Gaza Pulizia Etnica in West Bank di Ilan Pappe The Electronic Intifada 11 gen 2007.rtf
Description: MS-Word document
- Prev by Date: Re: [pace] Resistere. Considerazioni sulla vicenda dal Molin
- Next by Date: R: [pace] Resistere. Considerazioni sulla vicenda dal Molin
- Previous by thread: R: [pace] Resistere. Considerazioni sulla vicenda dal Molin
- Next by thread: Fwd:Comunicato del mc/PCL Veneto sul Dal Molin
- Indice: