news dal Medioriente..
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- From: "Conques" <conques at alice.it>
- Date: Thu, 14 Dec 2006 00:57:00 +0100
UN ALTRO MEDIORIENTE E' POSSIBILE Creare una Comunità Economica
Mediorientale tra Israele e i suoi cinque paesi confinanti: Egitto, Giordania,
Palestina, Siria e Libano. La road map e la ricetta dei "due popoli-due stati"
sono inattuabili: a lungo termine si dovrà costruire un unico stato confederale
con due cantoni palestinesi a maggioranza araba nell'attuale Israele e due
cantoni ebraici in West Bank attorno ai due maggiori insediamenti israeliani. E
Gerusalemme capitale condivisa. Questa è la sola soluzione del conflitto
mediorientale che a lungo termine garantisca pace e stabilità nella regione. A
sostenerlo è Johan Galtung, fondatore dell’Istituto Internazionale di Ricerche
sulla Pace (PRIO) di Oslo, esperto in risoluzione dei conflitti e mediatore per
le Nazioni Unite nelle zone calde del pianeta. In una serie di conferenze e
dibattiti a Tel Aviv e a Ramallah, Galtung ha recentemente esposto ai diretti
interessati questa sua originale proposta per la soluzione del conflitto.
All'innalzamento di barriere, oppone l'abbattimento della sovranità degli stati
e la creazione di spazi comuni di tipo autonomo e federale, a sovranità
condivisa. Cerchiamo di capire in profondità di cosa si
tratta. La proposta di Galtung si basa per
prima cosa su un'attenta analisi dell'attuale situazione in Medioriente,
dominata dalle tre C: crisi (la guerra), complessità (il retroterra politico e
religioso) e consenso (che entrambe le leadership devono ricercare). Sul
versante israeliano come su quello palestinese, si possono identificare inoltre
tre correnti culturali che cercano di ottenere l'egemonia sulle altre. In
Israele: 1) Il "sionismo forte", che, nella
versione teorizzata da Jabotinsky, vuole una Israele allargata e religiosa e
sostiene nei paesi arabi confinanti (e persino nell'ANP di Abu Mazen) dei regimi
fantoccio, permeabili al controllo israeliano. 2) Il "sionismo debole", che
sostiene l'idea di Sion come casa di tutti gli ebrei. Non uno Stato etnico,
bensì il riconoscimento paritario di tutte le varie popolazioni.
3) Il "sistema statale", che si
basa su uno stato democratico privo di connotazioni etniche o religiose.
Sul versante palestinese, le
principali correnti sono: 1) Il "fondamentalismo coranico",
che vuole la creazione di un califfato islamico su tutto il territorio dal fiume
giordano al mare. 2) Il "modello Ottomano", che
prevede la convivenza delle varie popolazioni fianco a
fianco. 3) Il "sistema statale", analogo
alla sua versione israeliana. Il confronto tra queste diverse
opzioni culturali si articola in nove possibili combinazioni, che hanno segnato
gli ultimi sessant'anni di storia mediorientale. Ne possiamo citare alcune. Il
sionismo forte e il fondamentalismo islamico si alimentano a vicenda in una
spirale di guerra permanente. Il sionismo debole, se confrontato col
fondamentalismo coranico, evolverà in uno stato a maggioranza ebraica, in cui i
palestinesi sono cittadini di seconda classe. Quando si trovano a dialogare le
due anime del "sistema statale", si dà allora la possibilità della soluzione dei
due stati, attualmente rappresentata nella road map. Questa prospettiva si basa
su varie risoluzioni dell'Onu e sulla proposta di pace della Lega Araba.
Tuttavia, da parte israeliana, questa proposta non riscontra alcun consenso. Lo
sproporzionato rapporto di forza tra lo stato israeliano e la resistenza
palestinese rende inappetibile questa soluzione alla leadership sionista
israeliana, che sul campo perderebbe il proprio vantaggio. Un passo essenziale
che Israele deve compiere a lungo termine, se vuole stabilizzare e pacificare la
regione, è l'evoluzione verso uno stato plurietnico, ovvero riconoscere eguali
diritti alle proprie minoranze. Altrimenti, non è chiaro fino a quando la
minoranza di arabi-israeliani potrà continuare a subire la discriminazione,
prima di esplodere come e peggio che nei tumulti del 2000, contemporanei allo
scoppio della Intifada di Al Aqsa. Recentemente, si sta assistendo ad una nuova
e forte presa di coscienza della comunità palestinese in Israele, che chiede a
gran voce il riconoscimento dei diritti. Tuttavia, questo processo richiederà
molto tempo. Al mondo ci sono soltanto quattro esempi di paesi plurietnici, in
cui tutte le minoranze godono di pari diritti: India, Malesia, Belgio e
Svizzera; ed è noto in questi casi quanto ci sia voluto per raggiungere il
traguardo. A breve termine, dunque, ci si dovrà accontentare di uno stato
ebraico di tipo etnico: il suo problema sarà dunque avere dei confini sicuri. Ma
la sicurezza può venire soltanto dalla pace. Alla luce di questa analisi, entra
in gioco la proposta di Galtung di una Comunità Economica Mediorientale, mutuata
per analogia dalla geniale intuizione di Schumann della Comunità Europea del
Carbone e dell'Acciaio del 1951. Galtung ama ripetere agli israeliani "Studiate
la storia della giovane Comunità Europea, potreste leggere il futuro dello stato
d'Israele." Nell'Europa del secondo dopoguerra, infatti, il modo efficace per
fermare le mire espansionistiche tedesche e assicurare pace al continente fu
quello di creare una confederazione di stati e inglobare La soluzione delle tensioni in
Medioriente, dunque, potrebbe essere la creazione di una entità sopranazionale
di tipo orizzontale tra i sei stati confinanti. Il primo passo è la creazione di
uno Stato federale israelo-palestinese. La soluzione "due popoli-due stati",
come abbiamo già visto, sembra irrealizzabile. Intanto poiché l'idea di
Stato-Nazione moderno è ormai obsoleta e in progressiva estinzione. In secondo
luogo, perché la realtà sul campo rende impossibile tale scenario: una grande
minoranza palestinese in Israele e circa mezzo milione di coloni israeliani
insediati oltre Questa la proposta di Johan
Galtung, che racconta di essere stato l'artefice di un recente successo
importantissimo, anche se passato sotto silenzio, la mediazione tra il governo
danese e la comunità islamica sulla questione delle vignette di Maometto nel
Febbraio scorso. In quel caso, il successo della mediazione si è basato su tre
punti. Il riconoscimento del proprio errore da parte del governo danese, "Molto
diverso dal chiedere scusa," afferma Galtung, "perché chiedendo scusa si
giustifica la rabbia dell'altro." In secondo luogo, le due parti sono entrate
nei dettagli di cosa rappresentasse un riconoscimento adeguato dell'errore,
dando il via al negoziato e alla riconciliazione. In terzo luogo, discutendo le
prospettive per la soluzione dei problemi della minoranza musulmana in Danimarca
si completa il processo di riconciliazione. Galtung suggerisce di utilizzare lo
stesso schema risolutivo nel caso del conflitto israelo-palestinese. Come primo
passo, Israele deve riconoscere ufficialmente Galtung lascia il Medioriente con
un pensiero di speranza: citando Desmond Tutu, "se è riuscito il miracolo di
risolvere l'apartheid in Sudafrica, allora anche il conflitto mediorientale può
essere risolto. A volte i miracoli accadono." L'idea giusta può indicare la via
e creare una speranza che si autoalimenta. In fondo questo è il mestiere in cui
si riconosce Johan Galtung: "I create some scenario and hang it on the wall,
hoping that it is so attractive that it just says: Do me!." (Io creo qualche scenario e lo appendo al
muro, sperando che sia così attraente da dire: usami!
ndr) Gerusalemme,
13.12.06 |
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