Guerra preventiva: segnali di inversione di tendenza



Comunicato stampa 

5/12/2006

Guerra preventiva: segnali di inversione di tendenza

Aggiornamento: hanno aderito alla Campagna "La mia spesa per la Pace"
3569 persone di  732 Comuni e 138 gruppi di sostegno locale.
 

CHI COMPRA VOTA
Votate ogni volta che fate la spesa,
ogni volta che schiacciate il telecomando,
ogni volta che andate in banca
sono voti che date al sistema.

(Alex Zanotelli, missionario)

La Campagna "La mia spesa per la Pace" saluta con soddisfazione il completamento del ritiro delle truppe italiane in Iraq, avvenuto sabato 2 dicembre.

Si tratta però di una triste soddisfazione: avremmo voluto che a quella guerra, conformemente all'orientamento della maggioranza della popolazione italiana, il nostro paese non partecipasse affatto. Anzi avremmo voluto evitare del tutto una guerra basata sulla menzogna e su un concetto assai pericoloso: l'idea di "guerra preventiva"; infatti, se si vuole dire il vero, dire "guerra preventiva" significa dire "guerra di attacco", ossia guerra fatta e finita, condotta per perseguire i propri interessi, gli interessi dei più forti militarmente.

Per fortuna, anche con le recenti elezioni negli Stati Uniti d'America, paese il cui governo più degli altri ha recentemente sostenuto tesi bellicistiche, si è profilato un apprezzabile cambio di rotta, confermato dalle dimissioni prima di Donald Rumsfeld (segretario della Difesa) e poi di John Bolton (rappresentante permanente degli Usa alle Nazioni Unite).

Ma non basta.

Da una parte occorre ribadire con forza il ripudio della guerra per la risoluzione dei conflitti internazionali, come espresso dalla nostra Costituzione e, a livello internazionale,  nel documento finale del summit ONU del settembre 2005 (disponibile sul sito http://www.un.org/summit2005/), sul tema dell’uso della forza, e in particolare sulla questione della legalità della guerra preventiva nel quale si afferma:

  1. il divieto dell'uso della forza non autorizzato dall'Onu;

  2. che la prevenzione e la rimozione delle minacce alla pace deve essere perseguita con mezzi pacifici;

  3. che è necessario procedere in modo multilaterale.

Dall'altra va riconosciuto il disastro provocato in Iraq dall'intervento armato. La campagna "La mia spesa per la Pace" aderisce quindi all'appello per un impegno italiano per una giusta soluzione del conflitto lanciato dal movimento pacifista (si veda sotto).

Rimarchiamo però che il problema non è solo il fallimento sul piano militare: la guerra in Iraq era e rimane condannabile soprattutto perchè "illegale" e "immorale". 

L'idea di guerra preventiva deve essere rigettata: alla società civile il compito di mantenere alta l'attenzione su questo tema per fare in modo che dai primi timidi segnali si passi ad una decisione convinta e condivisa. 

Diventa il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo
(Mohandas Karamchand Gandhi)
 

Vedi gli altri comunicati della Campagna ...

Campagna "La mia spesa per la Pace"

info at lamiaspesaperlapace.it
www.lamiaspesaperlapace.it
Tel. e fax 029024617

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2 dicembre 2006 - Appello per l'Iraq

Oggi gli ultimi soldati italiani lasceranno l’Iraq. Un fatto positivo, importante. Una bruttisima pagina della storia italiana è stata voltata.

E' un successo dell'impegno di tante donne, uomini, giovani, movimenti, associazioni, enti locali, che si sono battuti contro una guerra che non si doveva fare.

A questo importante passo deve però seguire subito una forte iniziativa politica del nostro paese per non abbandonare l'Iraq e gli iracheni agli orrori di una guerra senza fine.

L’Iraq che i soldati italiani lasciano non è un paese in pace, ma un inferno. E’ un paese ancora occupato da 130.000 soldati stranieri e dilaniato da una guerra civile che la guerra e l’occupazione militare hanno innescato. Ogni giorno decine di iracheni e di irachene, rei solo di essere nati nel paese del petrolio, restano uccisi dalla violenza settaria. Quattro milioni di cittadini e cittadine irachene hanno abbandonato il paese, la situazione umanitaria è gravissima, la disoccupazione sterminata, i diritti umani violati quotidianamente.

La vita di ognuno è appesa ad un filo, la speranza nel futuro ai minimi termini.

La vita di questi uomini e di queste donne ci riguarda direttamente anche per le responsabilità che il passato governo si è assunto avallando una guerra basata sulla menzogna.

Occorre che l’Italia si assuma le responsabilità che le competono nei loro confronti, come paese, come membro dell?Unione Europea e come prossimo membro del Consiglio di Sicurezza dell?Onu.

Non bastano gli aiuti umanitari, in Iraq occorre una soluzione politica che metta fine alla violenza e che non può essere affidata alla, quantomeno disastrosa, politica statunitense. Non è facile perché sono in molti a soffiare sul fuoco e perché troppi interessi vengono anteposti a quelli degli uomini e delle donne irachene. Ma è necessaria.
Noi chiediamo che l?Italia, forte della scelta di dissociazione da questa guerra, assuma una iniziativa diplomatica di alto profilo per la ricerca di questa soluzione ed offra la propria mediazione ed il proprio territorio come luogo neutrale per l?avvio di colloqui di pace
interiracheni, autonomi dalle forze occupanti, che vedano la presenza di tutte le parti in conflitto e della società civile irachena.

Fabio Alberti - presidente di Un ponte per...
Grazia Bellini - portavoce Tavola della Pace
Paolo Beni - presidente ARCI
Gianfranco Benzi - dipartimento internazionale CGIL
Luigi Ciotti - presidente Gruppo Abele
Lisa Clark - Beati i costruttori di pace
Fabio Corazzina - coordinatore nazionale Pax Christi
Tonio Dell'Olio - responsabile internazionale di Libera
Flavio Lotti - portavoce Tavola della Pace
Piero Maestri - GUerre&pace
Gianni Rinaldini - segretario nazionale FIOM
Riccardo Troisi - Rete di Lilliput
Alex Zanotelli - Rete di Lilliput