Perché i laboratori della "guerra umanitaria" sono preoccupati della controinformazione sul Darfur?



www.contropiano.org

Alcune settimane fa, avevamo scoperto che un importante sito specializzato vicino al complesso militare-industriale italiano e alla NATO (www.paginedidifesa.it) , con un articolo di Franco Londei che riproduciamo nel nostro dossier, si stava preoccupando delle denunce e della documentazione che Contropiano da tempo sta producendo sulla preparazione di una nuova “guerra umanitaria” nel Darfur, regione occidentale del Sudan (con le esatte e medesime caratteristiche, fonti, soggetti, ragionamenti di quella in Kossovo). Avevamo annunciato che stavamo preparando un altro dossier ancora più corposo e significativo sul Darfur e sulla preparazione di una nuova “guerra umanitaria” in questa importante regione africana.

In un successivo articolo su un altro sito (http://inpolitica.net), Franco Londei tornava a contestare il nostro impianto di analisi sulla situazione in Darfur dichiarandosi amareggiato di come un sito “pacifista” (Contropiano non è un sito pacifista ma è contro la guerra, la differenza, come ha detto Gino Strada a luglio, è ormai discriminante, NdR) potesse opporsi all’intervento dell’ONU per risolvere una emergenza umanitaria come quella in Darfur. Il ricorso a luoghi comuni e ai ricatti morali (“è facile parlare e dire di no quando si sta comodi nelle proprie case” etc. etc…), cerca di confondere le carte con il buonismo. In discussione infatti non è l’emergenza umanitaria per i profughi del Darfur (dovuta però non solo alla guerra ma anche a fenomeni climatici di cui non si parla mai) ma la manipolazione di questa emergenza umanitaria ai fini di un intervento politico-militare da parte degli Stati Uniti e della NATO in questa area del mondo. Non dovrebbero essere sfuggiti alcuni particolari come la preoccupazione di Washington per il recente vertice tra Cina e paesi africani (a cavallo tra ottobre e novembre) e per la penetrazione della Cina in una regione come quella africana che Stati Uniti e Francia ritengono loro esclusiva riserva di caccia. Il Sudan, in questo scenario, è paradigmatico. Le preoccupazioni umanitarie di Washington e di Parigi le abbiamo già viste all’opera in Jugoslavia, in Iraq, in Afghanistan, in Costa d’Avorio. Si chiamano colonialismo, tant’è che i sostenitori dell’intervento umanitario in Darfur contestano anche la capacità dell’Unione Africana di poter gestire la crisi…in fondo sono…africani, quindi dobbiamo mandare i soldati e gli esperti umanitari delle potenze occidentali a risolvere la crisi.

Non deve sorprendere che l’intervento militare colonial-umanitario si faccia spianare la strada da denunce e documenti di organizzazioni internazionali. Ma queste organizzazioni sono legate a doppio filo con l’establishment statunitense (dall’International Crisis Group di Gorge Soros ed Emma Bonino a Human Rights Watch). Li abbiamo già visti all’opera con falsità, manipolazioni e denunce in Kosovo (smentite poi dalla realtà come le fosse comuni) per preparare l’opinione pubblica a legittimare i bombardamenti e gli interventi militari sul campo. Ce li siamo studiati da vicino, abbiamo radiografato il loro modus operandi, il tono e la costruzione delle notizie e delle denunce. Quelle sul Darfur sono praticamente la fotocopia di quelle che avevamo già visto e sentito sulla Jugoslavia. Diciamo solo che di costoro non ci fidiamo perché non sono degni di fiducia. Si schierano con i più deboli ma lavorano per i più forti.

E’ bene dunque che le forze democratiche e contro la guerra, sappiano che cosa si sta preparando per il Darfur e non si facciano cogliere impreparate. Noi cerchiamo di fornire documentazione e chiavi di lettura che consentano di non cadere nella trappola di quello che Giulietto Chiesa ha definito giustamente lo “tsunami mediatico” al quale è difficile resistere se non si è ben saldi nelle proprie analisi. A questo scopo, da lunedi 6 novembre sul nostro sito (www.contropiano.org ) mettiamo a disposizione il nostro dossier. Qui di seguito il sommario dei documenti e dei contributi ospitati nel dossier.

La redazione di Contropiano

Darfur.

Come i laboratori della guerra umanitaria stanno preparando l’'intervento militare contro il Sudan
Un dossier di Contropiano

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Sommario:


Premessa della redazione di Contropiano

1. I laboratori della guerra umanitaria tornano all’opera
2. Cronologia degli avvenimenti nel 2006

3. La vera posta in gioco in Sudan e Darfur. Dieci interventi che smascherano l’ambiguità della guerra “umanitaria” e chiariscono gli obiettivi degli Stati Uniti

- Perché il Sudan rifiuta le truppe dell’ONU (di Sara Flounders)

- Il ruolo degli Stati Uniti nel Darfur (di Sara Flounders)

- Dopo l’Iraq, il Sudan? (di Luca Galassi)

- Fuori dall’Iraq, ora nel Darfur (di Gery Leupp)

- Sudan. Verso una nuova guerra contro un paese arabo? (di Mohamed Hassan)

- Le potenze occidentali orchestrano la disintegrazione del Sudan (di Uwe Frieseke)

- Come la propaganda umanitaria prepara una nuova “guerra umanitaria” (di Claudio Moffa)

- E’ umanitario l’interventismo umanitario? La cortina di fumo nel Darfur (di Carl G. Estabrook)

- Gli affari dei trafficanti di armi israeliani (anche in Sudan) (di Luca Airoldi)

- Non si aiuta il Darfur con le minacce al governo sudanese (di Adrian Hamilton)



4. Stati Uniti e NATO puntano a intervenire militarmente contro il Sudan

- Per Bush necessario un maggiore impegno della Nato nel Darfur (di M. Brugnara)

- La Nato scalda i motori per la " guerra umanitaria " in Darfur (agenzia ANSA)

- Sudan, la Nato pronta a intervenire nel Darfur se l’Onu chiama (agenzia ANSA)

- Nato - Afghanistan e Darfur. L'Alleanza pensa globale (Quadrante Europa)



5. Come i laboratori della guerra umanitaria e i neocons italiani preparano il terreno all’intervento militare

- Emma Bonino "Darfur: Il peggio deve venire" (Emma Bonino)

- La mancata protezione del Darfur (International Crisis Group)

- La crisi del Darfur arriva alla Camera (la posizione dei DS)

- La marcia dell'Iran sul Darfur (Massimo Introvigne)

- Una tragedia inevitabile? (di Carlo Calia)



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