4 risate fra ironia e isteria



4 risate fra ironia e isteria

Comincio con un articolo riguardante Clemente Mastella. 
Su “il manifesto” del 25/8/6, il guardasigilli racconta un aneddoto relativo alla propria nomina come Ministro della giustizia. “Telefonai ad Andreotti perché ero deluso: mi aspettavo un altro ministero. E gli dissi: Giulio, mi hanno offerto quello alla Giustizia. E lui rispose: Clemente, tu hai un compito storico. Quale compito storico? – gli chiesi. Saldare il mondo dei magistrati e quello della politica, mi rispose. Ma non mi sono mai interessato di giustizia, feci io, e Giulio concluse: che c’entra Clemente. Pensa se ti davano l’industria. Mica t’intendevi di bulloni”.   

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Raggiungo l’altro estremo della coalizione di centrosinistra, riportando alcune frasi di un’intervista fatta al capogruppo al senato di Rifondazione Comunista, Giovanni Russo Spena (presente anche a dibattiti e manifestazioni del Movimento, fino a un po’ di tempo fa). 
Su “il manifesto” del 24/8/6 il Senatore afferma: ” Sono contrario culturalmente ai modelli. Per me non esiste un modello Zapatero…E comunque, se dovesse esistere, non è sui diritti sociali…A questa politica di diritti civili molto avanzati di tipo liberal statunitense non corrisponde però una politica altrettanto forte sui temi del lavoro e dei diritti sociali. Sulla precarietà, sul sindacato e sull’immigrazione, il suo non è il modello più avanzato che esiste in Europa”. E qual è? – domanda la giornalista. “Il più avanzato è proprio quello di Prodi. L’esperienza italiana che mette insieme la sinistra radicale e quella moderata, è un’esperienza pilota per tutta l’Europa”.  

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Su “il manifesto” del 8/9/6 si ragiona in merito alle truppe speciali e a un’ipotetica riduzione della presenza militare italiana in Afghanistan. Chiude l’articolo la posizione espressa dalla presidente della commissione difesa della Camera, Roberta Pinotti (Ds), “è tornata ad avvertire che ogni ritiro dall’Afghanistan sarebbe ‘inopportuno’ per ‘il rispetto dovuto al popolo afghano’”.   

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Infine, il Capo dello Stato - Giorgio Napolitano - ha più volte affermato che l’Italia va in Libano secondo la lettera e nello spirito dell’articolo 11 della Costituzione. 
Tali affermazioni, fra gli altri obiettivi, a mio avviso hanno lo scopo di fornire una copertura politica alle altre “missioni di pace” e quindi alle alte cariche istituzionali, a partire da quanto avvenuto durante il settennato dell’ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
C’è da riflettere un attimo.
Le votazioni di novembre per il rinnovo del Congresso costringono Bush a fare - diciamo così - un mea culpa per Guantanamo, le torture e le prigioni illegali nel mondo. 
Blair – da parte sua - ha preso atto della propria incapacità di arrivare alla fine del suo mandato. 
Qui in Italia, il Parlamento si riunisce a posteriori per discutere l’invio del proprio esercito e la guida dello schieramento in Libano. Si profila un voto unanime.
Ma se si va nello spirito e secondo la lettera della Costituzione le ipotesi sono tre. 1) I Padri della Carta costituzionale erano dei guerrafondai e allora ogni guerra, anche se si fa a migliaia di chilometri di distanza, è una guerra che ci interessa e alla quale si può partecipare. L’interpretazione attuale è corretta. 2) I Padri della Costituzione erano degli incapaci o non avevano le idee chiare, cioè – volutamente oppure no - non hanno ben spiegato la loro volontà in merito alla possibilità di partecipare alle guerre; un tema fondamentale per un Paese come l’Italia, appena uscito dalla seconda guerra mondiale. Quindi, l’interpretazione attuale è libera. 3) I Padri della Costituzione erano contro ogni tipo di guerra e hanno scritto l’art. 11 della Costituzione italiana intendendone effettivamente il ripudio. E allora il Parlamento e le alte cariche istituzionali hanno operato e - ancora in questi giorni - operano fuori dal dettato costituzionale. L’interpretazione attuale è errata.  
Si suppone che prima o poi ci sarà qualcuno che porrà la questione…
Di certo, se ne occuperà la storia con il suo giudizio.

14/9/6 – Leopoldo BRUNO 



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