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sul fare e il disfare
- Subject: sul fare e il disfare
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it>
- Date: Mon, 4 Sep 2006 09:24:18 +0200
Sul fare e sul disfare concretamente Frascati, 2 settembre 2006 da Alfonso Navarra ai pacifisti con i piedi per terra Dopo i dubbi seminati sui luoghi comuni della "vittoria" o "sconfitta" israeliana tento ora di fare ragionare il mio prossimo sul concetto pratico, costruttivo, di concretezza. In questi giorni in cui mi viene proposto da alcuni (li chiamiamo governisti?) di marciare a sostegno dei "soldati arcobaleno", da altri (gli antimperialisti?) di manifestare in solidarieta' con le milizie Hezbollah e affini, io rispondo: e se provassimo ad uscire dalla guerra (i vari fronti sono oggi un'unica guerra) e a disarmare? Dobbiamo per forza intrupparci, per essere "concreti", dietro questa o quella "difesa" armata, dietro questo o quell' inrtervento militare "umanitario"? I marciaoli, governisti o meno, credono di "fare", si presentano come quelli che intervengono attivamente sui conflitti in atto; a me sembra invece che stiano disfacendo: compromettono in primo luogo la possibilita' di sviluppo e diffusione della cultura di pace. E' come l'intervento violento: appare, a prima vista, di impatto ed efficace, ma, passato il botto, si capisce subito che non risolve alcun problema, anzi lo aggrava. Sparare razzi sui civili israeliani da parte degli Hezb puo' sembrare una difesa attiva molto concreta. Io credo invece rappresenti, oltre che un atto infame, una manifestazione di imbecilllita' assoluta. Come chi ha avuto occhi per vedere ha gia' visto. E come vedremo tra breve meglio, passata l'ubriacatura emotiva di questi giorni. Mi spiace, ma su questo ho ben pochi dubbi. Oggi sono costretto a subire interventi come quello di chi scrive: "Io credo che NON spetti al "movimento per la pace" o ai/alle nonviolenti/e dire se e' giusto o no mandare degli eserciti a fare la pace". Ma no! Non siamo nati proprio per impedire che gli eserciti se ne vadano in giro a fare le paci a loro modo? A creare i tacitiani deserti? Disertare dalle guerre e disarmare e' fare. E' avere obiettivi concrete che richiedono azioni ben piu' concrete delle sfilate una-due-tre tantum: azioni dirette, obiezioni di coscienza, disobbedienza civile, non collaborazione attiva come strategia... Applaudire gli eserciti "pacifisti" e', invece, come regola, avallare imprese nella migliore delle ipotesi avventuristiche; ed e' disfare la cultura di pace. L'abbaglio dell'intervento ONU come alba di un nuovo diritto internazionale lo prese Ernesto Balducci nel 1991, quando Bush padre, con i timbri delle Nazioni Unite, scateno' la guerra del Golfo; ma Balducci poi, che era un gran testa, si penti' subito. Oggi i folgorati sulla via di Ginevra e New York sono diventati falange. Con molte meno basi argomentative di quelle di cui disponeva Balducci a suo tempo. Daniel Amit (Universita' di Roma La Sapienza) ha scritto oggi sul Manifesto un illuminante articolo dal titolo "Se l'Europa fa da foglia di fico all'aggressione israeliana". Vi invito a leggerlo per intero. Ne estraggo solo qualche brano: "Il ruolo dell'ONU in questo conflitto e' quantomeno ambiguo. Se l'ONU fosse intervenuta tempestivamente dopo l'inizio dell'attacco, puntando sull'offensore (Israele) e sui complici (Stati Uniti e Gran Bretagna) e imponendo un cessate-il-fuoco e un ritiro immediati, con pagamento di danni, e minacciando sanzioni in caso di omissione, si sarebbe guadagnata un minimo di fiducia. Invece l'attacco e' stato fatto proseguire per 33 giorni, con flusso continuo di materiale bellico dagli Stati Uniti, con la Rice che definiva gli obiettivi e Balir che li giustificava. Inoltre, le esternazioni del segretario generale Kofi Annan, in visita in questi giorni nella regione, dimostrano apertamente che il ruolo concepito dalla massima autorita' dell'ONU non e' ristabilire un ordine internazionale dcente. Annan non critica nessuno: richiede la liberazione dei due militari prigionieri israeliani, obiettivo mancato della guerra, ma non menziona i detenuti libanesi nelle prigioni israeliani (e ce ne sono parecchi), ne' la gravita' della violazione (che persiste) dell'integrita' territoriale del Libano; ne' il fatto che durante le ultime settimane sono stati uccisi piu' di 200 palestinesi nella striscia di Gaza; ne' del fatto che una gran parte del sistema governativo palestinese, democraticamente eletto, e' stato rapito da Israele (formalmente parlando). Sembra sempre piu' logico attribuire all'ONU e al suo segretario generale il ruolo di "interprete" per coloro che sono militarmente piu' forti. E l?Europa, che si vanta di aver trovato il suo ruolo di autonomia in politica estera, purtroppo si presta al ruolo fi foglia di fico in questo schema. Il problema e' che questo sviluppo non rappresenta solo la mancata realizzazione di un ideale di rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani (il che non sarebbe poco), ma che soprattutto costituisce una ricetta di instabilita' foriera di una prossima deflagrazione che in Israele e' considerata ineluttabile". L'articolo conferma di un'ovvia considerazione: un pacifista non e' colui che, per principio, appoggia ogni guerra ed ogni intervento militare ONU. (Comunque auguri a chi si sta imbarcando nell'appoggio a Unifil 2. Per "concretezza"). Ai pacifisti suicidi ed unilateralisti, come me, proporrei invece di "ricominciare da tre". Sarebbe il caso di mettere insieme, A PARTIRE DA UNA ASSEMBLEA DI BASE, IN CUI TUTTI ABBIANO LA POSSIBILITA' DI PARLARE, in modo fattivo, e non reattivo, il "vero" movimento nonviolento e per la pace, evitando che sia sfiancato in discussioni fini a se' stesse e che sia, in questo modo, paralizzato dalle "quinte colonne" di quella che Giulio Marcon di "Sbilanciamoci!" ha definito la "dittatura dei partiti". L'unità popolare che persegue la nonviolenza e'- ritengo - innanzitutto una unita' di base che deve spesso affermarsi contro i falsi unanimismi della politica di vertice. (Non a caso il massimo di unita' manipolata che si riscontra storicamente e' quella delle masse che salutano festanti i soldati in partenza per la guerra). Mi sta quindi bene un appuntamento di discussione, ma eviterei, nel proporlo, di cancellare tutto quanto di buono abbiamo costruito CONCRETAMENTE in questi mesi (e questi anni). Ripartirei "da tre", da alcuni punti fermi, espressione del lavoro di chi, in quanto pacifista e nonviolento di base, e' strutturalmente fuori dalla spirale guerra-terrorismo in cui vogliono ricacciarci. I punti fermi e CONCRETI del movimento pacifista autonomo e conseguente sono, secondo me, questi: - la campagna per il disarmo atomico che ha gia' una sua buona sponda istituzionale nella "mozione Martone" - la richiesta di una commissione di inchiesta sui crimini di guerra in Libano e la rescissione della cooperazione militare con Israele - l'intervento nonviolento in Libano e in Palestina prefigurante, con modestia e serieta', i Corpi civili di pace - l'"exit strategy" dall'Afghanistan da sancire entro il dicembre 2006 (ed il ritiro dell'ENI dall'Iraq) - il rilancio dell'obiezione di coscienza alle spese militari "per la Difesa popolare nonviolenta" - l'istituzione del Ministero per la Pace collegata alla definizione di un percorso del servizio civile finalizzato alla difesa popolare nonviolenta. Di qui a novembre fisserei due scadenze determinanti di mobilitazione: 1- il vertice Nato di Riga, per proporre la denuclearizzazione materiale e strategica dell'Europa; 2- le elezioni di medio termine negli USA: dobbiamo studiare e praticare forme di sostegno ai pacifisti americani che sono - essi si' - una grande speranza per "fermare la guerra" di Bush. Ovviamente va tenuto in massimo conto l'appuntamento della Legge Finanziaria, che attuera' tagli per 30 miliardi di euro. Saremo in grado di proporre un discorso qualitativo e credibile sulla riduzione delle spese militari? Un dicorso collegato ad obiettivi di pace per la politica estera e di difesa? Parlerei di questi punti e della linea di azione che sottendono alla riunione dei nonviolenti che terremo l'8 settembre a Pisa, a ridosso dell'iniziativa del Centro Gandhi per il centenario del Satyagraha gandhiano. Buona pace a tutte e a tutti Alfonso Navarra
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