Dichiarazione – appello Contro la
missione militare in libano .
Non
condividiamo la natura e le finalità della missione militare multinazionale in
Libano.
Il gigantesco dispositivo
militare e di guerra previsto dalla spedizione non è missionario di pace. E’
piuttosto funzionale ad ottenere il disarmo della resistenza nazionale libanese
– che la guerra israeliana non è riuscita a conseguire – entro un disegno di
normalizzazione interna del Libano. Il fatto che il disarmo della resistenza sia
realizzato direttamente dalle forze multinazionali occupanti o sia perseguito
dall’esercito libanese, sotto il controllo e “l’assistenza” delle forze
occupanti, non cambia la finalità dell’impresa. Il solo perseguimento di
quell’obiettivo rischia i precipitare il Libano in una seconda guerra civile – a
tutto vantaggio di Israele – che coinvolgerebbe inevitabilmente le stesse forze
multinazionali. Ma soprattutto la realizzazione eventuale di quell’obiettivo non
contribuirebbe affatto ad una “giusta pace” mediorientale: al contrario
rafforzerebbe ulteriormente il peso politico e militare dello stato di Israele
in Medioriente, a scapito dei popoli arabi e in primo luogo del popolo
palestinese. E quindi rafforzerebbe il principale fattore di guerra in
Medioriente da mezzo secolo.
Non è un caso che l’amministrazione USA ed
il governo israeliano sostengano apertamente la missione in Libano e ne abbiano
anzi sollecitato il più rapido avvio.
L’amministrazione americana – che con
Condoleeza Rice è stata la principale artefice della risoluzione ONU – considera
il coinvolgimento europeo nell’azione di polizia internazionale come una via
d‘uscita dalle difficoltà del proprio unilateralismo in Irak. Peraltro Bush
rivendica apertamente la missione multilaterale in Libano come “continuità della
guerra al terrorismo condotta in Afghanistan e in Irak” e per questo si
congratula con “il coraggio dei governi francese e italiano”che ne hanno preso
il comando.
Dal canto suo il governo israeliano, in grave crisi dopo
l’insuccesso della propria guerra, vede nella missione una ciambella di
salvataggio a cui aggrapparsi: e naturalmente la rivendica come strumento di
realizzazione dei propri incompiuti obiettivi di guerra
In questo quadro
il cosiddetto “protagonismo europeo” nella missione libanese ha un carattere ben
diverso da quello che si è voluto celebrare. Non siamo affatto in presenza di
“una nuova autonomia politica europea”rispetto agli USA. Al contrario assistiamo
al tentativo di riproporre un’alleanza Europa-Stati Uniti attorno al governo
delle politiche di potenza, già sperimentata in Kosovo e in Afghanistan : un
ritorno favorito dalla crisi congiunta dell’unilateralismo di Bush e delle
velleità della Francia.
Qui sta “il ruolo nuovo dell’Onu”. La missione in
Libano non è “il riscatto dell’Onu”. Al contrario, l’Onu ha semplicemente
timbrato con la sua finta neutralità giuridica il ricostituito quadro
multilaterale tra USA ed Europa. L’unilateralismo americano in Irak aveva
relativamente marginalizzato l’Onu. Il rilancio del multilateralismo
euroamericano l’ha rivalutato come mezzo e luogo di ratifica del nuovo corso. Ma
con ciò si conferma interamente la dipendenza organica dell’ONU dalla politica
delle grandi potenze e dalle loro variabili relazioni. Ciò che interroga la
natura reale di questo organismo, fuori da ogni residua illusione.
Lungi
dall’aver realizzato una “svolta pacifista” della propria politica estera, il
governo italiano è dentro il nuovo corso multilaterale della politica
internazionale. Dopo aver concordato con gli USA tempi e modi del ritiro
dall’Irak, dopo aver rifinanziato la missione di guerra in Afghanistan, il
governo italiano ha utilizzato la crisi dell’unilateralismo USA e le incertezze
iniziali della Francia per conquistare un ruolo importante, politico e militare,
nella nuova spedizione multinazionale.
Sotto il profilo politico, il governo
si è mosso in un quadro di stretto accordo con USA e Israele, presentandosi ad
entrambi come il più efficace garante e controllore di una possibile
normalizzazione del Libano, per via delle tradizionali entrature politiche e
militari di cui l’Italia gode in quel paese.
Sotto il profilo militare, il
governo ha predisposto la più massiccia spedizione militare italiana dell’intero
dopoguerra, con una potenziale esposizione ancor più diretta e gravosa che in
Afghanistan e in Irak, e dai costi finanziari e sociali ancor più consistenti.
Sotto tutti gli aspetti, questa missione è dunque in continuità con la
politica estera italiana, pur nel nuovo quadro multilaterale. Per questo le
forze politiche del centrodestra preannunciano il proprio voto favorevole alla
missione: che così ripropone, proprio attorno alla politica estera, quell’unità
nazionale tra gli schieramenti di governo che a sinistra si affermava di voler
scongiurare.
In contrapposizione aperta a questa missione militare ci
proponiamo un intervento attivo di controinformazione e mobilitazione, teso a
realizzare la più ampia unità d’azione tra tutte le forze disponibili a
contrastare il “militarismo umanitario”.
Denunciamo apertamente
l’invasione israeliana del Libano, la guerra devastante che l’ha accompagnata,
il silenzio assolutorio che l’ha seguita. E’ indegna l’impunità di cui Israele e
il suo esercito godono da sempre in sede ONU, grazie alla copertura americana ed
europea. Ancora una volta la risoluzione ONU 1701 e la relativa missione
multinazionale avallano la guerra israeliana, tacciono sulle sue responsabilità
e i suoi orrori. Noi respingiamo questa ennesima copertura diplomatica dei
crimini di Israele e ci ripromettiamo, in ogni sede, di documentarli e
denunciarli.
Riteniamo importante una autonoma azione di aiuto civile
alle popolazioni libanesi colpite da Israele da parte di tutte le organizzazioni
e realtà del movimento pacifista ed antimperialista. Consideriamo tale
solidarietà comprensiva del sostegno alla resistenza nazionale libanese
antisraeliana, in particolare a quelle forze laiche, di sinistra, comuniste,
ieri impegnate a difendere il proprio paese dall’invasione, oggi impegnate
nell’azione di ricostruzione del Libano e di assistenza alle vittime della
guerra.
Ci battiamo per la centralità delle ragioni e dei diritti del
popolo palestinese. La guerra di Israele al Libano e la missione militare per il
disarmo della resistenza libanese, contribuiscono a rimuovere il dramma
quotidiano del popolo palestinese nelle colonie israeliane, a partire da Gaza;
ed in particolare rimuovere l’intensificazione della terribile repressione
israeliana nei territori occupati. Rilanciare la mobilitazione a sostegno dei
palestinesi, per il loro pieno diritto all’autodeterminazione, è parte centrale
della nostra opposizione alla missione in Libano. Come lo è la rivendicazione
dell’abolizione del trattato di cooperazione militare tra Italia e Israele.
Ci proponiamo di contrastare quel clima pesante di intimidazione
politica e culturale che mira a rappresentare come “antisemitismo” la denuncia
della politica israeliana. Noi non ci faremo intimidire. Da sempre avversi ad
ogni forma di antisemitismo, rivendichiamo il diritto ad un’aperta battaglia
politica e culturale contro il sionismo e l’islamofobia, quale parte integrante
di una coerente lotta contro la guerra.
(2 settembre 2006)
Primi
Firmatari
Movimento per il Partito
Comunista dei Lavoratori; Unione Democratica Araba Palestinese; Forum Palestina;
Rete dei Comunisti; Campo Antimperialista; Red Link; Comitato Nazionale per il
Ritiro dei Militari Italiani; Comitato Comunista A. Gramsci; Comitato Iraq
Libero.
Per adesioni: info at pclavoratori.it; cpiano at tiscali.it; red_link at tiscali.it