mobilitiamoci il 17 e il 25 luglio



MOBILITIAMOCI DAVANTI AL PARLAMENTO
CONTRO LE MISSIONI DI GUERRA
PER UNA NUOVA POLITICA ESTERA DI PACE

Se un governo, quale che sia il suo colore, sta decidendo di entrare in
guerra (piu' precisamente: di confermare la partecipazione ad una guerra
che si aggrava) la cosa ovviamente ci riguarda.
Essere nonviolenti non fa decadere affatto la nostra condizione e le nostre
responsabilita' di cittadini di questo Paese.
Se possiamo fare qualcosa per impedire una deriva bellica delle nostre
istituzioni e della politica, con violazione dello spirito e della lettera
della nostra Costituzione, dobbiamo mobilitarci secondo le nostre
possibilita'. Tentare qualcosa per evitare il disastro. "Ridurre il danno"
per i bambini, le donne, gli uomini irakeni, afghani  e di tutti i "teatri"
dove l'Amministrazione Bush ci trascina a "combattere il terrorismo
internazionale".
Ma anche per la natura della nostra democrazia e del nostro convivere
civile, come ben spiega la lettera di Gino Strada al Ministro Parisi che
sotto riporto.
Dobbiamo manifestare, protestare. Come movimenti e come singole/i.
I partiti e i deputati che ci hanno chiesto il voto, piu' o meno
ufficialmente, ci ascoltano. Se taciamo, il fatto, ovviamente, pesa. Il
silenzio diventa assordante.
Mi meraviglia che qualcuno metta in dubbio questa verita' tanto elementare
da poter essere considerata banale.

Il governo italiano ha varato un decreto sul rifinanziamento delle missioni
militari che verra' discusso: il 17 luglio alla Camera; il 25 luglio al
Senato.
E' in cantiere anche una mozione parlamentare sulla politica estera che
dovrebbe contenere accenni ad una "exit strategy" per l'Afghanistan.
Cittadini responsabili e attivi si mobiliterebbero e farebbero sentire la
loro voce contro la guerra per scelte di pace. Che possono essere ascoltate
o meno. Ma e' necessario che queste scelte  siano prospettate e
caldeggiate. Con lo spirito dell'antifascista  Ernesto Rossi: "FA' QUEL CHE
DEVI, ACCADA QUEL CHE PUO'".
Propongo pertanto che in queste occasioni non si taccia ma - chi puo' - si
presenti sotto Montecitorio e Palazzo Madama per testimoniare la "vocazione
pacifista" del popolo italiano, richiamata, oltre che dall'art.11 della
Costituzione, anche dal programma dell'attuale governo.
Io lo faro', io ci saro' e chiedo ad altri che condividono i miei
sentimenti, le mie preoccupazioni e le mie valutazioni di contattarmi per
organizzare insieme l'iniziativa.
Anche uno sparuto gruppo e' sufficiente per una presenza significativa. (Ma
e' prevedibile che confluiremo in un arcipelago di manifestazioni e di
iniziative, al momento prevedibilmente piccole, ma che col tempo
cresceranno).
Gli antimilitaristi nonviolenti dovrebbero essere presenti alla loro
maniera, con i loro striscioni e volantini. Con i loro contenuti ed i loro
slogans.
Anche la campagna OSM-DPN potrebbe e dovrebbe partecipare con una sua
delegazione che incontri deputati e senatori contrari agli "impegni"
bellici dell'Italia.
Chi concorda con la proposta, mi faccia avere idee e suggerimenti su parole
d'ordine e volantino.
Se ci sono idee su modalità di manifestazione alternativa ai "soliti"
cortei, catene umane, simulazioni di morte, sit-in, presidi e chi più ne ha
più ne metta, e' questo il momento di tirarle fuori!

Gli otto-sette senatori "obiettori" rispetto al rifinanziamento della
missione afghana sono stati soggetti a forti e "mobbizzanti" pressioni. Nel
"Palazzo" sono stati addirittura apostrofati con epiteti irripetibili,
tanto e' l'astio che si e' convogliato contro la loro coraggiosa e scomoda
presa di posizione. Non sto esagerando.
Grazie anche ai nostri interventi ed incoraggiamenti hanno finora resistito.
E' importante percio' che i senatori coerentemente pacifisti abbiano
sentito appoggio e solidarieta' da parte di molti di noi. L'iniziativa
presa da Claudio Pozzi, stimolato - ritengo - dalla mia tempestiva presa di
posizione, e' stata molto giusta ed opportuna.
L'opposizione degli otto senatori sta creando seri problemi
all'interventismo delle "guerre umanitarie".
Se qualcuno, nel governo, per ragioni di "rango nella NATO", gia' pensava
di imitare Cavour in Crimea, Malabarba e colleghi gli hanno gia'
scompigliato le carte.
Ma arrivano suggerimenti, persino da parte di organizzazione nonviolente,
che e' meglio stare zitti e buoni ed aspettare che decidano su in alto. Non
e' forse il governo che deve governare, che c'entriamo noi? Non
disturbiamo, per ora, il manovratore, a ciascuno il suo mestiere, suvvia!
Il governo governi e i parlamentari parlamentino. Poi, a cose fatte,
potremmo farci su un bel seminario.  E persino  decidere di mobilitarci
DOPO, a decreto approvato (e nemmeno contestato!).
Non mi pare un atteggiamento ne' intelligente ne' saggio. Esiste un massima
di buon senso che afferma: prevenire e' meglio che curare.
Magari oggi, con un pizzico di fortuna, con l'aiuto della provvidenza,
riusciamo, con il nostro darci da fare, ad evitare una grave frittata. Dopo
sara' piu' difficile rimetere le cose a posto (ma la partita e' di lunga
durata, questo e' fuori di dubbio).

Ci sono pero' tanti buoni amici, che da anni lavorano e lottano per la pace
insieme a noi, in qualche caso persino piu' seriamente ed efficacemente di
noi,  che stanno avanzando una loro sentita preoccupazione: non e' che se
questi otto "obiettori", o quanti sono e saranno, tirano troppo la corda,
cade il governo e ci ritroviamo con Berlusconi al potere?
Per questo ragionamento politico questi nostri amici  fanno mancare la loro
solidarieta' ed il loro contributo di impegno in un momento decisivo nella
lotta contro la guerra. Non si mobilitano e, presumo, non si
mobiliterebbero.
Anche questa  circostanza dimostra pero' inoppugnabilmente che la politica
ci sta condizionando: anche se noi non ci occupiamo di essa, essa si sta
tristemente occupando di noi.
Esistono, in sostanza, dei pacifisti e dei nonviolenti che considerano
l'attuale equilibrio politico un mezzo indispensabile, da tutelare
praticamente ad ogni costo, per fare avanzare percorsi di pace. Abbiamo
gia' conquistato qualcosa (il ritiro dall'Iraq), non si puo' ottenere tutto
e subitoŠ
Il mio tentativo di questi giorni e' stato, se possibile, di farli
riflettere sull'errore di cultura e di metodo che, secondo me, commettono.
Mi sono sforzato di  concretizzare l'affermazione, che  forse ho
argomentato in modo grossolano, ma a cui tengo pero' in modo essenziale ,
che "da buone, coerenti scelte derivano buone conseguenze" sicuramente con
maggiori probabilita' rispetto a scelte non buone ed incoerenti.
Fare scelte conseguenti di pace, in questa concezione "antimachiavellica",
dovrebbe comunque portare ad equilibri politici piu' avanzati, non del
tutto prevedibili in partenza, per chi ritiene importanti questi equilibri
(ed abbiamo visto che tanti la pensano proprio cosi').
Gli scenari politici che tratteggio ( l'opposizione  alla guerra respinge
un ricatto moderato, e comunque una svolta centrista con l'UDC non
significherebbe Hitler al potere, anzi segnerebbe la fine del
berlusconismo) percio' sono esemplificazioni ipotetiche assolutamente
finalizzate alla comprensione dei concetti sopra esposti.
E' un tentativo - forse non riuscito - di rassicurare gente che ha paura:
una paura che va comunque riconosciuta ed affrontata.
(Avremmo lo stesso problema moltiplicato al cubo del cubo se dovessimo
convincere la gente a resistere ad una invasione da disarmati!)
Io credo che non possiamo evitare di proporre dei ragionamenti politici ad
un popolo, anche pacifista, che con tutta evidenza i suoi ragionamenti
politici se li fa e che propone le sue legittime paure.
In sintesi: dobbiamo riuscire a far quadrare politica ed etica perseguendo
buoni fini con buoni mezzi.
E tentare di risultare convincenti quando si propone questo metodo.
Concludo citando una appassionata lettera di Ettore Silvestri  a Lidia
Menapace:
"Il problema è che dire che il governo cadrà ci sembra una minaccia e
basta, visto che nessuno vuole togliere fiducia allo stesso, checché ne
dica il ministro Parisi. Noi sosteniamo chi voterà no, ma sosteniamo anche
chi crede nella Pace vera.
Per questo l'impegno di chi, come lei, siede al Senato e già una volta ha
dovuto subire i giochi di potere (vedi questione De Gregorio), è per noi
comunque garanzia. Ma noi non abbiamo obblighi "politici", noi
dobbiamo sostenere il movimento per la Pace e tirare la corda verso la sua
piena realizzazione.
Costruiamo la Pace con il nostro modo di vivere quotidiano, pertanto vi
chiediamo di costruirla anche voi senza compromessi.
Cercate di tirare anche voi maggiori impegni di pace, maggiori impegni
possibile. Fateli mettere nero su bianco, anzi arcobaleno su bianco.
Non fatevi intimidire, anche se ribadite il vostro diritto di difendere il
vostro pensiero senza farvi offendere o chiamare in modi irridenti.
La Pace non merita la derisione di nessuno.
Noi siamo contrari al compromesso, questo è chiaro, ma non aizziamo a
guerre fratricide. Dimostrateci che la Pace è difesa in ogni momento,
questo è il vostro compito e su questo valuteremo il vostro lavoro
quando torneremo alle urne, ma siate tempestivi perché il sangue degli
uomini e delle donne che stanno morendo nel mondo peserà su tutti noi".


Alfonso Navarra -  LEGA PER IL DISARMO UNILATERALE cell. 349-5211837



      Italia - 01.7.2006
      Gino Strada
      Risposta al ministro della Difesa italiano Arturo Parisi
            
            
            
    
    
      Questa mattina ho visto due blindati italiani passare davanti
all'ospedale di  Emergency, nel pieno centro di Kabul. I militari
spuntavano dalla torretta, ruotando la mitragliera da destra e sinistra,
lentamente, a "coprire" entrambi i lati della strada. Mi sono chiesto che
penseranno i cittadini di Kabul della loro citta' attraversata da carri
armati stranieri. E che sensazione avranno i passanti nel vedersi puntate
addosso quelle mitraglie?
      Ho avuto il piacere di conoscere il Ministro Parisi qui a Kabul, e ne
ho apprezzato l'interesse per il nostro lavoro. Tornato a casa, leggo sul
Corriere di oggi  una sua dichiarazione che suona cosi' "Se Emergency puo'
agire a Kabul, e' grazie alla protezione dei militari".

      Domanda secca: perche' un Ministro dice bugie?
      Una bugia sciocca, tra l'altro, banale, facilmente confutabile:
Emergency era a Kabul gia' nel 2000, quando non c'erano truppe italiane e
perfino la nostra l'Ambasciata era chiusa da anni. Gia', eravamo a Kabul
nella Kabul talebana. E dal 1999 in Panchir, con un ospedale che curava chi
viveva da quella parte del fronte. Banalmente, per non fare torto a nessuno
e occuparci il piu' possibile di chi aveva bisogno, senza chiedere
appartenenze. A Kabul come in Panchir, abbiamo lavorato per anni senza
protezione militare.
      Dal 7 ottobre 2001 per oltre un mese Kabul e dintorni sono stati
bombardati. Lotta al terrorismo, sicurezza internazionale? La nuova guerra
in Afghanistan, Signor Ministro, e' iniziata cosi', con i B52  a sganciare
bombe anche da sette tonnellate, da quarantamila piedi. Molte migliaia di
civili sono morti sotto quelle bombe, Signor Ministro. Possiamo fornirle
nomi e indirizzi, se le interessa. Piu' morti, molti di piu', che alle
Torri Gemelle: hanno fatto 'giustizia" quei bombardamenti? O la "guerra al
terrorismo" non e' stata invece un altro atto di terrorismo? Moltiplicare
le vittime, nella macabra rincorsa ad uccidere di piu', ciascuno per le sue
ragioni, non mi sembra una strada ragionevole. La trovo perfino dis-umana.
      Ma torniamo a Kabul. Neanche in quella occasione abbiamo avuto
bisogno dei militari a proteggerci (anzi i militari di ogni sorta erano in
verita' il pericolo). E abbiamo continuato cosi', a Kabul e nel resto dell'
Afghanistan. Nei cinque anni di "guerra al terrorismo", abbiamo fatto il
nostro lavoro - curare persone ferite o ammalate - senza bisogno dei
militari.


      E allora, Ministro Parisi, perche' quella bugia?
      Pero' in qualche modo la capisco: lei "deve" dire bugie
sull'Afghanistan. Vi e' obbligato dall'avere scelto di partecipare a una
operazione di guerra cammuffandola e spacciandola per operazione di pace.
      Non si puo' fare senza raccontare bugie. E senza apparire ridicoli.
Gli Stati Uniti chiamano GWATquello che stanno facendo in Afghanistan (con
Enduring Freedom prima, con l'ISAF poi, infine con la Nato): guerra globale
contro il terrorismo. Il nostro Ministro della Difesa tende invece a far
credere che le truppe italiane (che hanno partecipato a tutte le Operazioni
lanciate in Afghanistan) siano qui a fare la guardia ai medici.
      Mi spiace contraddirla Signor Ministro, ma non siamo qui grazie ai
suoi soldati, ne' ad altri militari. Anzi la loro presenza e' per noi
motivo di seria preoccupazione, per la sicurezza nostra del nostro staff e
dei nostri pazienti. Provi a trovare altre scuse, per giustificarla. Per
quanto mi riguarda, e per quanto riguarda Emergency, puo' riportare a casa
le sue truppe domani mattina. Anzi ci spingiamo a pensare che lei dovrebbe
farlo. Per molte ragioni, la piu' evidente essendo che lei ha giurato di
rispettare la Costituziome Italiana, Articolo 11 compreso.

      Gino Strada