Appello di riviste di ispirazione cristiana: "Per la Costituzione"



 Referendum costituzionale del 25 giugno

 "Per la Costituzione"

 Appello di riviste di ispirazione cristiana


 Anche per i cristiani del nostro Paese si avvicina un momento di grande
responsabilità.
 Per la prima volta dal 1946 il potere costituente torna al popolo. La
Costituzione che ci governa dal 1948 è stata ripudiata da una parte del
mondo politico italiano e dalla maggioranza delle vecchie Camere, e sulla
"Gazzetta Ufficiale" è stata già pubblicata la nuova Costituzione, che se
non è ancora entrata in vigore è solo perché i l popolo si è riservato il
diritto di respingerla col "no" nel referendum convocato per il 25 e 26
giugno. Questa chiamata alle urne non è pertanto una prova elettorale come
le altre; si tratta di un referendum assolutamente eccezionale in cui i
cittadini, divenuti essi stessi costituenti, devono decidere di nuovo
dell'identità e del futuro della Repubblica.
 Ciò che fu stabilito dall'Assemblea Costituente nel 1947 è infatti oggi
rimesso in questione. Allora confluirono in quella decisione le tre grandi
culture del Paese, quella cattolica, quella comunista e socialista allora
strettamente unite, e quella laico-liberale; ma l'incontro e la sintesi di
quelle tre culture fu talmente felice che non un pezzo della Costituzione
per ciascuna, ma l'intera Costituzione è risultata perfettamente coerente a
ciascuna delle tre ispirazioni. Perciò essa, scritta (e sottoscritta) da
tutti, è anche la Costituzio ne di tutti ed ha compiuto il miracolo di
unificare l'Italia e di permetterle di passare dalla arretratezza alla
modernità, dalla miseria diffusa alla diffusa abbondanza di beni pur nelle
sussistenti disparità, dalla dittatura alla democrazia e dalla guerra a una
lunga pace. Con essa la guerra fu ripudiata; le filosofie e le dottrine
politiche che avevano fondato la società sulla ineguaglianza per natura
degli esseri umani furono rigettate e sostituite da una antropologia della
pari dignità umana, per costruire un ordinamento di giustizia e di pace.
 Se la Costituzione è di tutti, i cristiani hanno delle particolari ragioni
per rivendicarne i contenuti e difenderla. Non solo perché vi concorsero
nel sacrificio che la precedette e nella elaborazione che ne fissò i
principi e le norme nell'Assemblea Costituente, ma perché il patrimonio che
vi è rappresentato evoca i più alti valori della vita cristiana: dal
fondamento del lavoro su cui è stabilita la Repubblica alla centralità
della parola che si esprime nel Parlamento, dal primato della pace alla
conversione dei poteri in "funzioni" e servizi per il bene comune, dalla
pacificazione con la Chiesa cattolica alla laicità e alla libertà
religiosa. Nell'enciclica "Pacem in terris" di Giovanni XXIII la
Costituzione, come carta dei diritti e regola dei rapporti tra cittadini e
poteri pubblici fu celebrata come un "segno dei tempi", cioè come una delle
conquiste storiche in cui costruzione umana e ordine voluto da Dio si
parlano e si incontrano.
 Se nella ordinaria vita politica i cristiani sono presenti e agiscono
senza esibire la loro peculiare identità, vi sono circostanze che possono
esigere un atteggiamento diverso. Quando, come in occasione di questo
referendum, sono in gioco e per un lungo tempo futuro i fondamenti stessi e
i valori supremi della convivenza civile, non c'è ragione per cui dei
cristiani non debbano assumere a viso aperto le difese della Costituzione,
impegnandovi tutta la loro responsabilità. Del resto, se nella storia del
nostro Paese hanno svolto, in diverse forme, un ruolo di rilievo le
tradizioni del cristianesimo democratico e del cristianesimo sociale, oggi
sembra del tutto opportuno e necessario che emerga un'iniziativa di
"cristiani per la Costituzione", per salvarla nel momento in cui è
"aggredita".
 Vero è che tale aggressione viene negata, perché quella che viene rimossa
e sostituita dal testo di Calderoli e degli altri quadrunviri riunitisi a
Lorenzago è solo la seconda parte della Costituzione, e quindi sarebbero
fatti salvi i principi e i diritti fondamentali della prima. Ma le due
parti della Costituzione sono speculari e necessarie l'una all'altra: la
prima parte è una struttura a piramide rovesciata, avente al primo posto i
diritti e i doveri del cittadino nella sua individualità, e poi via via del
cittadino in rapporto alla famiglia e alla scuola, quindi in rapporto alla
sfera economica e infine in rapporto a quella più ampia del mondo politico;
la seconda parte, in base allo stesso schema, comincia col Parlamento, in
corrispondenza al primo articolo proclamante la sovranità popolare, per
svilupparsi poi nella definizione degli altri istituti in cui coerentemente
doveva concretarsi l'organizzazione statale unitaria della società. In tal
modo la seconda parte risulta attuazione, strumento e garanzia della prima.
Ora nella riforma promossa dalla Lega e varata da tutto il centrodestra
sotto il nome riduttivo e fuorviante di "devolution", questo rapporto viene
rotto. Il Parlamento è travolto, la vita della Camera è condizionata a
quella del governo, la rappresentanza popolare è smembrata in una
maggioranza dotata di tutti i poteri e una minoranza senza diritti, i cui
voti nemmeno verrebbero contati nelle votazioni di "sfiducia costruttiva",
l'unità nazionale che comporta pari opportunità per tutte le regioni è
compromessa e gli istituti di garanzia sono snaturati e mortificati. In
particolare il Presidente della Repubblica non avrebbe neanche il potere di
salvare la Camera dallo scioglimento che il Primo Ministro potrebbe
decretare in ogni momento mandando a casa i deputati a suo piacimento;
verrebbe istituita la figura sovrana e incondizionata del capo del governo,
vero padrone "determinante" della politica nazionale e del Paese intero.
Tutto ciò di cui si è discusso in queste settimane per l'attribuzione dei
nuovi ruoli istituzionali e di governo, diverrebbe con la nuova
Costituzione privo di senso, perché un solo potere personale sarebbe
instaurato e garantito e nessuna vera opposizione potrebbe essere
esercitata in corso di legislatura. L'identità dell'Italia e il suo ruolo
nel mondo sarebbero decisi da una persona sola, e il popolo non potrebbe
influirvi facendo valere le sue radici, la sua civiltà e la sua cultura.
 La difesa della Costituzione vigente non vuol dire peraltro che singole
sue disposizioni o istituti non possano essere modificati se necessario; ma
in ogni caso deve essere salvaguardato il costituzionalismo interno e
internazionale nelle sue acquisizioni irrinunciabili.
 Perciò noi riteniamo che sia necessaria una forte mobilitazione dei
cristiani contro questa riforma, anche attraverso la partecipazione a una
grande manifestazione nazionale unitaria di tutto il fronte democratico per
il "NO" al referendum del 25 giugno. E dopo il referendum pensiamo che
debba restare alta l'attenzione dei credenti perché ai valori della
Costituzione non sia inferta alcuna ferita, e perché l'amore della pace,
dell'unità, della libertà e dei diritti torni sempre a rinascere.

 Firmano l'Appello:
 (in ordine alfabetico)




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