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La Repubblica non è in armi
- Subject: La Repubblica non è in armi
- From: "forum delle donne" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Thu, 1 Jun 2006 11:27:26 +0200
Carissime/i Vi invio copia dell'articolo pubblicato oggi su Liberazione sperando sia di vostro gradimento. Un cordiale saluto Elettra Deiana --------------------------------------------------------------------------------------- La Repubblica non è “ in armi” Elettra Deiana Il 2 giugno di quest’anno ricorre il 60° anniversario della proclamazione delle Repubblica italiana. Sarebbe stata dunque un’occasione importante non per generici festeggiamenti ma per iniziative che a tutti i livelli e in tutti i luoghi pubblici si ponessero un duplice obiettivo: da una parte di valorizzare le ragioni di fondo che resero possibile la nascita della Repubblica, dall’altra di connettere quella nascita con lo straordinario percorso sociale e politico-istituzionale che portò all’elaborazione della Costituzione del ’48. Le due cose stanno strettamente insieme: da sempre ma mai come in queste settimane, quando incombe la necessità di una forte battaglia nel Paese per bloccare con il “no” referendario la pessima controriforma costituzionale voluta dalla Casa delle Libertà. E quando è necessario, come io penso sia necessario, mettere in luce e difendere il grande tratto di modernità che segna la nostra Costituzione, contro i ricorrenti tentativi messi in atto da più parti – e non soltanto dal centro-destra - per stravolgerne l’impianto. Il dibattito pubblico, invece, sembra avere dimenticato sia l’importanza dell’anniversario – i 60 anni della Repubblica, appunto - sia la posta in gioco – il referendum del 25 giugno, appunto - e si è sempre più avviluppato intorno all’unica questione della sfilata militare ai Fori imperiali, in termini che rischiano di ridurre la questione soltanto a una querelle tra i “patriottici” amici delle Forze armate e i settori più radicali del popolo pacifista. Bisogna ovviamente insistere affinché la sfilata del 2 giugno sia cancellata dall’agenda delle cerimonie pubbliche del Paese e bisognerà continuare a insistere per il futuro, perché intanto, quest’anno, la sfilata si svolgerà purtroppo come da calendario previsto. Ma un punto dovrebbe essere intanto chiarito: le ragioni per chiedere la cancellazione della sfilata, prima ancora che essere quelle sacrosante dell’antimilitarismo e del pacifismo, sono ragioni generali, di natura strettamente repubblicana, iscritte nelle radici storiche della Repubblica e confermate dal carattere complessivo della Carta costituzionale. Riguardano o dovrebbero riguardare quindi tutti e tutte, toccare tutti gli aspetti essenziali della vita pubblica. Nell’idea di festeggiare la Repubblica facendo sfilare le Forze armate e i più sofisticati strumenti della moderna tecnologia militare, come è avvenuto negli ultimi anni, c’è invece una negativa riduzione delle cose a un unico aspetto, che diventa non soltanto preponderante ma quanto mai improprio e negativo oggi, di fronte alle trasformazioni – quasi sempre perniciose - che il concetto di difesa ha subito negli ultimi quindici anni e alle continue violazioni condotte contro l’articolo 11 della Costituzione, che della Repubblica italiana dovrebbe invece rappresentare un inaggirabile marchio di fabbrica. L’Italia non è una repubblica “in armi”, come quella scaturita dalla Rivoluzione francese, quando il diritto di cittadinanza si incarnò storicamente in quegli “uomini in armi”, bianchi, proprietari e per questo liberi, che animarono il trapasso dall’Ancien régime alla modernità. Le armi della Resistenza ne accompagnano il percorso, ma non ne fondano l’identità. Bisogna lavorare a cancellare culturalmente ogni suggestione di questo genere, partendo dalla consapevolezza che la Repubblica italiana è davvero un’altra cosa rispetto a quella tradizione storica e che difenderla significa oggi portarne innanzitutto alla luce la trama di fondo, democratica, libertaria e pacifista, i valori e i principi di civiltà che rendono la nostra Costituzione lo strumento più efficace per una convivenza civile degna di questo nome in Italia e nel mondo. La Repubblica fu conquistata dal popolo italiano attraverso l’esercizio democratico del voto – per la prima volta il voto fu veramente universale comprendendo anche le donne – e dopo aver subito, sotto il regime monarchico, venti anni di dittatura fascista, l’occupazione nazista del Paese, una serie di guerre coloniali – la cui verità in termini di eccidi, violenze, responsabilità aspetta ancora di essere interamente sviscerata – due guerre mondiali. E nacque da uno straordinario moto di popolo che seppe tenere insieme resistenza militare e forte partecipazione civile, pratiche di strenua opposizione sul campo all’occupazione e percorsi di intenso lavoro intellettuale, per ideare e costruire l’edificio della convivenza sociale. Non a caso il voto popolare che portò alla proclamazione della Repubblica fu contemporaneo all’avvio dei lavori dell’Assemblea costituente, che nel 1948 approvò la Carta costituzionale, ispirata ai principi dell’uguaglianza, della libertà, della democrazia e della pace. Per questo la ricorrenza del 2 giugno non deve essere confusa con la festa delle Forze armate, che ricorre il 4 novembre ed ha una sua legittima specificità istituzionale. La Repubblica deve essere festeggiata in pace, con solennità istituzionale e soprattutto festosità popolare; bisogna parlare quel giorno il linguaggio della pace, della convivenza, della solidarietà, della democrazia. E bisogna sottrarre la Repubblica a tutti i nefasti ossimori della contemporaneità, a cominciare da quello della “guerra umanitaria” che così malamente ha deturpato la nostra storia repubblicana.
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