Re: Votare



Caro Leopoldo,
siamo di fronte oramai alla caricatura della
democrazia: essa come una mummia è stata svuotata
all'interno completamente: alcuni stipendiati passano
le giornate al parlamento in attesa che arrivino le
leggi già precotte negli studi professionali delle
varie lobbies, pronti a recitare la farsa di un
dibattito parlamentare che somiglia oramai al teatro
dei burattini. Le decisioni vengono prese altrove, nei
grandi circoli finanziari ed economici internazionali,
chi ha provato ad opporsi è stato suicidato alla
Gardini o reso martire alla Moro o defenestrato alla
Craxi o intimidito alla Andreotti: gli altri,
patetiche figure di cartone si sono allineati o per
adesione cosciente o per ebetudine! Io non voterò per
non legittimare questa tragica buffonata: che vinca
Berlusconi o Prodi le politiche sono già state
scritte. Mi fa pena Bertinotti che si è ridotto come
un cagnolino bastonato: su ordine di Prodi (dico una
mortadella marcia come Prodi ha il coraggio di dare
ordini!!!) il povero Fausto ha rinnegato Marx: un
salto "oltre Marx" e splash nella merda.
--- "bruno.leopoldo at libero.it"
<Bruno.Leopoldo at libero.it> ha scritto: 

> Votare
> 
> Per quanto possa interessare, forse non andrò a
> votare oppure forse ci andrò.
> 
> Votare per qualcosa o per qualcuno è donare;
> affidare parte di se stessi. Ne consegue, in genere,
> una particolare attenzione verso il comportamento di
> chi - ricevendo il proprio voto - viene eletto. Ad
> ognuno di noi può in seguito capitare che, a causa
> del proprio voto, ci si mangi le mani o si stia
> male.    
> 
> Il voto è di per sé un atto completo. Nasce dal
> privato, dall’intimo, fino a trasformarsi in una
> delle massime espressioni di volontà pubblica. Tale
> percorso lo rende paragonabile all’opera d’arte.
> Essa prende vita dall’interno del suo creatore e
> diviene poi arte. Entrambi hanno un momento
> particolare, senza il quale non acquistano valenza
> riconosciuta. Per l’opera d’arte, tale momento è “il
> battesimo”. Quel rito di passaggio, quell’attimo in
> cui si attribuisce il complemento di specificazione
> all’opera; che si differenzia così dalla manodopera
> del lavoratore dipendente o dall’opera
> dell’artigiano. Il battesimo può essere consacrato
> dal pubblico, dallo stesso artista (quando è già
> accreditato), dalla critica specializzata oppure
> ancora dalle esposizioni di musei, mostre e fiere
> d’arte.
> Il voto – invece - il suo momento di trasformazione
> lo ha nell’atto simbolico della scheda; quando viene
> destinata con le proprie mani nell’urna. Da allora
> diviene pubblico. Quasi ci si libera di una
> responsabilità, dichiarando poi apertamente il
> proprio voto, le motivazioni determinanti e le
> speranze. Cominciano allora le interpretazioni e la
> festa nazionale della vittoria di tutti.
>   
> Nel proprio piccolo, che piaccia o no, la
> legittimità al sistema la diamo in primo luogo
> recandoci a votare.
> 
> In questa campagna elettorale ci sono alcune
> particolarità. Tra le altre, ad esempio, nel
> centrosinistra fra le posizioni di Fausto Bertinotti
> e quelle di Clemente Mastella non si registrano
> differenze di rilievo; mentre sappiamo che continua
> ad esserci differenza fra i simpatizzanti, i
> militanti e anche fra i singoli deputati. Con queste
> elezioni, inoltre, il candidato ha bisogno sì di
> soldi, ma soprattutto di buoni legami con la
> ristretta cerchia di tenutari-decisori del proprio
> partito. Il proprio nome e cognome deve essere stato
> ben predisposto; contano soltanto il territorio dove
> si viene candidati e la disposizione nella lista.
> 
> Umberto Eco nel suo “Appello agli indecisi” conclude
> così l’esortazione: “Ora la nave potrebbe affondare.
> Ciascuno deve prendere il proprio posto”. Peccato
> che Eco – facendo torto alle sue indiscusse capacità
> – non si sia soffermato a riflettere su come è
> ridotta la nave. Bastava ad esempio accennare allo
> scempio compiuto durante questi 60 anni dai politici
> italiani che - nel loro lento susseguirsi - hanno
> trasformato la Costituzione in carta da parato.   
> Lo studioso Gianfranco Pasquino rispondendogli
> scrive: “...anche se sicuramente voterò per il
> centro-sinistra...continuerò, però, fino al giorno
> del voto e immediatamente dopo la comunicazione dei
> risultati elettorali, nella mia critica severa dei
> centrosinistri.” E qui emerge un punto centrale. 
> Del centrodestra, senza dilungarmi o andare troppo
> indietro, basta ricordare i fatti dell’11/3/6 a
> Milano; Ministri della Repubblica che difendono il
> “diritto” a manifestare di un gruppo organizzato di
> fascisti. In due parole: in occasione di
> un’iniziativa vietata dalla Costituzione, ci sono
> stati dei rappresentanti del potere esecutivo che
> hanno difeso pubblicamente tale evento; al momento,
> impunemente.  
> Dall’altro lato, sappiamo cosa ha fatto il
> centrosinistra in cinque anni di governo. Quando non
> ha creato danni, ha gestito l’esistente. Ad esempio,
> ha precarizzato il mercato del lavoro, non ha
> sviluppato l’istruzione come invece aveva promesso
> durante la campagna elettorale del 1996 e ha preso
> parte alla guerra umanitaria, bombardando le città
> della ex Jugoslavia. 
> Per quanto riguarda il domani, leggendo il Programma
> dell’Unione si sa cosa ci aspetta. 
>   
> Fa un accenno Andrea Colombo: “La vittoria di
> Berlusconi...metterebbe in dirittura d’uscita i
> gruppi dirigenti del centrosinistra e decreterebbe
> una trasformazione radicale di tutti i suoi attuali
> assetti”. Per intenderci, cesserebbe l’era in cui ai
> programmi ci lavorano persone con idee come quelle
> di Giuliano Amato.  
> 
> Signor Eco, signor Pasquino, signori tutti-e, il
> punto centrale è: vale la pena destinare energie al
> salvataggio della nave? Conoscendo cosa è accaduto
> prima e cosa riserva il dopo, che senso ha dare il
> nostro voto? Dall’esito della risposta ne discende
> il relativo percorso.   
> 
> Ricordiamo che anche Indro Montanelli qualche
> decennio fa esortava ad andare a votare; per la
> Democrazia Cristiana “turandosi il naso”. E infatti,
> negli anni, per molti il voto è diventato “l’ultimo
> voto” così come quando ci si assolve: “facciamo
> l’ultima guerra” oppure “ho detto l’ultima bugia”.
> Fermandosi a riflettere, si ha l’idea che per l’uomo
> ci sia sempre un valido motivo per l’ultima
> autogiustificazione.
> 
> Il paradosso è che (come esclamano tutti): il
> sistema è fallito! 
> Eppure pochissimi, poi, nel prenderne atto agiscono
> di conseguenza. C’è chi, come ad esempio i
> sindacati, si ostina a dedicare la propria attività
> per eliminare qualche distorsione (sic!) del
> sistema; chi lenisce funzionalmente.  
>  
> Che il sistema sia fallito lo dimostra il fatto
> stesso che non è in grado di mettersi in gioco. Da
> un lato, sommerge con i suoi mezzi le forme di
> libera conoscenza e organizzazione o le reprime come
> e quando vuole. Dall’altro, il sistema si dichiara
> legittimato grazie al voto. Dando la mera libertà a
> tutti noi occidentali di esprimerci su un “duello”
> fra Bush e Kerry, fra Berlusconi e Prodi, oppure fra
> non so chi e Blair (che rappresenta la sinistra). Il
> capitalismo, con il suo attuale modello
> neoliberista, non si fa mettere in discussione a
> ogni elezione politica. Anzi, è un sistema economico
> e di vita che nessuno deve seriamente mettere in
> dubbio e punto. Ma ci ricorda Elias Canetti: “Come
> ogni altra cosa, il potere porta in sé la propria
> fine”.  
> 
> Dentro o fuori. Votare o non votare. E se sì,
> volendo incentivare la fine del sistema possono
> essere più convenienti per il Movimento affrontare
> altri cinque anni con Berlusconi oppure invece un
> nuovo periodo di gestione Prodi? Spesso si ha l’idea
> che in campagna elettorale, per il centrosinistra,
> quei milioni di italiani scesi in piazza contro la
> guerra rappresentano semplicemente i destinatari del
> sottile ricatto della scelta del meno peggio.
> Insomma, o si vota quel che c’è oppure gli si lascia
> il cerino in mano con tutte le responsabilità di una
> possibile vittoria del centrodestra. 
> Di fatto si confrontano due coalizioni che sembrano
> spostarsi – contigue e parallele l’una all’altra -
> sempre più verso centrodestra. L’alternativa che si
> prospetta è fra Fini o D’Alema come ministro degli
> esteri.  
> Se si fa visita al sito www.romanoprodi.it si scopre
> che della pace non c’è traccia. 
>  
> Così Eduardo Galeano inquadra l’attuale situazione:
> “Il mondo sta soffrendo un allarmante discredito
> della dignità. Gli indegni, che sono coloro che
> comandano nel mondo, dicono che noi arrabbiati siamo
> preistorici, nostalgici, romantici, e che neghiamo
> la verità. Tutti i giorni, ovunque, ascoltiamo
> l’elogio dell’opportunismo e l’identificazione del
> realismo con il cinismo, il realismo che obbliga a
> sgomitare e proibisce l’abbraccio, il realismo del
> tutto fa brodo e del si salvi chi può e se non puoi
> crepa.”
>     
> Se il lettore convenisse con quanto ho scritto, la
> risposta al punto centrale sembrerebbe bella e
> fatta. E invece no. Non è così. 
> Raymond Boudon, ad esempio, chiama in gioco “il
> posto del caso”. Quindi si potrebbe riflettere
> approfonditamente sull’argomento se sia più “utile”
> una forte repressione da cui scaturisca una spallata
> liberatoria di massa oppure se sia auspicabile un
> governo “amico” dal quale – dopo aver fatto
> assaporare un minimo di agibilità politico sociale –
> si produca inarrestabile un effettivo movimento di
> massa, di liberazione postimperiale.  
> 
> Con mia figlia maggiorenne – nel mio piccolo - al
> momento sarebbe più comodo se il 9 aprile 2006 mi
> recassi alle urne. Infatti non me la caverei più
> così facilmente come avvenne il 13 maggio 2001,
> quando giustificai il mio non voto spiegandole di un
> candidato premier con le idee di Francesco Rutelli.
> 
> Forse non andrò a votare oppure forse ci andrò.
> Calpestando la mia propria bile. 
> 
> 20/3/6 – Leopoldo BRUNO
> 
> Materiale di riferimento:
> Boudon Raymond, Il posto del disordine, il Mulino,
> 1997, pag. 224, trad. di Pina Lalli; 
> Canetti Elias, Massa e potere, Tascabili Bompiani,
> ed. 1990, pag. 280, trad. di Furio Jesi;
> Colombo Andrea, il manifesto, 10 marzo 2006, pag. 4;
> Eco Umberto, l’Unità, 8 marzo 2006, pag. 1;
> Galeano Eduardo, il manifesto, 17 marzo 2006, pag.
> 20, trad. di Marcella Trambaioli;
> Pasquino Gianfranco, l’Unità, 10 marzo 2006, pag. 1.
> 
> 
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