testimoni dell'obiezione di coscienza, da Socrate ai giorni nostri



Ciao,
Vi Segnalo un libro interessantissimo uscito in questi giorni, di Anselmo
Paolini, che raccoglie la testimonianze di celebri obiettori di coscienza,
da Socrate ai giorni nostri.
In allegato trovate il profilo di S. Massimiliano Obiettore, tratto dal
medesimo libro (che ieri la chiesa ha ricordato).
Buona lettura e buona formazione!!
Martino


Anselmo Palini Testimoni della coscienza. Da Socrate ai nostri giorni,
editrice Ave, Roma 2005, prefazione di Franco Cardini
pp. 300 - ¤ 13,00

Il volume raccoglie profili e brani antologici riguardanti insigni
testimoni che hanno pagato con la vita la fedeltà agli imperativi della
loro coscienza, tra i quali: Socrate, i ragazzi della "Rosa bianca",
Tommaso Moro, Franz Jaegerstatter ed altri ancora. Figure esemplari che
hanno saputo dire no alle pretese del potere, anteponendo le ragioni della
cosicenza perfino a quelle della sopravvivenza. Il saggio è introdotto con
sapienza dall'Autore e prefatto da uno storico del calibro di FRANCO
CARDINI.

G.A.V.C.I.
c/o Villaggio del Fanciullo
Via Scipione Dal Ferro 4
40138 BOLOGNA
tel/fax 051.341122




MASSIMILIANO,
un obiettore di coscienza nella Roma antica

di Anselmo Palini

Il 12 marzo le chiese cattoliche celebrano la memoria di san Massimiliano,
un giovane martire della Chiesa di Cartagine, che ebbe il raro privilegio
di essere sepolto ai piedi del vescovo Cipriano e la cui vicenda venne a
lungo proclamata durante le azioni liturgiche.
Il caso di Massimiliano ci introduce al centro di un dibattito che
impegnava le Chiese cristiane antiche e che riguardava non solo lo
specifico problema della legittimità, per un cristiano, di prestare
servizio militare, ma anche, e soprattutto, quello più ampio dei rapporti
con lo Stato romano.
Massimiliano è figlio del funzionario del fisco Fabio Vittore e coscritto
per il servizio militare. L'episodio ci è stato tramandato da un breve
documento, la Passio Sancti Maximiliani, che è di fatto il verbale
dell'interrogatorio, cui viene sottoposto Massimiliano da parte del
proconsole Dione per essere arruolato nell'esercito romano. Massimiliano,
pur essendo dichiarato arruolabile, si rifiuta di compiere il servizio
militare: per lui militare significa inevitabilmente mala facere.
Massimiliano viene dunque accusato di disubbidire al potere costituito e
per questo condannato a morte. L'astensione colpevole del cittadino
costretto al servizio militare durante l'arruolamento era appunto uno dei
casi in cui veniva applicata la pena di morte.
L'interrogatorio di Massimiliano avviene nel foro. Alcune informazioni
precise contenute nella Passio ci consentono di fissare al 12 marzo 295 la
data della morte di Massimiliano.

Militia saeculi, militia Christi
La Passio S. Maximiliani ci fa assistere allo scontro frontale di due
ordini di ragioni: quelle di carattere militare e civile, impersonate dal
proconsole Dione, e quelle che prescindono dalle vicende contingenti di
questo mondo per affermare in maniera intransigente un principio, espresse
dal giovane cristiano. Il proconsole Dione  non mostra astio né violenza
nei confronti di Massimiliano, anzi al contrario sembra manifestare una
certa pazienza. Sicuramente il proconsole non prova  stupore di fronte alle
parole del giovane e ciò forse sta ad indicare che tali casi non erano
rari. Tuttavia Dione non poteva tollerare che fossero contestati i pilastri
su cui reggeva l'impero romano: l'identificazione del militare con il
malefacere equivaleva a contestare radicalmente l'esercito romano e ciò non
poteva essere accettato. Da qui la condanna esemplare, affinché servisse da
lezione per tutti.
Il proconsole si trova di fronte un giovane nelle cui parole non vi è
polemica, né disprezzo nei confronti dell'autorità. La posizione di
Massimiliano non è venata neppure da propaganda o da apologia. Il suo
argomentare è limpido e semplice: il servizio militare è, per il giovane
cristiano, una professione intrinsecamente negativa in quanto si identifica
con malefacere, termine che si riferiva non solo agli atti idolatrici che i
soldati erano tenuti a compiere, ma anche e soprattutto alla violenza e
alla sopraffazione che caratterizzavano il servizio militare. Alla militia
saeculi Massimiliano contrappone la militia Christi. Massimiliano è
convinto che il cristianesimo non sia compatibile con la vita militare e
con gli atti che implica. Da qui il rifiuto, espresso con fermezza, ma
senza alcuna punta di superiorità o di tracotanza. Il proconsole Dione
mette in atto dei tentativi di convinzione, ma Massimiliano non cede e pone
a giustificazione del suo atteggiamento un motivo, espresso in due semplici
parole: Christianus sum. A fronte di una tale chiara e precisa posizione,
il proconsole Dione pronuncia la condanna e lo fa senza odio religioso e
senza particolare accanimento nei confronti di Massimiliano. La sentenza di
condanna a morte è la conseguenza del fatto che la situazione politica e
militare della regione non permetteva defezioni dall'esercito o tolleranza
verso chi non intendeva vestire la divisa. La condanna doveva servire da
lezione per tutti coloro, che per vari motivi, volevano sottrarsi
all'arruolamento.

La mediazione di una comunità
L'analisi testuale della Passio S. Maximiliani operata dagli studiosi  ha
evidenziato l'uso da parte del giovane cristiano di una terminologia che
risente del chiaro influsso della Bibbia e della precedente letteratura
cristiana. Ciò mette in evidenza, in maniera implicita, la necessaria
mediazione di una comunità di cui il giovane è espressione e in un certo
senso portavoce. L'annuncio di Massimiliano sembra aver presente alcune
formule della professione di fede diffuse nella comunità cristiana
primitiva, mentre risulta invece assente qualsiasi forma di fanatismo. Le
parole del giovane cristiano riecheggiano l'insegnamento del vescovo di
Cartagine, Cipriano, ed evocano la visione e l'impegno a cui il cristiano
era preparato durante il catecumenato.

Non possum militare. Christianus sum.
La Passio S. Maximiliani si pone su una linea morale di rigida
intransigenza, che è poi quella che caratterizza anche i più importanti
scrittori dell'Africa cristiana nel III e nel IV secolo: da Tertulliano a
Cipriano, da Arnobio a Lattanzio .Dalle risposte di Massimiliano appare
indubbio che vi è il rifiuto di tutto il sistema su cui si regge il
servizio militare. 
Massimiliano pone a giustificazione del suo agire un motivo espresso più
volte in due semplici parole: Christianus sum. Giova ricordare che militare
al tempo di Massimiliano equivaleva a bellare, ossia combattere, esercitare
violenze ed uccidere. L'esercito romano, infatti, era costantemente
impegnato, soprattutto nelle zone di confine, a reprimere ribellioni e a
contrastare l'avanzata di nuove popolazioni, dunque i soldati erano
chiamati inevitabilmente a combattere e, se necessario, a uccidere.
Pur nella loro brevità, le parole Christianus sum racchiudono una sorta di
confessione di fede ed erano intese dai magistrati come dichiarazioni
impegnative per chi le pronunciava. L'annuncio di Massimiliano, fatto con
queste e con le altre parole che usa nelle risposte, sembra aver presente
le formule della professione di fede e si sviluppa attorno alla figura di
Gesù Cristo. Di lui si dice che è Figlio di Dio e che è stato inviato per
riscattare i peccati degli uomini. È Gesù Cristo che i cristiani seguono e
servono. Queste formule, di derivazione catechistica, stanno a testimoniare
che la concezione che il giovane Massimiliano aveva della fede era quella
che gli era stata comunicata nel cammino di fede dalla sua comunità.

La condanna per obiezione di coscienza
Massimiliano, come ampiamente dimostrato fin qui, trae le motivazioni per
il proprio agire dalla fede cristiana. Tuttavia egli non è propriamente
condannato perché cristiano, bensì perché si rifiuta di "militare". In
altri termini, se Massimiliano fosse stato dispensato dal portare il
signaculum, ciò non sarebbe probabilmente stato sufficiente per convincerlo
ad entrare nell'esercito, in quanto per lui militare significava malefacere.
Se obiezione di coscienza designa l'opporsi da parte del singolo ad un
comando dell'autorità, ad un obbligo giuridico e, in particolare,
all'ordine di prestare servizio militare e se tale rifiuto viene motivato
da profonde ragioni di coscienza, ecco che il caso di Massimiliano si
presenta chiaramente come quello di un obiettore di coscienza, uno dei
primi di cui abbiamo notizia.
Massimiliano con questo suo gesto ci presenta la novità di una
manifestazione di opposizione assoluta ad uno degli imperi più
militaristici che mai siano esistiti; ci offre una testimonianza resa col
sangue all'idea della pace tra gli uomini in un mondo che non conosceva se
non la pace imposta con la forza.


Anselmo Palini