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La "eredita' fascista" dei crimini di guerra commessi dagli italiani
- Subject: La "eredita' fascista" dei crimini di guerra commessi dagli italiani
- From: Luciano Dondero <svludo at gmail.com>
- Date: Mon, 13 Feb 2006 11:11:36 +0100
FASCIST LEGACY La "eredita' fascista" dei crimini di guerra commessi dagli italiani nei Balcani ed in Africa nel corso della II Guerra Mondiale * Resoconto della proiezione di Torino, 4/5/2002 * Scheda filmografica Resoconto della proiezione di Torino 4/5/2002 Sabato 4 maggio 2002 al Politecnico di Torino ha avuto luogo la proiezione del film "Fascist Legacy", cui ha fatto seguito una breve conferenza. Presenti personaggi della cultura di rilievo: Costanzo Preve, filosofo, Angelo del Boca, storico e Massimo Sani, regista. Coordinava Massimo Zucchetti, del Politecnico. L'incontro era organizzato dal Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, da SNUR-CGIL Torino e Piemonte, RSU PolitecnicoTorino, Torino Social Forum, Lavoro e società-Cambiare rotta Piemonte, PRC Federazione Torino e Assemblea Antimperialista. Tra il numeroso pubblico, oltre a studenti del quinto anno delle superiori (per la valle di Susa, il liceo di Bussoleno), la signora Rita Comoglio della ANPPIA di Torino e Bruno Carli. Il film, un documento storico prodotto dalla BBC, è stato da oltre dieci anni tradotto in italiano dal regista Sani e consegnato alla RAI, che ne aveva acquistato i diritti sulla versione italiana ma non intende in nessun modo, da dieci anni, mandarlo in onda. Perché? È probabile che cio' non sia ancora "politicamente opportuno", né per la destra al governo, né per quella sinistra che comunque ha spesso appoggiato le iniziative di intervento armato coloniale dell'Italia, già prima del fascismo (le mire coloniali italiane risalgono al 1895 con la dura sconfitta all'Amba Alagi e la conseguente caduta del governo Crispi nel 1896), e che solo due anni fa ha "finalmente" potuto esprimere, in prima persona, queste velleita' occupando "per ragioni umanitarie" la provincia jugoslava del Kosovo, dopo aver partecipato ai bombardamenti sulle infrastrutture e sui centri abitati della Serbia e del Montenegro; d'altronde, soldati italiani sono presenti nei Balcani (Bosnia e Macedonia) gia' da qualche anno. Anche secondo i relatori, l'intervento della NATO per il Kosovo non era dovuto a "ragioni umanitarie" in quanto non era in corso un "genocidio" bensì uno scontro tra esercito e miliziani secessionisti: le ragioni addotte per l'attacco NATO nascondono piuttosto in modo grossolano finalita' di tipo coloniale. La questione dei crimini di guerra e della occupazione militare italiana nei Balcani e' dunque di estrema attualita'. Il film della BBC è diviso in due parti: nella prima sono documentate in modo chiaro e terribile le atrocità commesse dal regio esercito italiano in Africa e poi in Jugoslavia, per reprimere col terrore la resistenza delle popolazioni; nella seconda parte, testimoni, storici, politici e documenti dimostrano la volontà degli alleati, Statunitensi ed Inglesi, di insabbiare le indagini sugli oltre 750 criminali di guerra italiani, colpevoli di numerosi crimini. Duecento i campi di prigionia solo italiani, non tedeschi, nei Balcani, dove si moriva perfino di sete, come a Rab/Arbe! Centinaia di migliaia gli internati (600mila secondo il governo jugoslavo, 250mila accertati per gli storici), donne e bambini compresi, di cui pochissimi i sopravvissuti (perché gli uomini tra i 16 e i 60 anni venivano subito massacrati e uccisi). 750 criminali di guerra italiani, nessuno condannato in Italia, nessuno estradato all'estero. Si dice che cio' fosse necessario in funzione anticomunista, perché era di fatto già iniziata la "guerra fredda". Ora, come hanno ribadito Preve e del Boca, non si tratta solo di ridimensionare il mito degli "italiani brava gente", ne' tantomeno di ridescrivere gli italiani come "cattivi" e fare esercizio di moralismo: è indubbio invece che si debbano conoscere questi fatti e se ne debba comprendere la gravità, perche' un popolo che non conosce la propria storia, e costruisce la propria politica estera sulla falsa coscienza, e' destinato a commettere gli stessi errori e crimini, o a commetterne di ancora piu' gravi. Lo dimostrano le conseguenze dei bombardamenti del 1999, effettuati in spregio alla stessa Costituzione repubblicana, e lo dimostra pure la politica di appoggio ai settori micronazionalisti e secessionisti, eredi dei collaborazionisti locali del nazifascismo, perseguita con grande disinvoltura ed irresponsabilita' in questi anni, grazie ad una furiosa campagna di disinformazione rivolta alla opinione pubblica per manipolarne il consenso. L'incontro si e' concluso con la stesura e la sottoscrizione, da parte di tutti i partecipanti, di un appello rivolto al Presidente della Repubblica affinche' intervenga per "sbloccare" la situazione consentendo la messa in onda del filmato da parte della RAI. (a cura del CNJ - Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia) Scheda filmografica Fascist Legacy (L'eredità del fascismo), Gran Bretagna 1989. 2x50 minuti. Regia: Ken Kirby; consulenza storica: Michael Palumbo; fotografia: Nigel Walters; montaggio: George Farley; voce narrante: Michael Bryant. Documentario prodotto e trasmesso dalla BBC in due puntate, l'1 e 8 novembre 1989, suscitando una protesta da parte dell'ambasciatore italiano a Londra, un'interpellanza parlamentare e articoli apparsi su tutti i maggiori quotidiani italiani (1). Successivamente è stato acquistato dalla RAI che ne ha prodotto una versione italiana che non è mai stata trasmessa. Affronta il tema della rimozione dei crimini sistematicamente commessi dall'Italia fascista nella costruzione del suo impero, in nome della "superiore civiltà italica" e della sua "missione civilizzatrice", in Africa (Libia, Etiopia, Somalia) e nei Balcani (Albania, Jugoslavia e Grecia). Massacri di civili, distruzione di interi villaggi, eliminazione delle élite intellettuali e politiche, uso di armi chimiche, distruzione delle colture e del bestiame per ridurre alla fame la popolazione, deportazioni e campi di concentramento con una mortalità che arrivò sino al 50% degli internati. Una serie di orrori, con un bilancio di morti, arrotondato per difetto, di 300.000 etiopi, 100.000 libici, 100.000 greci e 250.000 jugoslavi. (2) La prima parte, intitolata A Promise Fulfilled (Una promessa mantenuta), documenta questi crimini analizzando quanto avvenne in Etiopia e Jugoslavia. Gli episodi e i luoghi più significativi di questi crimini vengono ripercorsi affiancando alle immagini dell'epoca il racconto di testimoni oculari e il commento di alcuni autorevoli storici, fra cui Angelo Del Boca, Guido Rochat e lo jugoslavo Ivan Kovacic. La seconda, intitolata A Pledge Betrayed (Un'impegno tradito) illustra le ragioni per cui i responsabili di quei crimini non furono mai processati e incriminati, contrariamente agli impegni precentemente presi dagli Alleati, né si sviluppò mai un serio dibattito pubblico che rielaborasse la memoria collettiva di tali eventi, rimasta così ancora oggi abbandonata a un'ambigua mescolanza di rimozione e luoghi comuni ereditati dalla propaganda autoassolutoria del regime. Basandosi principalmente sui documenti della Commissione ONU per i crimini di guerra istitutita nel 1943, lo storico Michael Palumbo ricostruisce come Stati Uniti e Gran Bretagna al termine del conflitto appoggiarono deliberatamente i tentativi di chi in Italia voleva affossare le richieste di processare quei criminali di querra italiani che la stessa commissione ONU riconosceva come tali. Testimoni dell'epoca, come il membro della Commissione ONU Marian Mushkat, l'allora ministro degli esteri jugoslavo Leo Mattes, storici come David Ellwood e Claudio Pavone, affiancano la documentazione fornita da Palumbo nel far luce sulla motivazione fondamentale di questo insabbiamento: condannare i criminali fascisti avrebbe messo in moto in Italia un processo di epurazione che avrebbe indebolito il fronte anticomunista, ritenuto essenziale nella logica della Guerra Fredda. Così nessun criminale venne processato, molti continuarono anzi a ricoprire alte cariche istituzionali. Contestualmente si orchestrò una campagna d'opinione che diffuse quel mito del "bravo italiano" ben rispecchiato anche nel cinema che ha affrontato queste vicende. Film come Mediterraneo (1991), I giorni dell'amore e dell'odio (1999) e il più recente Il mandolino del Capitano Corelli (2001) presentano tutti un'immagine del soldato italiano vittima egli stesso e costituzionalmente incapace di crudeltà. Paradossalmente, il massacro di Cefalonia, cui gli ultimi due film citati sono dedicati, venne a suo tempo insabbiato, come tante altre stragi naziste in Italia, prima ancora che insorgesse l'esigenza di non ostacolare il riarmo della Repubblica Federale Tedesca in funzione del ruolo assegnatogli dal suo ingresso nella NATO, proprio per evitare che questi processi potessero determinare un "effetto boomerang", costituendo un precedente che legittimasse le richieste di processare i criminali di guerra italiani avanzate da Jugoslavia ed Etiopia3. Così, dopo che nel 1953 la pubblicazione sulla rivista "Cinema Nuovo" di una proposta di realizzare un film critico sul comportamento dei soldati italiani in Grecia, che avrebbe dovuto intitolarsi L'armata Sagapò, costò ai suoi promotori Guido Aristarco e Renzo Renzi l'arresto e un processo di fronte a un tribunale militare, un film italiano su questa pagina buia della nostra storia nei Balcani attende ancora di essere fatto. Va ricordato infine come nei confronti dell'Africa il cinema italiano sia riuscito a fare ben di peggio, se si pensa a quel fortunato genere cinematografico di cui negli anni Sessanta sono stati iniziatori Franco Prosperi e Gualtiero Jacopetti con il loro Africa Addio (1966). Un ultimo colpo di coda del razzismo colonialista, sferrato mentre era in atto il processo di decolonizzazione. Un film peraltro prontamente difeso da un autorevole custode della memoria italiana dell'avventura africana come Indro Montanelli. Fra i critici di allora Alessandro Galante Garrone, che in un suo articolo pubblicato su "Cinema Nuovo" nel marzo del 1966, ne denunciava l'ideologia sintetizzandola con il commento espresso all'uscita dei cinema da un suo spettatore ideale: "Quelli sono popoli selvaggi. Avrebbero ancora bisogno di noi bianchi, della nostra civiltà superiore". Va sottolineato come la censura praticata nei confronti di questo documentario, così come quella attuata dieci anni prima e tuttora mantenuta nei confronti del film Omar Mukthar. Lion of the Desert (4), che documentava la brutale repressione nei confronti della resistenza libica all'occupazione fascista, vada inserita all'interno di quella politica della memoria che và dalla storiografia defeliciana all'attuale retorica della riconciliazione nazionale. Denunciare i crimini del colonialismo fascista e l'ideologia razzista che li legittimò, smonta infatti una delle basi su cui tale interpretazione del fascismo si regge, vale a dire la negazione del carattere costitutivamente razzista del fascismo. A tal fine si è in primo luogo tentato di allontanare l'Italia dal "cono d'ombra dell'Olocausto", sino a disegnare un'immagine del fascismo che "come non fu razzista non fu nemmeno antisemita", secondo le celebri formulazioni di De Felice (5). Le leggi razziali del 1938 diventano così un fenomeno importato dalla Germania, da condannare oggi come un semplice errore di percorso o una brutta parentesi, relativizzabile inoltre a fronte delle maggiori atrocità del nazismo. Presunte attenuanti queste, tutte inutilizzabili per assolvere il fascismo da quel razzismo antislavo e coloniale che fu persino sanzionato da una legislazione razziale che precedette quella antiebraica e sostenuto da una propaganda sulla superiorità della razza italica che contribuì a preparare il terreno all'accettazione delle stesse leggi antiebraiche. Da qui la necessità di rimuovere totalmente questo razzismo e le atrocità che esso servì a legittimare (6) .Da qui, anche, la costruzione del mito del "bravo italiano" promossa nel dopoguerra (7), tuttora perfida arma ideologica utilizzata in quel conflitto delle memorie, particolarmente evidente in occasione di celebrazioni come il 25 aprile o il recentemente istituito "Giorno della memoria" (8) e nelle produzioni cinematografiche e televisive italiane di questi ultimi anni, la cui posta in gioco sono gli stessi valori democratici che la lotta contro il fascismo consegnò alla Costituzione dell'Italia repubblicana. Marco Farano NOTE 1. E. Franceschini, L'italia non è innocente, "La Repubblica", 10.11.1988; M. Vignolo, In Tv per gli inglesi i crimini degli italiani in guerra, "Corriere della sera", 10.11.1989; F. Merlo, Ma l'Italia poi voltò pagina, "Corriere della sera", 10.11.1989; L. Maisano, Questi italiani sono stati criminali di guerra, "Il giornale", 10.11.1989; M. Ciriello, La BBC processa i criminali italiani, "La Stampa", 10.11.1989; L. Froni, Crimini di guerra, la BBC accusa, "Il Tempo", 10.11.1989; P. Filo della Torre, Italia, ecco i tuoi crimini di guerra, "La Repubblica", 10.11.1989; R. Caprile, "È vero, e Londra sapeva" gli storici italiani rispondono, "La Repubblica", 10.11.1989; A. Colombo, Criminali brava gente, "Il Manifesto", 10.11.1989; F. Merlo, Crimini di guerra, ora si minimizza, "Corriere della Sera", 11.11.1989; M. Vignolo, Mack Smith: "Gli italiani non hanno colpe, restano brava gente", "Corriere della sera", 11.11.1989; P. Filo della Torre, Italiani suscettibili, "La Repubblica", 11.11.1989; N. Tranfaglia, Tutti assolti, "Repubblica", 12.11.1989; L. Campagnano, Smemorati. Gli italiani e i crimini di guerra, "Il manifesto", 11.11.1989; F. Longo, M. Moder, La lista della vergogna. Quel che non vedremo in tv. Pulizia etnica, genocidio, torture. La BBC accusa i generali italiani, Raiuno censura, "Il manifesto", 23.4.2000; R. Carroll, Italian's bloody secret, "The Guardian", 25.6.2001; M. Cervino, Italiani cattiva gente, "Diario", 7.7.2001. 2. Per quanto riguarda l'Africa si rimanda alle fondamentali ricerche di Angelo Del Boca, per un cui primo approccio si consiglia L'Africa nella coscienza degli italiani, Laterza, 1992 e Le guerre coloniali del fascismo, Laterza, 1991. Per un'introduzione e ulteriori indicazioni bibliografiche si rimanda a Enzo Collotti, Sulla politica di repressione italiana nei balcani in L. Paggi, La memoria del nazismo nell'Europa di oggi, La Nuova Italia, 1997. 3. Vedi in proposito alcune ricerche storiche condotte successivamente alla realizzazione di questo documentario quali: Filippo Focardi, La questione della punizione dei criminali di guerra in Italia dopo la fine del secondo conflitto mondiale, in "Quellen und Forschungen", Deutschen Historischen Institut in Rom, Band 80, Max Niemayer Verlag Tübingen, 2000; F. Focardi e Lutz Klinkhammer, La questione dei "criminali di guerra" italiani e una Commissione di inchiesta dimenticata, in "Storia contemporanea", Anno IV, n° 3, 2001; Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste, Mondadori, 2002. 4. Vedi A. Del Boca, L'Africa nella coscienza degli italiani, cit. pag. 125. 5. Le espressioni citate ricorrono rispettivamente nella celebre intervista di De Felice al "Corriere della Sera" del 27.12.1987 e nell'introduzione all'ultima edizione della sua Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, 1993. 6. Vedi Enzo Collotti, Il razzismo negato in Enzo Collotti, Fascismo e antifascismo. Rimozioni, revisioni, negazioni, Laterza 2000; sui rapporti fra razzismo antisemita e razzismo coloniale in Italia vedi Centro Furio Jesi, La menzogna della razza. Documenti e immagini del razzismo e dell'antisemitismo fascista, Grafis1994 e Alberto Burgio, Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d'Italia 1870-1945, Il Mulino, 1999. 7. Vedi Filippo Focardi, "Bravo italiano" e "cattivo tedesco": riflessioni sulla genesi di due immagini incrociate, in "Storia e memoria", n° 1, Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età contemporanea, 1996 (contenente diversi altri contributi sul tema, in particolare quelli di Brunello Mantelli e Gerhard Schreiber); il tema è ulteriormente sviluppato da Focardi nel suo saggio L'ombra del passato, in "Germania: cultura del ricordo e passato nazista", Istituto per la storia della resistenza e dell'età contemporanea di Modena, 2000. 8. Valga ad esempio la puntuale osservazione polemica di un'autorevole storico della legislazione fascista antiebraica come Michele Sarfatti che ha rilevato come il testo della legge che ha istituito tale ricorrenza non nomini neppure il fascismo, oppure la decisione da parte della RAI di celebrare quest'anno tale ricorrenza con un film su Giorgio Perlasca. [ da: <http://www.arcipelago.org/storie%20italiane/fascist_legacy.htm>http://www.arcipelago.org/storie%20italiane/fascist_legacy.htm ]
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