Guantanamo: una condanna a vita alla sofferenza e al disprezzo



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COMUNICATO STAMPA
CS16-2006

GUANTANAMO: UNA CONDANNA A VITA ALLA SOFFERENZA E AL DISPREZZO

In un nuovo rapporto pubblicato oggi, Amnesty International denuncia che
il centro di detenzione Usa di Guantánamo Bay, Cuba, sta condannando
migliaia di persone nel mondo a una vita di sofferenza, tormento e
disprezzo.

Il rapporto, intitolato 'Guantánamo: vite fatte a pezzi - l'impatto della
detenzione a tempo indeterminato sui prigionieri e sulle loro famiglie',
contiene le testimonianze di ex detenuti e dei loro familiari e descrive
la situazione attuale delle persone ancora a Guantánamo, gli scioperi
della fame in corso e i tentativi di suicidio.

Cinquecento uomini di 35 nazionalita' sono detenuti a Guantánamo Bay.
Decine di loro sono attualmente in sciopero della fame e vi sono stati
numerosi tentativi di suicidio. Nessuno ha beneficiato di una revisione
giudiziaria della legittimita' della propria detenzione. Nove continuano a
essere detenuti nonostante non siano piu' ritenuti dal governo Usa
'combattenti nemici'.

'Per i detenuti e per le loro famiglie, Guantánamo rimane una realta'
durissima. Nonostante l'ampia condanna internazionale, gli Usa proseguono
nel loro intento di privare tutti i prigionieri del diritto di contestare
la detenzione in un tribunale statunitense' - ha detto Susan Lee,
direttrice del Programma Americhe di Amnesty International. 'Le richieste
dei detenuti in sciopero della fame non sono controverse: chiedono che i
loro diritti, basati sulle norme internazionali, siano rispettati; che
vengano rilasciati se non sono accusati di crimini riconosciuti a livello
internazionale; che organizzazioni come Amnesty International possano
incontrarli'.

Secondo le testimonianze raccolte dall'organizzazione per i diritti umani,
varie famiglie che sanno che i loro parenti sono o sono stati in custodia
statunitense, ricevono  comunicazioni scarse o nulle da Guantánamo. Alcune
non sanno neanche dove si trovano i loro cari, o se sono ancora vivi.

Il rapporto di Amnesty International illustra inoltre una condizione di
tormento e disprezzo che non si ferma a Guantánamo. Per alcuni
prigionieri, il trasferimento a Guantánamo non e' stato altro che uno
spostamento da un luogo all'altro di detenzione illegale e a tempo
indeterminato. Per altri, ha significato una detenzione arbitraria,
minacce e maltrattamenti. Anche per coloro che sono ritornati nei loro
paesi di origine e alle loro famiglie, il ricordo fisico e psicologico del
tempo trascorso a Guantánamo continua e il disprezzo, causato dall'essere
stati etichettati dal presidente George W. Bush come 'combattenti nemici'
e 'il peggio del peggio', restera' associato a loro per il resto della
vita.

Nina Odizheva, madre di Ruzlan Odizhev, detenuto russo a Guantánamo, ha
raccontato come il tempo trascorso nel centro di detenzione Usa abbia
irrevocabilmente colpito il figlio: 'E' cambiatoŠ ora e' completamente
malato. Deve prendere medicinali per tutti i suoi organi principali. Cerca
di non mostrarmi o di non dirmi particolari in modo che io non mi arrabbiŠ
non ha mai appetitoŠ e' una persona diversa da prima'.

'L'amministrazione Usa non puo' semplicemente ignorare le conseguenze
delle proprie azioni nei confronti dei detenuti rimandati nei loro paesi
solo per subire ulteriori abusi, una detenzione illegale e la denigrazione
di essere stati etichettati come 'il peggio del peggio'.'
Amnesty International chiede alle autorita' Usa di pubblicare la lista di
tutte le persone detenute a Guantánamo e in altri centri di detenzione;
processare o rilasciare tutti i detenuti di Guantánamo; chiudere
Guantánamo e consentire verifiche indipendenti in tutti i centri di
detenzione Usa; indagare su ogni denuncia di maltrattamenti e torture ai
danni dei detenuti.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 6 febbraio 2006

Il rapporto 'Guantánamo: vite fatte a pezzi - l'impatto della detenzione a
tempo indeterminato sui prigionieri e sulle loro famiglie' e' disponibile
in lingua inglese all'indirizzo
http://web.amnesty.org/library/index/ENGAMR510072006 e presso l'Ufficio
stampa di Amnesty International Italia.
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it











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