Le lobbies



“Le lobbies” di Gigi Graziano, 2002, Biblioteca Essenziale, Ed. Laterza
(dal capitolo 1 - trascrizione e libera sintesi a cura di Leopoldo Bruno) 

Cosa sono le lobbies? Lobbies e società civile

E’ possibile definire lobby o organizzazione lobbistica un qualsivoglia gruppo portatore dell’interesse o della causa da tutelare; lobbista è il personale interno o esterno all’organizzazione attraverso cui si attua tale rappresentanza; lobbismo è l’insieme delle tecniche e delle attività concrete che consentono la rappresentanza politica degli interessi.  
Il lobbying si configura come comunicazione politica.

Il succo del discorso è che il lobbismo, pur prestandosi agli interessi più vari, privilegia quelli più corporativi, i cui vantaggi sono evidenti, diretti, tangibili. Come ha notato J. Gardner: “il problema non è che il lobbying esiste, ma che tutti sono rappresentati salvo il popolo”.

L’arte del lobbying può definirsi un connubio fra moderazione e determinazione; battersi cioè vigorosamente per obiettivi limitati e precisi. 

Nell’immaginario – in prevalenza fino a poco tempo fa – l’azione delle lobbies non godeva di buona stampa e pubblica reputazione. Sia per i luoghi irrituali nei quali opera, come halls di alberghi, corridoi di parlamenti, anticamere di ministri, sia per le pratiche utilizzate come alcol, donne e bustarelle (traduzione del compendio Usa delle tre B: booze, broads, bribes).
Da due opposte letture – lobbying come prevaricazione d’interessi forti ovvero rappresentanza responsabile degli interessi sociali – nasce l’esigenza di definire la fisiologia del fenomeno. Fissare questa fisiologia nonché abusi e squilibri che ce ne allontanano, è l’obiettivo primario dichiarato dall’autore del libro.

In Italia, spesso ancora oggi si intende un’azione senza controlli, intrapresa con ogni mezzo e fuori dalle regole, a cura di chi rappresenta forti interessi economici.
In Usa, a seguito di un percorso lento, tortuoso e non ancora completato, il lobbying viene incluso - in qualità di gruppi d’interesse - nel processo di formazione delle politiche pubbliche e i lobbisti sono considerati dei rappresentanti. L’apporto di expertise al processo decisionale pubblico è riconosciuto. L’autorità statale, i partiti e la mediazione parlamentare rimangono il cardine del gioco democratico. Ma i gruppi d’interesse e di pressione, una volta inquadrati in un esercizio responsabile del potere, sono canali della politica democratica al pari dei partiti. Si possono disconoscere solo a rischio di vederli riemergere in forme corrotte e corruttrici.
Per le lobbies, però bisogna necessariamente aggiungere che il ruolo politico degli interessi e il riconoscimento di tale ruolo devono andare di pari passo con l’istituzionalizzazione di regole condivise. Ciò riguarda specialmente le organizzazioni e il loro personale lobbistico, la cui responsabilità dev’essere proporzionale al proposito, in cui il lobbying consiste, d’influire sulle scelte politiche della società. Rappresentanza è potere e non può esserci in democrazia potere senza responsabilità.

L’esperienza americana è dove la presenza politica dei gruppi – quasi 7.000 attivi a Washington – e la loro incorporazione nell’arsenale della democrazia hanno fatto più passi.
L’altro sistema politico in cui i gruppi d’interesse hanno peso e riconoscimento è Bruxelles. La Commissione europea non potrebbe responsabilmente istruire le iniziative che le competono – regolamenti e nuove politiche comunitarie – senza l’apporto dei gruppi organizzati. Come dichiarato dal Vicesegretario generale della Commissione – Bernhard Zepter: “Le lobbies sono utili alla Commissione perché danno informazioni preziose e perché la loro presenza attesta l’importanza della Commissione.”

L’idea di lobbying come pressione, enfatizzata dal termine gruppi di pressione, è del tutto riduttiva. La pressione è preparata infatti dalla ricerca e dalla messa a punto di una comune linea strategica frutto di confronti, negoziati, compromessi. E sono la comunità e le sue associazioni-leader che se ne fanno carico, con un’azione che è al contempo di accertamento delle diverse posizioni in seno alla lobby, chiarificazione delle opzioni e aggregazione - la più unitaria possibile - degli interessi.
        
L’intervento chiave può avvenire in sede di voto sugli emendamenti. Si prepara un documento che espone testo della legge, emendamenti e ragioni delle modifiche proposte; documenti che colpiscono per la professionalità e rendono i gruppi in tutto e per tutto partecipi della formazione materiale delle leggi. 
In genere è difficile misurare l’impatto delle specifiche campagne lobbistiche.

A parte i vincoli giuridici, vi sono tre condizioni generali di un lobbying soggetto a una cultura responsabile:
1) diffusione delle associazioni come base sociale e volano del lobbying; 2) istituzioni di Governo aperte alle domande della società e capaci di rispondervi responsabilmente; 3) un sistema di gruppi il più pluralista possibile.

L’associazione – come aveva intuito Tocqueville – è forma ideale per riunire forza in condizioni di parità formale fra individui e istituzioni. La grande importanza dell’associazione volontaria, questa creatura della modernità post-rivoluzionaria (1789), non ha altre radici: è forma efficace per riunire persone che prese singolarmente sarebbero impotenti. I gruppi seguono la stessa via, organizzandosi in associazioni e poi associazioni di associazioni. 
Da un lato, il lobbying senza aggregazione di membri, istituzioni, risorse non avrebbe la forza politica di cui abbisogna nel gioco d’influenza in cui si situa; dall’altro, senza il formato associativo i membri avrebbero meno presa sulla delega sottesa a ogni azione organizzata, delega soprattutto allo staff che deve concepire e attuare l’azione politica. Ciò spiega perché l’emergere di obiettivi collettivi abbia generalmente preso la via associativa.           
L’associazione è importante come fatto sociale ma anche organizzativo. Implica e rafforza una cultura della fiducia senza la quale non ci si unisce ad altri; regola il comportamento dei membri contenendo derive clientelari; favorisce il controllo democratico poiché in genere vengono rette in modo poliarchico. Le associazioni sono strutture efficienti di azione collettiva regolata.
Il lobbying richiede uno staff professionale fornito dalle associazioni nei pertinenti campi; l’autorità pubblica non potrebbe trattare con la moltitudine dispersa dei cittadini, ha bisogno d’interlocutori organizzati. Lo staff svolge anche un importante ruolo regolativo, essendo strumento dell’interesse comune dei membri e a contatto quotidiano con l’autorità, è in grado di maturare una visione più chiara del danno collettivo di comportamenti illeciti. Fa maturare le condizioni per la messa in chiaro del contorno tecnico dei problemi e delle risposte operative.
Gruppi più deboli entrano maggiormente in gioco - con l’attività di lobbying e i costi che questa comporta - nel momento in cui l’autorità è ben disposta a prenderli in considerazione, lasciandogli corrispondere l’idea che sia sempre possibile riportare la vittoria ad es. della lotta anti-tabagista contro l’industria del tabacco. Si può così dire che il lobbying – inteso come dialogo efficiente e responsabile - richiede e prospera lì dove vi è: 1) una separazione dei poteri che consente di giocare su una pluralità di centri; 2) un contesto deideologizzato, in cui il partito entra in gioco più per il potere che esercita che per affinità ideologiche; condizione quest’ultima incompatibile con la situazione storica dei partiti politici europei ma sempre meno distante dal clima post-ideologico oggi imperante.      
La giustificazione ultima del ruolo politico degli interessi e l’argine che ne impedisce la degenerazione in fazioni sta nella concorrenza e nell’equilibrio. Affinché il gioco non traligni in accesso privilegiato e indiscriminato al potere, occorre che vi sia un sistema di gruppi e che si guardi ai gruppi come sistema. E’ nel ventaglio complessivo degli interessi organizzati che emergono i limiti di una forma di cui non siamo mai certi quanto sia equa ed inclusiva. 

Vi è chi è pagato per svolgere attività di lobbying come avvocati e consulenti. La gran parte dei gruppi di pressione e di interesse attivi un Ue e in Usa sono espressione di interessi economici di categorie, professioni, industrie, ecc.

Nella Lobbying Disclosure Act del 1995 (la legge Usa – sullo svelamento del lobbying - attualmente in vigore), il lobbista  si divide in due distinte figure professionali 1) in-house lobbyists cioè un dipendente o impiegato interno all’associazione per cui lavora; 2) un lobbista esterno o indipendente, consulente ad es. di uno studio legale ingaggiato per una o più campagne. 

Il contenuto dell’attività o contatto lobbistico consiste in ogni comunicazione orale o scritta fatta per conto del cliente e relativa a una o più delle seguenti finalità: formulazione o adozione di legislazione federale, compresi i progetti di legge; formulazione o adozione di regolamenti amministrativi o ogni altro programma o presa di posizione del Governo; negoziazione di contratti, sovvenzioni, prestiti o licenze; nomine soggette a ratifica senatoriale (ambasciatori, giudici della Corte Suprema e simili).

Il lobbying si distingue dalle PR (Pubbliche Relazioni) sia per il bersaglio (decisori e autorità pubblica e non la generica opinione o il mercato) sia per le finalità (influire e incidere su atti dell’autorità politica).
Il direttore della comunicazione è in genere la figura strategica dell’associazione lobbistica; interagisce con la stampa contribuendo a forgiare immagine e agenda dell’organizzazione; fa da cerniera fra gruppo e discorso pubblico, di cui seleziona i messaggi fornendone una chiave di lettura politica per lo staff.      
Il ventaglio di atti verso i quali il lobbying può essere preordinato prevede: regolamenti amministrativi, programmi e prese di posizione del Governo, contratti e prestiti, nonché l’interesse per nomine soggette al voto senatoriale. Cioè non soltanto attività destinate a esser chiuse in atti formali ma prese di posizione ufficiali.
L’immagine convenzionale è che il lobbying consista nel contattare decisori. La legge vi vede più realisticamente una catena di attività che si snoda in più fasi burocratiche di cui l’esternazione non è che l’ultima. Comprende: preparazione, pianificazione, attività di ricerca e collegamento con altre lobbies; l’intero processo di formazione quindi della volontà e della strategia lobbistica.     
Il lobbying è in effetti attività di coordinamento a fini strategici che si avvale di tutta una serie di passaggi e competenze propedeutiche alla vera e propria rappresentanza. In Usa, i destinatari sono tanto l’Esecutivo che il Congresso. Quanto al primo, vanno inclusi: Presidente, Vicepresidente, funzionari dell’Ufficio esecutivo del Presidente; nonché l’insieme di organi che fa da supporto alla leadership presidenziale come: il Consiglio Nazionale della Sicurezza, l’Ufficio dei consiglieri economici e, importantissimo per i lobbisti, l’Office of Management and Budget (OMB) che prepara annualmente il bilancio. Le legge comprende i membri delle Forze Armate al di sopra di un certo grado e ogni funzionario con mansioni di natura confidenziale; chi insomma sta dietro le decisioni.
Quanto al Congresso, la legge Usa include fra i destinatari del lobbying i membri stessi del Congresso, il loro staff, quello delle Commissioni, funzionari di Camera e Senato.

Esistono meccanismi tendenti a far rientrare l’azione lobbistica entro l’alveo di tecniche codificate, qui di seguito soltanto elencate. A parte le audizioni, che rappresentano il principale canale di dialogo con le istituzioni, le tecniche più usate sono: rapporti faccia-a-faccia; grass-roots lobbying o lobbying indiretto; coalizioni; finanziamenti elettorali. Si tratta di quattro modalità che in varia combinazione entrano tutte nell’arsenale dei lobbisti.