Iraq: missione italiana sotto inchiesta



*Un ponte per...*
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Si dovrà votare entro breve il nuovo rifinanziamento della missione
italiana in Iraq, la cui proroga è scaduta il 31 dicembre. Sarà più
difficile però per il governo italiano presentare la necessità di
finanziare una "missione di pace" che ha tra i suoi compiti la tutela
del patrimonio iracheno e la requisizione di armi da guerra. Il 4
gennaio 2006 la procura militare ha aperto una inchiesta su quattro
ufficiali della Brigata "Pozzuolo del Friuli" per peculato, introduzione
e detenzione clandestina di armi da guerra. Nel corso di perquisizioni
in abitazioni private sono stati rinvenuti reperti archeologici.

Tutto materiale proveniente dall'Iraq. La Brigata "Pozzuolo del Friuli"
ha infatti partecipato alla missione "Antica Babilonia" dal maggio al
settembre 2004, e il materiale che è stato rinvenuto nella caserma
Berghinz di Udine oltre cento tra kalashnikov, pistole semiautomatiche,
mitragliatrici, lanciarazzi Rpg e fucili da cecchino è stato prelevato
dal teatro iracheno. Sarà difficile, secondo Giovanni Bernardi
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dichiarare questa come "l'iniziativa di un singolo": "Il singolo che ha
l'iniziativa di portare nel proprio bagaglio o con sé materiale di
armamento, non ci riesce, perché prima di rientrare da un teatro
operativo, passa, così come facciamo noi all'aeroporto, da un metal
detector. Il metal detector controlla sia i bagagli sia l'individuo e
quindi non è possibile che il singolo abbia questa iniziativa:
senz'altro è una iniziativa di reparto".

Una brutta storia per la missione italiana, alla quale si aggiunge, sul
piano strettamente militare, Paul Bremer, il governatore americano che
ha guidato il governo dopo la presa di Baghdad esprime giudizio negativo
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sull'operato dei militari a Nassirya. Nel suo libro "Il mio anno In
Iraq" , appena pubblicato, così viene liquidata la missione italiana:
"Il nostro ufficio di Nassiriya è stato quasi sopraffatto perché la
Forza di Intervento Rapido dell'Italia ha impiegato sette ore per fare
un percorso di poche miglia. Siamo stati costretti ad abbassare la
bandiera ieri". Il libro di Bremer non mette sotto accusa solo gli
italiani, ma più in genere i membri della coalizione, a dispetto di
quanto riportato dai media dei singoli paesi sul comportamento dei loro
eserciti. Ma la guerra raccontata dai giornali e dalle televisioni e la
guerra realmente vissuta, da una o dall'altra parte, raramente collimano.

Sue Smith, madre di un soldato britannico ucciso in Iraq, sintetizza
così la situazione parlando delle centinaia di soldati feriti
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" Il governo pensa che l'ignoranza sia felicità estrema. Se si tiene la
gente all'oscuro, non farà domande. Che possibilità ha il pubblico
britannico di prendere una decisione quando tutto viene nascosto? Perché
lo stanno nascondendo? Se io so tutto su 12 [persone] che hanno perso le
gambe e le braccia, perché il pubblico non lo sa?". Come nei media
occidentali, anche nei media iracheni si paga il prezzo del silenzio
governativo, o peggio ancora quello della sua sola voce: Charles
Levinson, del Christian Science Monitor
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racconta che il maggior gruppo editoriale iracheno, IMN, proprietario
della rete televisiva Al Iraqiya, è ormai sotto il controllo del Primo
Ministro sciita, Ibrahim al Ja'afari. "Il suo ufficio … ha lavorato per
trasformare i vari media dell'IMN in portavoce delle sue politiche e
degli alleati del partito al Da'wa, assumendo e licenziando redattori, e
dirigendo la politica editoriale".

Nel frattempo sono diventate di pubblico dominio le notizie
dell'influenza statunitense sui media iracheni, che non si è limitata
solo ai quotidiani, ma ha coinvolto anche stazioni televisive
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e persino alcuni leader religiosi . Dignitari, sceicchi ed ulema della
provincia di Nineveh
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nel denunciare la pesante situazione della loro provincia, sottoposta ai
continui raid delle forze sia statunitensi sia irachene, sottolineano
come:"il governo iracheno è complice in tutti questi crimini,
nell'assenza dei media, e in particolare per l'uccisione e il rapimento
di giornalisti da parte di mercenari dell'occupazione, dopo aver
terrorizzato ed escluso stazioni satellitari e arabe ed i media
internazionali, impedendo di riferire su quel che sta accadendo, per
consentire il massacro del popolo iracheno senza testimoni".

Non mancano solo le infrastrutture
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in Iraq, mancano le libertà fondamentali e quella della libera
espressione è una di queste: si viene condannati a trenta anni
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di prigione per aver diffamato il leader curdo Massud Barzani, si viene
prelevati dalla propria casa
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distruggendo tutto per uno "sbaglio di persona" . Si viene guardati con
sospetto perché si è "testimoni". Era un testimone anche Alan,
l'interprete e fixer iracheno della giornalista Jill Carrol. Il 7
gennaio è stato ucciso nel quartiere di al Adil, e la sua collega
americana rapita.Prima di lavorare come interprete, aveva un negozio di
dischi, che era anche un luogo di ritrovo per i ragazzi e le ragazze di
Baghdad. Basta leggere il tenerissimo ricordo che ne dà Riverbend nel
suo blog
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per capire quanto la guerra e l'occupazione abbiano, a lui e agli altri,
rubato il futuro. [AT]

Fonte: Osservatorio Iraq
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