28/01 Roma: Informazione-ideologia-guerra







Informazione-ideologia-guerra
Un momento di confronto nel movimento nowar con il mondo dell’informazione

Forum
Roma, 28 gennaio, ore 10.00-18.00
(centro congressi Cavour, via Cavour 50/A)



Fino ad ora hanno assicurato la loro partecipazione:

Giulietto Chiesa, Maurizio Torrealta, Umberto Zona, Paolo Serventi Longhi,
Vladimiro Giacchè, Jurgen Elsaesser, Antonello Petrillo, Stefano Chiarini,
Maurizio Musolino, Sergio Cararo, Alberto Burgio, Manlio Dinucci, Roberto
Taddeo, Valter Lorenzi, Alessandro Bombassei, mediattivisti e attivisti del
movimento contro la guerra.

traccia per la discussione

Sul piano dei mezzi di comunicazione di massa, spesso anche nel movimento e
nella sinistra c’è una posizione consolatoria e remissiva. Ci si lamenta
della disinformazione e si addebita a questa molte che invece sono
responsabilità della “politica”
La questione che sta emergendo non è solo quella delle menzogne di guerra,
sulle quali si è rivelata una contraddizione/debolezza politica di gestione
dei governi della guerra e della informazione “arruolata”. Sulla guerra
questo atteggiamento è contraddetto ad esempio dall’orientamento
maggioritario dell’opinione pubblica che, nonostante la informazione
“embedded”, si schiera contro la guerra e vuole il ritiro delle truppe
(vedi gli USA ma anche l’Italia e la Gran Bretagna). Non solo. La
straordinaria socializzazione del video sulla strage di Falluja trasmesso
da RAI News e ritrasmesso in centinaia di assemblee locali, ha incontrato
un'accoglienza superiore alle aspettative. Il problema dunque è la politica
e non l’informazione.


Nel nostro paese esiste ed opera un sistema di guerra bipartizan che sta
lavorando per mantenere la presenza militare straniera in Iraq, ha
abbondantemente metabolizzato la guerra contro la Jugoslavia, sta
metabolizzando la preparazione e la gestione di nuove possibili guerre
contro l’Iran e la Siria, sta sperimentando una “operazione umanitaria” in
Darfur e dopodomani chissà dove. Su tutto grava poi la consapevolezza del
rischio di uno scenario londinese o madrileno anche in Italia. Le reazioni
– come è noto – sono state diverse. Positive nel caso spagnolo, devastanti
per il movimento contro la guerra in Gran Bretagna. Sulla capacità del
movimento di giocare d’anticipo su questi scenari, possiamo anche noi
sperimentare una capacità di autonomia, resistenza e contrattacco politico
sul piano dell’informazione che inchiodi il governo della guerra (e i suoi
alleati nell’opposizione) alle proprie responsabilità?


Il clima di repressione preventiva e di islamofobia manipola la realtà e
mobilita la paura. La caccia all’islamico sta occultando il fatto che le
uniche stragi in Italia fino ad oggi non le hanno compiute gli islamici ma
uomini “battezzati” e legati in gran parte agli USA. Che fine ha fatto ad
esempio la recente inchiesta sulla DSSA, la polizia parallela che ha
invocato il segreto NATO? I due agenti speciali inglesi "beccati" a Bassora
con l’auto piena di armi ed esplosivi offrono un’altra versione degli
attentati nei mercati iracheni? Quanto c’è da scavare sulla politica degli
attentati? Come mai nessuno si prende la briga di andare più a fondo e si
accontenta di una chiave di lettura che al massimo arriva alla
semplificazione della “spirale guerra-terrorismo”?


Dobbiamo cominciare a delineare una strategia di attacco dei movimenti sul
piano dell’informazione.
a) Il primo problema è l’autonomia critica rispetto a quello che ci viene
propinato. In tal senso, partendo dall’assunto che “tutto quello che ci
dicono è falso", spetta a loro (i guerrafondai) dimostrare il contrario.
Questo implica un livello alto di autonomia e alterità nel rapporto con
l’informazione, propedeutico alla ricerca ed alla circolazione di fonti di
informazione alternative a quelle esistenti ma che diventano “consolatorie”
e insufficenti se non precedute da una rottura netta con l’informazione
ufficiale.
b) Il secondo problema attiene alla resistenza contro quello che Giulietto
Chiesa definisce lo “tsunami informativo”. Anche qui è la politica che
decide. Allo tsunami si resiste o ci si lascia trascinare sulla base del
posizionamento politico. Fassino, per fare un esempio – accreditando la
legittimità delle elezioni irachene e le sue percentuali – non è stato una
vittima dello tsunami informativo ma se ne è collocato al suo epicentro
sulla base di una riflessione e una posizione politica.


Il forum che intendiamo promuovere, intende essere un momento alto di
confronto tra movimento contro la guerra e quei pezzi del mondo
dell’informazione più avanzati ed autonomi, sia per delineare un’alleanza
importante sia per cominciare a fornire alcuni strumenti di crescita
culturale e politica dell’autonomia dei movimenti stessi.

Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall'Iraq; Radio
Città Aperta