La triste epopea senza volto - Lettera aperta al movimento dei movimenti




La triste epopea senza volto

Lettera aperta al movimento dei movimenti



Abbiamo atteso invano fino ad oggi, giorno delle primarie del
centrosinistra, una voce, magari flebile, magari isolata che indicasse
nella vicenda dei "senza volto" qualcosa che ci riguarda tutti.

Qualcuno o qualcosa, all'interno del movimento, che si interrogasse o si
esprimesse su un passamontagna arcobaleno candidato presidente del
consiglio.

Abbiamo partecipato alle occupazioni delle Università e dei centri sociali
negli anni '90. Abbiamo lavorato pazientemente in quelle associazioni che
hanno contribuito a costruire l'humus culturale di  Seattle. Eravamo nelle
strade di Genova, di Ginevra, di Praga e nelle assemblee dei movimenti
sociali a Porto Alegre, a Parigi, a Londra. Abbiamo manifestato ed agito
concretamente contro le barbarie delle guerre in Serbia, Afghanistan, Iraq.

Siamo  piccoli pezzi di quella moltitudine che, costruendo Genova, è
arrivata ben più lontano: far irrompere, sulla scena, un nuovo attore
sociale e politico che, dal confronto delle differenze, ha tratto una forza
inaspettata. Un movimento che voleva esser capace,  in nome di un comune
progetto di trasformazione sociale, di fare proprie e rivendicare azioni e
modalità profondamente diverse tra loro. Una prassi fondata sulla
responsabilità collettiva.

Che ne è oggi di tutto questo? Forse siamo noi che ci siamo svegliati dal
letargo, in una autunnale mattina di sole, a causa del brusio di una
"collettiva esercitazione democratica". Forse immersi in un sonno profondo
abbiamo mancato le riflessioni sul significato delle primarie per il
movimento. O forse le riflessioni non ci sono mai state e ci stordisce
l'assordante silenzio di fronte alla partecipazione schizofrenica alle
primarie dell'Unione, dell'uomo senza volto e gentile signora. Anche
riuscendo a mettere da parte il desiderio di scavare una buca e seppellirsi
vivi di fronte ai siparietti televisivi e di piazza dell'espediente
disobbediente, resta il dato oggettivo: quel copricapo, quei colori, quel
linguaggio sono patrimonio collettivo, fanno parte della nostra storia
comune,  e sono simboli che in qualche modo ci identificano all'esterno. La
candidatura Panzino detta Senza Volto non è quindi una questione "privata"
di una componente politica, ma ci riguarda tutti. E tutti dovremmo
interrogarci ed esprimerci su quanto questa avventura burlesca possa
aiutare il movimento a ritrovare nuova linfa e a ricercare una nuova
collocazione.

Non aiutano di certo tre vuote parole d'ordine ripetute meccanicamente e
all'infinito. Non aiutano i prestanome, come non aiutano i balletti "
attraversiamo le primarie ma non stiamo con l'Unione. Svergogniamo,
smascheriamo un sistema che non riconosciamo. Votate per noi ma i partiti
sono morti con il 900". Probabilmente ciò di cui avremmo bisogno è una
riflessione ampia e condivisa in grado di superare le ambiguità della
rappresentanza. Il movimento vuole mantenere il suo carattere antagonista e
(passateci il termine un po' retrò) extraparlamentare? O vuole dotarsi di
una rappresentanza? E in tal caso, attraverso l'alleanza con i partiti
della sinistra radicale, o tramite un nuovo soggetto politico?

Se si riuscirà a riaprire spazi di dialogo e confronto ed a rispondere
insieme ad alcune di queste domande, se si ricomincerà a ragionare in
maniera collettiva e non particolaristica, se si imparerà a non cedere al
fascino del mainstream mediatico per esserne puntualmente stritolati,
allora forse riusciremo a non disperdere il patrimonio di esperienze,
valori, sperimentazione che abbiamo fin qui costruito e a trovare nuove
strade da percorrere.



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