Fw: Le tante facce dell'islam italiano



Islam d'Italia
Inchiesta su una realtà in crescita
di Angela Lano

244 pag. 9,50 euro
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INDAGINE
Non solo integralismo, ma anche scelta di rispettare le nostre leggi. Fra i
giovani la voglia di dialogo convive con la tensione coi genitori. Rimane
il rischio del fanatismo. Dopo il caso dell’imam di Torino una ricerca fa
discutere

Le tante facce dell'islam italiano

Di Paolo Lambruschi

Islam fai da te e pluralista, a più di 30 anni dal suo sbarco nel nostro
Paese. Premessa forse di un islam italiano moderato e occidentale, che deve
risolvere molte contraddizioni. Dove l'influenza degli integralisti è
innegabile, ma non dominante e la comunità islamica è scossa da contrasti
tra capi indulgenti verso la violenza e moderati che impedisce di capire
chi veramente la rappresenta. Una galassia ancora sfocata e variegata. Che
gli stessi leader mediatici, spesso autoreferenziali e a dir poco ambigui,
come il marocchino Bouriqi Bouchta, autoproclamatosi imam di Torino e
recentemente espulso in applicazione del decreto Pisanu contro il
terrorismo, contribuiscono a screditare. Dove non mancano delinquenti e
fanatici. Ma che in massa rifiuta il terrorismo e non segue i suoi capi
religiosi, visto che il 95% del milione e trecentomila islamici in Italia
non va in moschea al venerdì, spesso è indifferente alla pratica religiosa
quotidiana o vive la religione come appartenenza culturale. Angela Lano,
mediatrice culturale e giornalista torinese, collaboratrice di numerose
testate tra cui il quotidiano «la Repubblica» e la rivista dei Missionari
della Consolata, ha realizzato una documentata indagine pubblicata oggi
dalle Paoline Islam d'Italia, inchiesta su una realtà in crescita (pagine
242, euro 9,50). Il libro compone il mosaico dell'Islam italiano, quello
delle moschee e dei circoli sufi, quello cresciuto con le macellerie
islamiche e i phone center, disegnando con volti e testimonianze le nuove
geografie umane di metropoli come Torino, Milano, Roma, Genova, Napoli. Non
c'è indulgenza nell'opera. Che certo non sostiene la tesi dello scontro di
civiltà, anche se ammette che per molti islamici l'Occidente esprime solo
un vuoto di valori. Ma ha il coraggio esprimere anche giudizi divergenti da
quelli per esempio di Magdi Allam. Il quale è critico nei confronti degli
imam e delle comunità dell'Ucoii, legati ai Fratelli musulmani, quindi
ritenuti ambigui verso il terrorismo, mentre Angela Lano li presenta in una
luce dialogante. Hamza Piccardo, segretario dell'Ucoii, in una lunga
intervista ricorda qui la devozione islamica per Gesù e la Madonna, esprime
idee molto affini alla sinistra new global e puntualizza come le comunità
islamiche si siano da anni impegnate a chiedere ai propri membri di
rispettare leggi e costumi dei Paesi ospitanti, a integrarsi e a respingere
le violenza.
Il problema per l'autrice è l'islamismo, cioè l'elevazione della fede a
ideologia politica. Tuttavia non fa sconti a tipi come Bouchta, che a
Torino dal 1998 al 2003, fece carriera tra Porta Palazzo e San Salvario
assumendo atteggiamenti intolleranti contro altri leader religiosi aperti
al dialogo, che ha dimostrato di amare troppo la ribalta televisiva e le
dichiarazioni conniventi verso il terrorismo.
Un capitolo a parte meritano i giovani, la seconda generazione così temuta
dopo gli attentati di due mesi fa a Londra compiuti da kamikaze
naturalizzati britannici. Il loro ritratto segue un filo conduttore che si
ripropone per tutto il volume: statisticamente, aumentando il livello di
censo, reddito e istruzione, cresce il grado di integrazione nella nostra
società e diminuiscono i conflitti familiari e sociali. Ecco allora un
quadro di dialogo e di integrazione nelle aule universitarie, che però si
deteriora nelle scuole medie e superiori di periferia dove per i maschi il
futuro è il lavoro nero o sottopagato e per le donne una vita in casa. Ecco
allora la ribellione. Cita il caso di Hinda, 19 anni, atea dichiarata,
milanese, presa a pugni dal padre per il suo abbigliamento occidentale. O
di Nadia, adolescente che da grande vuole essere solo italiana per sentirsi
accettata dai compagni. E contrappone loro Iman, universitaria, che spiega
così la sua libera scelta di mettere il foulard, lo hijab: «La tua identità
nessuno può cancellarla, io sono italiana di origine siriana». Interessante
il quadro di Milano, capitale intellettuale dell'Islam italiano. Si va dai
circoli del sufismo frequentati da convertiti come il Coreis della famiglia
Pallavicini a Milano, ben inserito nel panorama politico e culturale, a
forte impronta ecumenica, alla moschea di viale Jenner che, secondo il
presidente del circolo islamico Hamid Shaari (definito «l'uomo giusto nel
posto sbagliato»), gode di cattiva fama per la sua opposizione negli anni
90 al governo egiziano, che lo avrebbe screditato a Roma.
Fa paura l'Islam italiano? No, anche se non bisogna scivolare nel buonismo
per avviare il dialogo. Meglio non scordare l'inquietante profezia del
giurista milanese convertito Rosario Abdurrahman Pasquini, ex imam della
moschea di Segrate: «L'Europa stessa diverrà musulmana quando prenderà
coscienza del fallimento di tutte le ideologie umane. Sarà un processo
analogo a quello della cristianizzazione dell'Impero romano».

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