La farsa del G8...



Umanità Nova, numero 26 del 17 luglio 2005, Anno 85

Guerra Mondiale
Gli 8 nani, la farsa crudele del G8, i morti di Londra



Se non ci fossero decine di morti e centinaia di feriti, la tentazione di
ricavare la trama di un film visto troppe volte sarebbe forte. Come ogni
buon film di rispetto, lo spettacolo è connaturato alla finzione, mentre la
realtà si svolge fuori scena, invisibile agli occhi di tutti. Partiamo da
quest'ultima. A differenza di Bob Geldorf – sì, quello che organizza i mega
concerti mondiali con le majors che fanno pagare 20 euro un cd che costa
qualche decina di centesimi, quello che riunisce i Pink Floyd a
sessant'anni e fa cantare l'ex moglie del boss della Sony, nota fan
dell'Africa e degli africani, quello che coerentemente, da baronetto, bolla
da idioti tutti coloro che non organizzano concerti per far conoscere
quello che tutto il mondo vede da decenni: l'Africa sta morendo e tutti se
ne sbattono, eccetto Bob Geldorf e i suoi amici, come l'ex Segretario al
Tesoro di Bush, tale O'Neill che l'ha visitata rigorosamente dopo le
dimissioni, con Bono come guida… - a differen! za di Geldorf, gli 8 Nani
sanno che non possono risolvere alcunché, loro otto, chiusi in una stanza,
come auspicava lo slogan più gettonato dell'Live8, questo sì veramente
stupido e idiota, a rafforzare la delega mondiale al G8.

Lo sanno perché si sentono e si parlano ogni giorno, a differenza dei vari
no global e black bloc che ormai si fanno vivi solo quando sono invitati; e
sanno che sul clima non intendono recedere dal loro stile di vita – il loro
way of life, dispendioso, dissipante, straripante, depredante energia
altrui – mentre sull'Africa i saldi di fine stagione, i 40 mld $ di
cancellazione del debito estero di alcuni dei paesi più poveri e più
ossequiosi alla Banca Mondiale, stanno già per essere rimessi in
discussione, primo da Berlusconi che non sa dove prendere i mld necessari
per portare l'Italia allo 0,70% del pil in APS, senza toglierli o a se
stesso, o alla difesa per le operazioni umanitarie di pace, o dalle tasche
già svuotate dei cittadini.

Come rimediare allora alla insignificanza di un vertice agli occhi del
mondo che si aspetta fiducioso un gesto solenne, un atto importante, tali
da giustificare la delega perenne e l'attesa messianica verso gli 8 Nani?
Quale trovata spettacolare inventarsi per spostare l'attenzione dal
fallimento, ossia dal successo di una politica reale che deve dissimularsi
dietro la politica spettacolare dei concerti, dei comunicati sintetici di
fine summit, delle vetrine rotte nelle manifestazioni di massa, guastate da
pochi facinorosi, come puntualmente registrano i media servili?

Sete di potere: se al Qa'da non ci fosse la inventerebbero

Se non ci fossero decine di morti e centinaia di feriti, l'attentato di
Londra cadrebbe a fagiolo, non a ostacolare gli 8 Nani, quanto a
rinforzarli, colmando il loro vuoto politico – e il loro pieno militare –
di ulteriori motivi emotivi e ragionevoli per militarizzare oltremodo le
nostre società e tutelare quel way of life responsabile del terrore e del
controterrore, nonché della povertà della stragrande maggioranza del
pianeta: che senso ha rimediare all'inquinamento prodotto dall'energia
petrolifera che buca lo strato di ozono creando l'effetto serra,
l'innalzamento climatico, riparandosi sotto l'ala del nucleare, dato che
ogni centrale, tra l'altro potenziale bersaglio di terroristi e fanatici
vari, andrebbe sottoposta a controlli militari ad ampio raggio? E come
giustificare ancora l'introduzione di sempre più sofisticati apparati di
controllo a distanza, di individuazione elettronica e biometria, di
passaporti sempre più sensibili a diavolerie computerizzate e
individualizzate, addirittura della carta di identità inglese da poco
varata dal Parlamento inglese con l'opposizione di parte dei conservatori,
perbacco, gelosi della tradizionale privacy british, se non dietro l'ondata
che spazza via vite umane, come sacrificate sull'altare della sete di
potere, democratico o fondamentalista poco importa, vista ormai la sottile
distinzione accademica, ma uniti nel loro illiberalismo tout court.

Se non ci fosse al Qa'ida occorrerebbe inventarla, del resto la sua
esistenza è virtuale, reticolare, federalista, a quanto dicono gli esperti
di invenzione di massa. Certo, nel nostro piccolo, la federazione informale
può essere un giochetto nostrano che a stento funziona, a meno che non ci
scappi prima o poi il morto anche qui. Tuttavia pochi si farebbero
infinocchiare, meglio puntare sul terrorismo internazionale, sul nuovo
Carlos degli anni '70, oggi patetica figura in galera su cui nessuno
giocherebbe un dollaro bucato sul tavolino della georoulette planetaria.
Eppure Carlos era l'antesignano di Osama bin Ladin, onesto artigiano nelle
mani di intelligence varie aduse a seminare morte (possibilmente altrui)
pur di raggiungere i propri obiettivi politici senza scrupoli moralistici.
E in questo, alla politica come chiave del terrore dell'era del
bipolarismo, oggi corrisponde la religione come cifra della
globalizzazione, potente leva di fanatismo (nemmeno la politica es! t/ovest
di ieri scherzava, però) e di reclutamento a buon mercato, tanto poveri e
disperati sono prodotti intimamente legati al modo di produzione
geopolitico del capitalismo finanziario e mediatico.

Patto di sangue

Ecco allora l'unilateralismo neocon, il multilateralismo neolab, la
complicità teocon, stretti in un patto implicito e indicibile di sangue
umano, quello necessario a tenere buoni i popoli, ricchi e poveri, belli e
brutti, sottomessi ai rispettivi leader nazionali nonché agli equilibri
mondiali del terrore permanente. Del resto, pandemie, povertà,
sottonutrizione, conflitti genocidari e guerre preventive, producono morte
dappertutto e con cifre mostruose, al cui confronto, ammesso che sia
lecito, i 4mila delle twin towers sono effetti collaterali – non si dice
così, è vero? - di una guerra mondiale duratura ormai da decenni, se non da
oltre cinque secoli… Beninteso, guai a far vedere e toccare con mano, tutto
ciò, l'autocensura dei media dei padroni è coerente e così nell'epoca del
grande fratello (non Orwell, il reality show!) in cui mettono le telecamere
pure nel cesso, figurati se ne trovi una a Falluja a contare i morti del
terrore a stelle e strisce – le democrazie n! on fanno guerre, ammoniscono
gli intellettuali da sempre organici al potere del più forte – o a far
vedere i corpi dilaniati dai bombardamenti a distanza dai cieli, o a
mostrare i cadaveri straziati nel metro londinese. Nulla di tutto questo,
se non la spiata su chi c'era al matrimonio di Totti…

Terrore e oppressione

Come guerra chiama guerra, così bombe chiamano bombe, dopo Madrid e Londra,
tocca a Copenhagen e Roma, a sentire la grancassa delle cassandre
cointeressate a bilanciare terrore e controterrore, tanto sempre di élite
in cerca di potere si tratta. L'unico disegno politico del controterrore è
far avvicinare il fronte militare nei pressi se non all'interno della
società civile dei paesi, visto che il terrore statuale ha già di fatto
annichilito le società civili di paesi spazzati da guerre endemiche (si
veda il conflitto mediorientale, dove Palestina e Israele sono ormai da
decenni nelle mani di élite corrotte, sanguinarie, incivili, illiberali,
secondo uno standard da manuale accademico, tanto ormai non ci credono
nemmeno gli studenti di primo anno alle favole dei manuali di scienza
politica). Così la politica ha globalizzato il pianeta, all'insegna della
soggezione intimorita come nemmeno avrebbe saputo immaginare il buon Hobbes
con il suo bellum omnium contra omnes, da cui! nasceva la cessione di
libertà in cambio di sicurezza, esattamente come predicano oggi i difensori
della esigenza sicuritaria, tanto a destra quanto a sinistra di ogni
emiciclo parlamentare. Del resto, come fare a perpetuare i privilegi del
20% dell'umanità che depreda l'80% delle risorse se non spegnendo le
coscienze al loro sorgere, con l'ottundimento mediatico, con la
repressione, con il ricatto della guerra?

Beninteso, facile è ragionare criticamente senza essere bombardati da
cinquemila o all'improvviso in un vagone di metro, e la stretta mortale
proprio l'impossibilità della critica ha per obiettivo politico di lungo
termine, seminando quel terrore anticamera di ogni oppressione salda perché
invocata dalle masse terrorizzate.

Salvo Vaccaro





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