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Thailandia: migliaia di buddisti in fuga
- Subject: Thailandia: migliaia di buddisti in fuga
- From: "Gagliardii Angelica" <angelicagagliardi at libero.it>
- Date: Tue, 12 Jul 2005 20:49:17 +0200
Migliaia di buddisti hanno lasciato il sud della Thailandia a causa delle violenze che hanno colpito la regione a partire dal gennaio 2004. A riferirlo è il governo di Bangkok: negli ultimi sei mesi oltre 34.500 persone hanno abbandonato le province di Narathinat, Pattani, Songhkla e Yala, dove i radicali musulmani continuano a sferrare attacchi contro la comunità buddista: decapitazioni, bombe nei mercati e incendi di edifici pubblici a cui le autorità hanno risposto con l'instaurazione di uno stato di polizia e una dura repressione. Nelle estreme province tailandesi, al confine con la Malesia, è in corso un vero e proprio conflitto che ha provocato finora - nell'indifferenza della comunità internazionale - 880 morti e 1500 feriti. L'esodo degli insegnanti. Tra le persone in fuga ci sono molti insegnanti che sono considerati dai militanti islamici un simbolo dell'establishment tailandese e possono rappresentare quindi un possibile obiettivo degli attacchi. "Gli insegnanti sono terrorizzati e abbattuti perché almeno 24 loro colleghi sono già stati uccisi negli ultimi mesi", ha dichiarato il ministro dell'Educazione Adisai Bodhamirik. "Per questo vogliono lasciare la regione e noi non possiamo fermarli". Il governo, infatti, ha già predisposto il trasferimento di 2700 maestri delle scuole pubbliche che saranno sostituiti da volontari. Una misura discutibile come quella ancor più eclatante di permettere loro di portare armi in classe: in particolare il kit di difesa prevede pistole di seconda mano e giubbotti antiproiettili. Oltre a qualche ora di addestramento con soldati dell'esercito. La repressione del governo. Il sud del Paese rischia così di diventare un far west, mentre il pugno di ferro imposto dal primo ministro Thaksin Shinawatra non riesce a tenere la situazione sotto controllo. Circa duecento vittime sono state causate dalla stessa polizia in due interventi repressivi che sono stati condannati dalle organizzazioni umanitarie di tutto il mondo. Il 28 aprile 2004 la polizia ha ucciso un centinaio di insorti, dopo che erano state attaccate e saccheggiate diverse basi delle forze dell'ordine. Quello stesso giorno è stata rasa al suolo anche una moschea dove si erano rifugiati e hanno poi perso la vita almeno trenta militanti islamici. Tra le vittime c'erano molti giovanissimi, tra i quindici e i venticinque anni. Il 25 ottobre 2004, invece, è ricordato come il giorno del massacro di Tak Bai, un villaggio della provincia di Narathiwat dove la polizia, nel tentativo di fermare una manifestazione pacifica, ha provocato la morte di 86 persone. Centinaia di musulmani stavano dimostrando per la liberazione dal carcere di alcuni concittadini accusati di terrorismo, quando le forze dell'ordine hanno cominciato a sparare contro di loro e a caricarne una gran parte sulle camionette. Sette uomini sono caduti per i colpi d'arma da fuoco, altri 78 sono soffocati dopo essere stati ammassati a decine dentro i furgoni della polizia. Le radici del conflitto. Le ragioni delle violenze non sono chiare. Secondo il governo i militanti musulmani apparterrebbero a gruppi separatisti che erano attivi nell'area fino a metà anni Ottanta. Non si esclude inoltre che i ribelli possano avere legami con altri movimenti islamici di guerriglia del Sud est asiatico. Nelle ultime sei settimane sono stati decapitati sette civili e il ministro della Difesa Gen Thammarak Isarangura ha azzardato un paragone: "Gli insorti stanno emulando le decapitazioni irachene per terrorizzare la gente". Un'affermazione che rimanda all'ipotesi di un fondamentalismo importato a cui i militanti tailandesi potrebbero aderire, come altri guerriglieri dell'Estremo Oriente. Unica cosa certa intanto è che il sud della Thailandia, dove si concentra il 4 per cento della minoranza musulmana del Paese prevalentemente buddista, è la regione tailandese più emarginata e povera e dove è più forte il malcontento verso il governo. Qui il 70 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà, mentre imperversano corruzione, traffico di stupefacenti, criminalità e prostituzione. (Francesca Lancini) Da: http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=3164
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