Aggiornamento Nablus



Ricevo dai volontari/ie del Presidio di Nablus nuovi aggiornamenti sul villaggio di Marda.


Nablus, 7 giugno.

A distanza di due giorni ci troviamo nuovamente a scrivere di Marda, il piccolo villaggio a pochi chilometri da Nablus e situato nel fondovalle sottostante l’immensa colonia illegale di Ariel.

Questa volta pero’, al posto delle nostre positive impressioni di sabato, dobbiamo lasciare spazio a emozioni contrastanti.

Domenica, il giorno successivo alla manifestazione, e’ ricominciato lo sradicamento degli ulivi di Marda, quelli che danno di che vivere alla gente del villaggio, in prevalenza contadini. La popolazione e’ accorsa immediatamente, riuscendo a sedersi sui campi e bloccando cosi’ i lavori. Le guardie di sicurezza, poco equipaggiate per fronteggiare una situazione del genere, hanno prima sparato a terra a pochi metri dalle persone, e poi chiamato l’esercito che si e’ limitato a fare interrompere i lavori.

La sera stessa H. volontaria internazionale ci informa del fatto e ci chiede di intervenire lunedi’ mattina assieme ai palestinesi, per tentare almeno di disturbare la sicura ripresa dei lavori di taglio. Si aspettava una presenza questa volta massiccia di militari, e purtroppo scarsa di internazionali.

Alle 7.00 del mattino ci troviamo percio’ al centro del villaggio con il piccolo gruppetto di palestinesi: una ventina di ragazzini tra i 10 e i 16 anni armati di bandiere palestinesi e della vivacita’ tipica di questi scugnizzi che non sembrano avere la minima paura (o percezione del pericolo) dei soldati, alcuni contadini e rappresentanti del comitato popolare di resistenza contro il muro dell’apartheid. Al momento di partire per il pendio sovrastante Marda, dal quale vengono sradicati gli alberi, il gruppo conta non piu’ di una quarantina di persone. Assieme a noi ci sono altre due internazionali e due israeliane.

Ad attenderci c’e’ un numero incalcolabile di soldati appostati 100 metri sopra di noi, su una ampio raggio.

E` stata un`esperienza abbastanza frustrante. Eravamo alla base di una collina di ulivi, cercavamo di salire, i soldati erano in cima e ci bombardavano di lacrimogeni. Di lato, poco piu` su di noi, ma impossibili da raggiungere, sentivamo proseguire i lavori di sradicamento. Abbiamo fatto avanti e indietro per una cinquantina di metri ore e ore. Piano su, gas, giu` di corsa. Era incredibile vedere i bambini: da un lato non hanno paura, ti domandi se capiscano cosa fanno, poi ti commuove vedere la loro allegra determinazione. Si giocano, ma giocano a resistere, a non chinare la testa. Giocavano, ma quando si facevano male (questo gas brucia come l`inferno, entra negli occhi, nella bocca, nel naso. Sputi, vomiti, ti sembra di non farcela piu’. Poi passa) correvano giu` piangendo e gridando, e si facevano consolare dagli amici. Erano davvero piccoli, il piu` piccolo forse sette anni, i piu` grandi sedici, la media sui dodici. Quando ci si pensa dall`Italia forse e’ difficile capire. Vederli salire testardi e disarmati, senza neppure pietre in mano, verso una linea di soldati armati, salire per il gusto di sfidare, faceva effetto. E tra di noi ci relazionavamo alla pari, ci passavamo l`acqua, i limoni e le cipolle (per contrastare il gas), ridevamo e ci sorridevamo alla pari, loro rispettavano noi, noi rispettavamo loro. Quando uno di noi ha aiutato a spegnere un principio di incendio causato dai candelotti incandescenti, un bimbo di forse 10 anni gli ha detto: “You are a good man!”. Un’interessante sovversione della distanza pedagogica, no? C`erano con noi due israeliane ma erano troppo lontane per rendersi riconoscibili dai soldati e dunque purtroppo "servivano" a poco. Dopo un po` i soldati hanno iniziato anche a sparare. Probabilmente proiettili di gomma e certo erano troppo lontani per impensierirci.
Poi bombe assordanti. Un po` peggio.
Poi, quando noi ci eravamo allontanati di qualche metro per tornare a casa, sono arrivati alle spalle dei/delle dimostranti con due jeep e hanno sparato sul serio. Il gruppo si e’ disperso in un secondo. I ragazzi tiravano pietre, i soldati rispondevano tirando proiettili di gomma e lacrimogeni ad altezza di essere umano, da pochi metri. Decisamente pericoloso, tanto da colpire, fortunatamente in maniera non grave, un fotografo. Si sono poi lanciati a rincorrere i ragazzi tra le case e fin dentro ad una. Fortunatamente senza arresti. E’ stata, la nostra, un`azione quasi completamente inutile e frustrante. Quasi. Certo se fossimo stat* di piu`, se avessimo avuto un piano, se ci fossero stat* piu` internazionali, piu`israelian*, forse si poteva raggiungere la zona degli alberi sradicati. Forse, ma per quanto tempo?

Ma resta che se da un lato a mani nude contro l`esercito non si arriva da nessuna parte, dall`altro e` proprio questo quello che va visto, che va capito. Non e` follia, non e` ideologia, non crediamo gli facciano il lavaggio del cervello a questi bambini per mandarli verso i soldati. Quando li si vede forse si capisce qualcosina in piu`. Certo e` anche un gioco, un rito. Ma e` davvero la loro vita. Non hanno paura, eppure invece ne hanno. Sembrano coraggiosi come noi non sapremmo mai essere ma poi piangono, chiamano la mamma e si fanno consolare. E l`unica cosa che davvero non si capisce non e` perche` loro vadano verso i soldati ma perche’ e come i soldati riescano a sparargli.

E allora proprio guardando nei volti nei ragazzini di Marda abbiamo capito che non tutto era perduto, che c'era un senso. La violenza alla fine aveva vinto, ma quei ragazzini ci hanno dimostrato che non bisogna lasciarsi piegare e che si può e si deve continuare a lottare e a resistere, e così dopo ogni scarica di lacrimogeni non si può tornare a casa e chiudersi dentro ma basta annusare una cipolla e poi si può ripartire e risalire la collina. E' un piccolo granello di resistenza, che oggi sembra inutile ma che potrà produrre qualcosa in un futuro, nelle menti di quei ragazzini, in noi che abbiamo condiviso con loro questa mattinata, nella memoria collettiva della gente di questa terra.

Nei prossimi giorni cercheremo di essere presenti a Marda il piu’ possibile. In questo momento i lavori di costruzione del muro, e le conseguenti azioni di resistenza, sono concentrati in tre aree: Bil’in, Beit Surik e Marda. Mentre nelle prime due c’e’ una continua presenza di internazionali e israelian*, Marda, dove i lavori sono iniziati da poco, e’ ancora relativamente isolata. Speriamo altr* si uniscano presto alla popolazione in lotta.

(Altre informazioni su Marda a questo indirizzo: http://italy.indymedia.org/news/2005/06/805655.php)

Ruby, Quico, Sobrin.
Presidio di pace a Nablus - http://assopace.blog.tiscali.it/
Associazione per la Pace - www.assopace.org