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"Giano" 50 - indice - editoriale
- Subject: "Giano" 50 - indice - editoriale
- From: "Giano. Pace Ambiente Problemi globali" <redazionegiano at fastwebnet.it>
- Date: Wed, 25 May 2005 21:32:47 +0200
Cari amici, sta per uscire il n. 50 di "Giano". Vi inviamo in anteprima l'indice e l'editoriale di L. Cortesi, 1945-2005: sessant'anni dalla guerra e dalla Resistenza. Cordiali saluti Vincenzo Pugliano per la Segreteria di Redazione ------------------------- "Giano" pace ambiente problemi globali Rivista quadrimestrale intredisciplinare - n. 50, maggio 2005, a. XVI Questo numero / This Issue Editoriali Luigi Cortesi, 1945-2005: sessant'anni dalla guerra e dalla Resistenza Massimo Serafini, Nucleare? Ancora una volta: "No, grazie!" Dossier Acqua a cura di Vittorio Sartogo Premessa. La crisi idrica globale Giorgio Nebbia, L'acqua, dalla natura alla merce Fabio Marcelli, Acqua, sovranità sulle risorse naturali e patrimonio comune dell'umanità Federico Valerio, Fiumi, laghi e mari: un sistema integrato per lo smaltimento dei rifiuti Vittorio Sartogo, Mediterraneo. Ecologia dell'acqua, ecologia dei rapporti sociali Marina Forti, Dighe, "progresso" e violenza sociale Michele Paolini, Leviatano e Behemot. Nota sui corridoi marittimi e i punti di strozzatura Francesco Martone, La Banca mondiale, l'Fmi e la privatizzazione dell'acqua Quadrante Raniero La Valle, Sul pensiero e sull'opera di Karol Woityla e sul nuovo papato Diana Johnstone, Il lato militare della Costituzione europea Jamal Juma, Palestina: la "terza fase" del Muro israeliano (a cura di Anna Cotone) Patrizia Zanelli, Riforme in Egitto: la spinta sociale e le distorsioni di Washington Sheik Hassan Al Zargani,"Resistenza a viso scoperto". Intervista a cura di "Iraq libero" Analisi. Raffaele Nocera, La "rivoluzione bolivariana" in Venezuela Inedito. Pier Giovanni Donini, Cattolicesimo e Islam Note critiche. Domenico Di Fiore, L'Occidente diviso di Jürgen Habermas Lettere a "Giano". Andrea Panaccione, A proposito di Ucraina e democrazia, con postilla di Luigi Cortesi Libri Recensioni Le XX siècle des guerres (Mariagrazia Meriggi); O. Bartov, Fronte orientale - H. Mommsen, La soluzione finale (Luigi Cortesi); M. Armiero - S. Barca, Storia dell'ambiente (Silvio Silvestri) Segnalazioni a cura di Luigi Cortesi, Rosa Colleoni, Enrico Maria Massucci, Raffaele Nocera, Vincenzo Pugliano, Patrizia Zanelli, Gabriele Garibaldi, Silvio Silvestri. ------------------------- Editoriale 1945-2005: sessant'anni dalla guerra e dalla Resistenza di Luigi Cortesi Anche questo sessantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale e della Resistenza non sembra propizio ad analisi e ad acquisizioni critiche nuove. Se anche qualche voce si leva dal campo degli studi e del pensiero critico essa è coperta dal gran berciare mediatico-pubblicitario e dalle sempre più oblique mediazioni culturali dei pensatori da terza pagina. Le idee che vengono diffuse al grosso pubblico della guerra e dei suoi contesti, delle forze e degli interessi in campo, delle opposte "ragioni", degli svolgimenti sperati dalla vittoria e in parte concordati e degli esiti effettivi - sono quanto di più lontano possa immaginarsi dalla realtà storica. Alcune falsificazioni semplici e di facile presa sono alla base della Grande Menzogna, altre fanno sì che l'elaborazione del passato sia soltanto parziale; e tutte insieme portano a rovesciare il senso della nostra storia, in una gigantesca operazione di rimozione e sostituzione che deve radicarsi nella mente dei figli e dei nipoti. Facciamone una breve e parziale rassegna. Il patto Ribbentropp-Molotov è stato la vera origine della guerra, il cui peccato originale è quindi impresso nell'anima dei comunisti; fascismo e comunismo erano infatti, a pari titolo totalitario, nemici della civiltà e dell'Europa; gli Stati Uniti d'America sono corsi per la seconda volta a salvare il vecchio, caro Continente; ed è stato un salvataggio disinteressato, non da un solo nemico, ma dal doppio volto del male; nella sfida tra le forze della morte e dell' abisso è quindi la Democrazia che esce vincitrice e vergine, per proporsi al mondo - già allora - come "fine della storia"; la lotta antifascista e la Resistenza sono infiltrate e sporcate dai "rossi"; i movimenti di liberazione delle colonie o vengono fatti scomparire dal quadro o vengono riconfigurati nel profilo più acconcio alle sorti magnifiche e progressive di un Occidente naturalmente virtuoso. Basta così. Nessuno (o quasi) ricorda più che le origini e le vicende della seconda guerra maturarono in un processo infausto (quello che viene comparativamente definito come "nuova guerra dei Trent'anni") nel quale - se i regimi fascisti furono la parte ideologicamente e politicamente promotrice - le Potenze democratiche ebbero responsabilità gravissime; che l'Urss ne veniva di fatto isolata e messa in mortale pericolo; che l'orrore del patto germano-sovietico dell'agosto 1939 fu figlio dell'orrore del patto di Monaco del settembre 1938; che gli Stati Uniti intervennero (vennero trascinati) tardivamente in guerra, con la faccia rivolta assai più ai loro interessi imperialistici nel Pacifico che alla civiltà euro-atlantica; che la ferma condotta di guerra della Gran Bretagna fu resa possibile soprattutto dalla resistenza dell'Urss - per i tre anni centrali della guerra sola ad opporsi all'espansione della coalizione nazi-fascista, sola a sostenere l'urto e a vincere - fino allo sbarco in Normandia del giugno 1944; che ai 27 milioni di morti militari e civili sovietici del fronte orientale sono impari contrappeso - dispiace usare questo linguaggio - le centinaia di migliaia di caduti delle tre grandi democrazie; che l'Unione Sovietica fu il simbolo altissimo e la "proiezione" d'una causa di liberazione di cui solo le vicende del lungo dopoguerra avrebbero rivelato ai più e sviluppato i dati negativi; che i movimenti di Resistenza furono resi possibili da una base sociale europea che aveva rifiutato e rifiutava la guerra come tale, che insorse non per parteciparvi ma per negarla, e che progettava un ordine sociale profondamente diverso, e anzi contrario al meccanismo che tra Otto e Novecento aveva generato un corso di avvenimenti tanto atroce; e che i movimenti di liberazione in Asia e in Africa sono lì a ricordarci le responsabilità delle democrazia occidentale per la sua simbiosi con l' imperialismo - fatta di genocidi sistematici fisici, ambientali e culturali. Infine, proprio dovremmo tacere dei crimini di guerra occidentali e americani che si riassumono nei terribili bombardamenti "a tappeto" e specialmente nell'introduzione della bomba atomica tra gli agenti politici della storia? Ci fermiamo al 1945, ma molto ci sarebbe da dire del dopo. E concediamo, ovviamente e ampiamente, ad una visione la più critica dello stalinismo e della sua politica, della sua stessa condotta di guerra, sul piano militare e sul piano civile, delle responsabilità che gli derivarono da una chiusura politica che era preclusione alla conoscenza e all'autoconoscenza. Elementi di barbarie si mescolarono ad elementi di socialismo fino a ridurre l'Unione Sovietica e la sua leadership estranei al complesso di significati del 1917 ed inaccettabili alla civiltà del movimento operaio. Tutti i discorsi vanno fatti, e devono essere aperti. Non esiste una storia "pura", come scriveva durante la prima guerra mondiale Lenin sulle tracce di Hegel. È comprensibile che l'establishment del Cremlino abbia rilanciato per il 60° della vittoria simbologie, riti, memorie della guerra; ma è paradossale che gli istituti scientifici russi non abbiano promosso un confronto internazionale tra storici a latere delle celebrazioni formali, e distinto da esse, come momento di riflessione critica. Ma allo stesso modo ci meravigliamo (o forse no) delle disinvolte ellissi di molti storici occidentali, la cui concezione di democrazia ignora, oltre ai motivi di crisi della democrazia stessa, la tendenza della politica globale americana ad asservire la storia ad una propria, e molto chiara, linea di svolgimento. Ogni sforzo va fatto per difendere l'unità di passato e presente e l' indipendenza della ragione critica. Teniamoci stretti alla prova della ricerca storica; non buttiamo a mare gli spazi di riflessione che sono consegnati nelle nostre biblioteche, ed anzi alimentiamoli di nuovi studi e di nuovi dubbi; non prostituiamo i canoni della conoscenza e le acquisizioni della coscienza al martellamento dei media più forti. Chi conosce il secolo sa che gli abusi pubblici e le forzature della storia hanno sempre preparato nuovi terribili lutti. Lo storico, per la sua responsabilità sociale e comunicativa, non deve più rendersi complice - neppure col silenzio - di quei processi di accecamento collettivo che sono le premesse dell' accettazione di una nuova guerra e che comportano poi risvegli lenti e dolorosi, oppure moti di reazione critica anch'essi capaci di estremismi rischiosi. Non lasciamo la presunzione della verità storica a Bush, e non lasciamo la presunzione della sua difesa a Putin. Mai come in questi decenni post-sovietici, di militarizzazione globale americana, di sostituzione della forza armata ad una egemonia criticamente e razionalmente fondata, di proliferazione delle "armi di distruzione di massa" possiamo tornare a paragonare il compito dell'intellettuale a quello di un sacerdote della ricerca instancabile e incondizionata di vie nuove: il "cacciatore" scettico di Lessing. Attesoché né le vie antiche, né le recenti di Bush e di Putin, dei Blair e della Rice, della nuova "Cina" e della stessa vecchia Europa, del terrorismo statale o privato ci sembra possano preparare al mondo altro che un nuovo mercato della guerra - questa volta veramente totale. ------------------------------------ Giano. Pace ambiente problemi globali Rivista quadrimestrale interdisciplinare via Fregene, 10, 00183 Roma Tel-fax 06/70491513 e-mail: redazionegiano at fastwebnet.it pagina web: http://www.odradek.it/giano
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