QUELLO CHE I GIORNALI NON STAMPANO MAI: due buone notizie....



Sotto forma di lettera sotto forma di articolo sotto qualsiasi forma fate
circolare questi segnali eccezionali e faticosissimi di pace.
Grazie
Doriana Goracci
Donne in Nero Tuscia



PRIMA NOTIZIA
Muyesser Gunes è finalmente stata liberata!
 Oggi si è infatti svolta la prima udienza del processo. Trattenendo in
prigione per più di un mese persone accusate di oltraggio a pubblico
ufficiale e partecipazione a corteo non autorizzato, il governo di Ankara
ha evidentemente voluto dare un segnale forte per reprimere il dissenso
nei confronti della sua politica, in particolare sulla questione curda,
ancora affidata alla forza delle armi.

Messaggio di Muyesser: "Ringrazio a tutte/i..."

Dal 1996, come Madri per la Pace, abbiamo iniziato a percorrere un cammino
verso la pace, sia in favore della Turchia che del popolo kurdo. Come
Madri non volevamo che vi fossero più morti durante gli scontri armati, né
esecuzioni extragiudiziali. Nel nostro lavoro per la pace abbiamo
incontrato moltissime organizzazioni della società civile, sia turche che
europee, e anche  giornalisti, intellettuali, ambasciatori, ... Per far
capire il nostro messaggio abbiamo indossato fular bianchi e portato fiori
bianchi. Di recente, nel corso del 2005, abbiamo incontrato un segretario
del Capo di Stato Maggiore, al quale abbiamo consegnato molti cd
contenenti immagini, racconti dalla viva voce delle Madri, e portato fiori
bianchi. Subito dopo quell'incontro abbiamo però saputo che era stata
avviata un'operazione militare. Questo ci ha fatto sentire male: era come
se i nostri sforzi fossero inutili, poiché non producevano alcun
risultato. Per questo abbiamo deciso di sacrificarci ancora di più;
abbiamo partecipato quindi, insieme, a molti altri, alla creazione
dell'Iniziativa degli Scudi Umani. Ne facevano aprte non solo kurdi, ma
anche membri di associazioni, sia turche che kurde, e laz provenienti da
Kastamono e Zonguldak, Madri, padri di soldati, giovani.  Il nostro gruppo
è partito da Istanbul e si è congiunto ad Amed a un altro gruppo partito
da Batman. Poi, nel percorso da Amed a Batman, abbiamo subito molti
blocchi da parte della polizia (uno ogni dieci minuti) nel corso dei quali
eravamo arbitrariamente e accuratamente perquisiti. Eravamo in tutto 80
(del gruppo facevano parte 10 Madri, 5 turchi e altri, giovani e persone
responsabili di gruppi della società civile). Siamo andati a Kiziltepe, a
far visita al luogo dove è stato ucciso il 12enne Ugur Kaymaz con il
padre; poi ci siamo recati a Derik. Eravamo in zona di operazioni e lì
sono stati arrestati due ragazzi del gruppo, per non aver svolto servizio
militare. Noi abbiamo detto, tutti insieme: o li rilasciate o non ce ne
andiamo. Con due padri di militari sono stata poi inserita in una piccola
delegazione: abbiamo incontrato un maggiore dell'esercito, al quale i
padri hanno detto di non voler più ricevere corpi di figli morti, né kurdi
né turchi. Abbiamo esposto le nostre preoccupazioni per gli scontri armati
in corso e ci è stato risposto che non serviva il fatto ch eravamo giunti
fin lì, perché in ambito politico si stava preparando un provvvedimento di
amnistia generale. Noi abbiamo risposto con chiarezza: non vi crediamo
più, perché ogni cambiamento annunciato si dimostra poi falso; chiediamo
atti pratici e non più cambiamenti solo sulla carta.  Il giorno dopo
abbiamo saputo che era stata avviata nella zona un'operazione miltiare
ancora più ampia. Noi abbiamo proseguito la nostra marcia, per giungere
nei luoghi delle operazioni, ma poi ci hanno fermato. Ormai eravamo in
arresto: ci hanno legato le mani molto strettamente e ci hanno picchiato
con calci e schiaffi, nonostante noi tutti avessimo chiesto, anche come
singoli, il rispetto dei nostri diritti. Volevano condurmi in caserma in
automobile, però poi è stato per loro insopportabile questo fatto: così
dopo qualche minuto mi sono trovata scaraventata dalla macchina a terra.
Ci trattavano come se non fossimo cittadini di Turchia: picchiavano,
minacciavano e le manette sono rimaste strette attorno ai nostri polsi per
24 ore consecutive. Ci hanno anche costretto ad assistere a uno spettacolo
teatrale, di circa tre ore, volto a dimostrare che non erano colpevoli, ma
erano nel giusto e che invece i colpevoli eravamo noi. Poi ci hanno
condotto al carcere di Mardin: le autorità del carceresi sono mostrate più
rispettose nei nostri confronti, ma per 15 giorni non ci hanno consentito
di fare docce e inoltre mancava l'acqua calda. Ma questa è cosa da poco.

Abbiamo seguito dalla stampa le manifestazioni fatte in nostro favore sia
in Turchia che in Europa (in Italia, Belgio e in Danimarca). Per questo io
personalmente ringrazio le Donne in Nero e tutti gli altri che ci
sostengono, perchè ci sono stati vicini e perché sentono le sofferenze di
noi Madri. Vi chiediamo di continuare a sostenerci.

Muyesser Gunes
Madri per la Pace e Portavoce degli Scudi Umani
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SECONDA NOTIZIA
Obiezione di coscienza in Turchia 4/5/2005

"La pace è orgogliosa di te".
 Manifestazioni in Turchia contro l'arruolamento forzato di Mehmet Tahran,
obiettore di coscienza che afferma la sua opposizione alle guerre a agli
eserciti. Le espressioni di solidarietà e gli sviluppi del caso Tahran in
questo articolo del quotidiano Radikal
 Manifestazione a favore di Mehmet Tahran Di Murat Celikkan, Radikal, 14
aprile 2005

Traduzione: Fabio Salomoni


Mehmet Tahran il 27 Ottobre 2001 ha tenuto una conferenza stampa presso
l'Associazione dei Diritti Umani nella quale ha annunciato di rifiutare il
servizio militare e di essere un obiettore di coscienza totale. Il 5
settembre 2004, in occasione della giornata degli obiettori di coscienza
ad Ankara, ha fatto una nuova dichiarazione a nome di tutti i
partecipanti.

Per questa dichiarazione, in base all'articolo 155 del Codice Penale -
"Provocare disaffezione verso il servizio militare" - è stata aperta
un'inchiesta nei suoi confronti. Mehmet ha ribadito che non avrebbe
risposto alle accuse, con la motivazione che: "Credo sia un crimine
trasformare le persone in strumenti per uccidere, infilandoli in una
divisa. Così come non farò il servizio militare, non voglio nemmeno avere
rapporti, anche mentre sono sotto processo, con nessuna istituzione o
persona al servizio del militarismo".

Lo scorso venerdi Mehmet Tarhan è stato fermato e condotto al distretto
militare di Izmir. Qui si è rifiutato di firmare i documenti che gli sono
stati presentati ribadendo la sua posizione: "Non obbedirò a nessun
apparato dello stato, non farò il servizio militare".

Prima è stato portato nella città di Tokat e successivamente a Sivas. Qui
ha deposto davanti al giudice. Nella sua deposizione ha ribadito di
credere che la guerra, gli eserciti ed il servizio militare rappresentino
crimini contro l'umanità, che non collaborerà con queste istituzioni e che
rifiuterà anche il servizio civile. Ora Mehmet è sotto accusa in base
all'articolo 88 - "Rifiuto di obbedire ad un ordine con lo scopo di
sottrarsi al servizio militare".

Domenica ad Istanbul ed Izmir ci sono state manifestazioni per protestare
contro l'arruolamento forzato di Mehmet. Ad Istanbul, nella piazza
Galatasaray, il Comitato di Solidarietà con Mehmet ha dichiarato:
"L'importanza del movimento di obiezione di coscienza è emersa ancora una
volta di fronte all'ondata di nazionalismo che attraversa il paese. Noi
siamo al fianco di Mehmet e rivendichiamo la resistenza contro il suo
arruolamento forzato. Annunciamo anche l'inizio di una campagna
internazionale di lungo respiro". Anche gli obiettori Ugur Gor e Yavuz
Aktan hanno confermato il loro appoggio.

Mentre Mehmet veniva condotto da due militari all'autobus che lo avrebbe
condotto a Tokat, è stato salutato da un gruppo di antimilitaristi ed
anarchici al grido "La pace è orgogliosa di te".

Abdullah Ozturk, l'avvocato di Mehmet, ha fatto notare come i Criteri di
Copenaghen ed il Trattato Europeo sui Diritti Umani riconoscano la
possibilità dell'obiezione di coscienza e dell'obiezione totale.
L'avvocato ricorda anche che "L'articolo 10 della Costituzione,
rifacendosi a questi accordi, garantisce la possibilità dell'obiezione di
coscienza. Per questa ragione l'arruolamento forzato rappresenta una
violazione dei diritti umani".

In precedenza un caso analogo aveva coinvolto il giovane Mehmet Bal, che
aveva abbandonato il servizio militare dichiarandosi obiettore di
coscienza. Nei suoi confronti erano stati aperti due diversi procedimenti
penali - "per disobbedienza" e per "aver provocato disaffezione verso il
servizio militare". Il giudice militare Zekerya Turan ha però deciso il
non luogo a procedere con la seguente motivazione: "La dichiarazione
dell'imputato Mehmet Bal ed i riflessi in suo favore che essa ha avuto
negli organi di stampa si configurano come l'espressione di pensieri e di
una posizione personale relativa al servizio militare, legata alla libertà
di espressione inserita nel contesto di uno stato di diritto democratico.
Non avendo riscontrato che le dichiarazioni dell'imputato vanno nella
direzione di provocare disaffezione verso il servizio militare, mancano
quindi i presupposti giuridici per proseguire l'indagine."