Italia/G8: "L'apertura del processo, un passo avanti per combattere l'impunità della polizia" dichiara Amnesty International



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COMUNICATO STAMPA
CS42-2005

ITALIA/G8: 'L'APERTURA DEL PROCESSO, UN PASSO AVANTI PER COMBATTERE
L'IMPUNITA' DELLA POLIZIA' DICHIARA AMNESTY INTERNATIONAL

Mercoledi' 6 aprile, a quasi quattro anni dalle operazioni di polizia che
caratterizzarono lo svolgimento della riunione del G8 del 2001 a Genova e
le manifestazioni ad esso collegate, 28 funzionari di polizia ? alcuni dei
quali di alto grado ? compariranno in giudizio. Il processo riguarda il
raid notturno compiuto dalle forze dell'ordine nei locali di una scuola
utilizzata come dormitorio per i manifestanti e segreteria del Genoa
Social Forum. Le accuse contro gi imputati comprendono l'abuso di
autorita', la fabbricazione di prove false e gravi lesioni fisiche.

Amnesty International giudica positivamente l'apertura del processo come
un significativo passo avanti per combattere l'impunita' della polizia.
Tuttavia, l'organizzazione per i diritti umani lamenta il fatto che le
autorita' non abbiano preso altre misure decisive in questa direzione, in
relazione sia ai fatti del G8 che a un piu' ampio contesto di frequente
effettiva impunita' per le forze dell'ordine e per il personale
carcerario, accusati di torture, maltrattamenti e forza eccessiva, come
registrato da molti anni da Amnesty International.

Le 93 persone arrestate nel corso del raid all'interno della scuola
dichiararono di non aver opposto resistenza, come invece sostenuto dalla
polizia, e di essere state sottoposte a percosse deliberate e gratuite.
Almeno 82 di esse vennero ferite; 31 furono trasferiate in ospedale, in
tre casi in condizioni critiche. Alcuni di essi ricevono cure mediche
ancora oggi. Gli arrestati furono accusati non solo di resistenza a
pubblico ufficiale ma anche di furto, detenzione di armi e appartenenza a
un'organizzazione criminale dedita al saccheggio e alla distruzione della
proprieta'. Nel febbraio 2004, al termine delle indagini, tutti i
procedimenti furono chiusi per mancanza di prove.

Sono solo 28 i funzionari di polizia sottoposti a processo: decine di
agenti che parteciparono al raid e che si ritiene avessero preso parte
alle aggressioni fisiche, non hanno potuto essere individuati poiche' i
loro volti erano pesantemente travisati da maschere, sciarpe o caschi e
non portavano targhe identificative recanti nomi o numeri di matricola.

Amnesty International ha ripetutamente sollecitato l'Italia a recepire il
Codice di etica della polizia, adottato dal Consiglio d'Europa nel
settembre 2001, e ad assicurare che i suoi pubblici ufficiali siano
obbligati a mostrare in maniera evidente alcune forme di identificazione
individuale, come un numero di matricola, al fine di evitare il ripetersi
di situazioni d'impunita'.

Un altro metodo riconosciuto a livello internazionale per prevenire lo
sviluppo di un clima d'impunita' e ulteriori abusi da parte della polizia
e' la sospensione dal servizio di coloro che sono sospettati di aver
commesso reati come quelli oggetto del processo, in attesa dell'esito dei
procedimenti penali. Amnesty International ha notato con preoccupazione
che gli agenti che sono sotto processo in relazione al raid di Genova non
sono stati sospesi dal servizio e, in alcuni casi, sono stati promossi.

La maggior parte delle persone arrestate nel corso dei raid venne
trasferita nel centro di detenzione temporanea di Bolzaneto. Vi
transitarono oltre 200 persone, molte delle quali furono private dei
fondamentali diritti riconosciuti a livello internazionale ai detenuti,
tra cui il diritto di avere accesso agli avvocati e all'assistenza
consolare e quello a informare i familiari sulla propria situazione. Nel
corso di un'udienza preliminare, i pubblici ministeri di Genova hanno
illustrato in modo efficace le prove degli abusi verbali e fisici subiti
dai detenuti. Hanno descritto, tra l'altro, come i detenuti fossero stati
presi a schiaffi, calci, pugni e sputi; sottoposti a minacce, compresa
quella di stupro, e ad insulti anche di natura oscena e sessuale;
obbligati a rimanere allineati e in piedi per ore, a gambe divaricate
contro un muro; privati di cibo e acqua per lunghi periodi; soggetti a
perquisizioni corporali effettuate in modo volutamente degradante, con
uomini costretti ad assumere posizioni umilianti e donne forzate a
denudarsi di fronte ad agenti di sesso maschile. I pubblici ministeri
hanno citato singoli casi di abuso: una ragazza la cui testa e' stata
spinta in un gabinetto, un ragazzo obbligato a camminare a quattro zampe e
ad abbaiare, il pestaggio di un detenuto non in grado di rimanere in piedi
per ore poiche' aveva un arto artificiale.

La pubblica accusa ha chiesto l'incriminazione di 15 agenti di polizia, 11
carabinieri, 16 agenti di custodia e cinque membri del personale medico
per vari reati tra cui abuso di autorita', coercizione, minacce e lesioni
fisiche, accusandoli di aver sottoposto i detenuti a trattamenti crudeli,
inumani e degradanti in violazione dell'art.3 della Convenzione europea
sui diritti umani e le liberta' fondamentali. I pubblici ministeri hanno
anche espresso il timore che, dato il tempo gia' trascorso, possa
intervenire la prescrizione e che gli accusati non potranno mai essere
sottoposti alla giustizia.

Amnesty International sottolinea che uno dei piu' efficaci modi per
prevenire la tortura, i maltrattamenti e la forza eccessiva e'
l'applicazione di sanzioni adeguate ? commisurate alla gravita' del reato
? da parte del sistema di giustizia penale. Sapere che i tribunali sono
pronti a infliggere pene severe nei confronti di chi ordina, condona o
perpetra la tortura e i maltrattamenti costituisce uno dei piu' concreti
fattori di dissuasione. Sottoporre alla giustizia i responsabili non solo
dissuade questi ultimi dal reiterare i propri crimini ma rende anche
chiaro ad altri che i maltrattamenti non saranno tollerati, rassicurando
al tempo stesso l'opinione pubblica che nessuno e' al di sopra della
legge.

Nel luglio 2001, data la deprecabile assenza in Italia di un'istituzione
nazionale indipendente sui diritti umani o di un organismo indipendente
competente a ricevere denunce nei confronti della polizia e ad accertarne
le eventuali responsabilita', Amnesty International aveva chiesto
l'immediata costituzione di una commissione d'inchiesta, pubblica e
indipendente, sull'operato della polizia durante il G8 indicando alcuni
criteri idonei a dare efficacia a tale organismo. Da allora non e' stato
creato alcun organismo del genere, ma la sua necessita' permane ancora
oggi; esso potrebbe costituire la base per la creazione di un meccanismo
permanente e indipendente di controllo, col mandato di prendere in esame
tutti gli aspetti delle operazioni di polizia.

L'importanza della volonta' politica di contrastare l'impunita' della
polizia non puo' essere minimizzata. Amnesty International richiama le
chiare indicazioni che il Comitato per la prevenzione della tortura del
Consiglio d'Europa ha diffuso l'anno scorso a tutti gli Stati membri '(?)
Nessuno deve essere lasciato nel dubbio che le autorita' dello Stato non
intendano combattere l'impunita'. ue Questo [impegno] rafforzera' le
azioni intraprese a ogni altro livello. Quando necessario, le autorita'
non dovranno esitare a trasmettere, mediante un messaggio formale ai piu'
alti livelli politici, il chiaro segnale che ci dovra' essere tolleranza
zero nei confronti della tortura e di altre forme di maltrattamento'.

Amnesty International deplora che a diciassette anni dalla ratifica della
Convenzione dell'Onu contro la tortura e nonostante ripetuti solleciti da
parte di organismi intergovernativi ? tra cui il Comitato dell'Onu contro
la tortura e il Comitato sui diritti umani ? l'Italia non abbia ancora
introdotto nel codice penale il reato di tortura, cosi' come previsto
nella Convenzione dell'Onu contro la tortura.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 4 aprile 2005

Per ulteriori informazioni, si veda in particolare: Italy: G8 Genoa
policing opration opf July 2001: A summary of concerns (AI Index
30/012/2001) e i capitoli sull'Italia contenuti nelle varie edizioni di
Amnesty International Concerns in Europe and Central Asia e del Rapporto
Annuale. Questa documentazione e' disponibile sul sito www.amnesty.org

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Amnesty International Italia - Ufficio stampa
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