Intervista a Mauro Bulgarelli (Verdi) sull'operazione dell' Fbi contro Indymedia



Intervista a Mauro Bulgarelli (Verdi) sull'operazione
dell' Fbi contro Indymedia   
di  redazione
09 Oct 2004 

Indymedia è sotto attacco. Il sequestro degli hardisk
dei server Usa e Gb da parte dell'Fbi ha oscurato una
ventina di nodi della rete, tra cui quello italiano,
che solo in queste ore è riuscito a riaffacciarsi sul
web. Abbiamo sentito in proposito il deputato dei
verdi Mauro Bulgarelli, tra i primi a prendere
posizione su questo gravissima provocazione e
presentatore di un'interrogazione parlamentare al
ministro delle Comunicazioni e a quello degli Esteri.

La prima domanda è d'obbligo: come leggere questa
operazione poliziesca contro Indymedia? 

"Non credo di esagerare definendo questa operazione di
una gravità assoluta. Qui, a quanto si può capire, si
incrociano due piani, che insieme disegnano una
strategia globale: da una parte c'è questa incredibile
richiesta proveniente dal governo italiano e da quello
svizzero che, a quanto afferma l'Fbi, avrebbero
richiesto l'intervento dei federali Usa per chiudere i
server di Indymedia a Londra". 

"I motivi rimangono per il momento sconosciuti, anche
se è abbastanza chiaro che le finalità di questa
richiesta, da parte del nostro governo, sono di tipo
‘punitivo' e intimidatorio. Dall'altra c'è il ruolo
degli Stati uniti che, in qualità di sceriffo globale,
si incaricano di eseguire l'operazione in applicazione
degli obblighi legali contenuti nei “nostri trattati
di assistenza reciproca''. 

"Cosa prescrivono questi accordi? Quando sono stati
stipulati ? Poteva il governo inglese opporsi
all'operazione ? La vicenda è veramente orwelliana e,
come ho sospettato subito, il nostro governo c'è
dentro fino al collo, rendendosi complice di una
riscrittura eversiva del diritto internazionale che
legittima l'arbitrio extraterritoriale degli Usa". 

"Gli accordi cui si fa riferimento sono quelli che
vanno sotto la sigla Mlat (Mutual Legal Assistance
Treaty) e prevedono che gli stati aderenti si
assistano vicendevolmente durante le indagini per
terrorismo internazionale, rapimenti e riciclaggio di
denaro. Sono stati stilati oltre un quarto di secolo
fa e progressivamente ratificati dai vari stati
aderenti ma a partire dal varo del Patrioct Act essi
sono divenuti un formidabile strumento di intervento
per la polizia globale, libera, come in questo caso,
di intervenire senza limiti di giurisdizione". 

"Ma gli interrogativi non finiscono qui: c'è
un'iniziativa della magistratura italiana a monte
della richiesta che il nostro governo avrebbe
inoltrato agli Usa? Oppure le nostre autorità si sono
mosse autonomamente. Quest'ultima ipotesi sarebbe
ancora più preoccupante poichè segnerebbe un ulteriore
passaggio verso l'autonomizzazione della funzione
repressiva, un nuovo passo verso la costruzione di uno
stato di polizia sovranazionale". 

"Nell'ambito di questi accordi, inoltre, è
estremamente agevole allestire un "gioco delle parti":
anche nel caso di Indymedia, formalmente la richiesta
d'intervento può provenire dal governo italiano ma può
essere stata ispirata da quello americano. Non bisogna
dimenticare che questo governo ha deciso di ricorrere
massicciamente al terreno dei patti bilaterali: l'11
settembre 2002 il nostro guardasigilli ha siglato un
accordo segreto con il ministro della giustizia
francese per l'estradizione di 14 ex appartenenti alle
Brigate Rosse esuli da molti anni in Francia". 

"Come è noto, nell'ambito di questa cooperazione
poliziesca è stata destrutturata la cosiddetta
‘dottrina Mitterand' in favore di quelle estradizioni
‘mirate' che hanno portato anche all'arresto di Cesare
Battisti". 

"Dunque l'operazione Indymedia, come quella contro gli
esuli italiani e gli stessi misteriosi accordi tra
Italia e Libia in materia di immigrazione, possono
essere interpretati come veri e propri tentativi di
riscrivere in senso autoritario alcuni diritti
fondamentali – nella fattispecie il diritto
d'espressione e quello d'asilo – alla vigilia
dell'entrata in vigore della nuova Carta europea, che
ha tra i suoi capisaldi, è bene ricordarlo, la
formazione di una forza di polizia unificata". 

"Infine, sono già alcuni anni che l'Europa mostra di
voler recepire la filosofia Usa in materia di libertà
di circolazione telematica: basti pensare che già nel
2001 la Convenzione europea sul Cybercrimine si
propose di estendere indefinitivamente i poteri di
polizia e di indagine e armonizzare le attività
inquirenti tra i diversi paesi in tema di crimine
informatico". 

"Tra le misure più pericolose vi era la registrazione
dei dati del traffico internet - che, a livello di
parlamento italiano siamo riusciti temporaneamente a
bloccare ma che ogni probabilità sarà reintrodotta in
sede di legislazione europea visto l'accordo che su
questo punto esiste tra i ministri UE – e il
rafforzamento dell' Europol , organismo che avrà ora
un compito centrale nel coordinamento europeo delle
attività anti-terroristiche, facendo leva soprattutto
sul principio di ‘solidarietà' per garantire ‘ mutuo
soccorso' in caso di attacco terroristico ad un paese
dell'Unione". 

"Insomma, sulla base dei pochi elementi emersi finora,
la ricostruzione di questo contesto più generale mi
sembra abbia una sua attendibilità: anche se occorrerà
fare luce molto più a fondo su questa operazione, ad
entrare in azione contro Indymedia è stata la polizia
globale". 

Se questo è vero, l'operazione è rivolta
specificamente contro il nodo italiano della rete
Indymedia o ha una valenza più complessiva? Ti ricordo
che sono stati oscurati anche i nodi di altri paesi
europei come la Francia , i Paesi Baschi,
l'Inghiliterra… 

"...Anche qui la cosa si presta a essere letta su più
piani. Può darsi che esca fuori dal cilindro di
qualche investigatore un'inchiesta specifica sul nodo
italiano. Nel nostro paese i siti indipendenti e di
movimento sono sottoposti da tempo a un indecente
campagna di criminalizzazione: penso, ad esempio, alle
accuse di ‘connivenza con il terrorismo mediorientale'
avanzate contro alcuni di essi in trasmissioni come
‘Porta a porta' per il solo fatto di aver documentato
veri e propri crimini compiuti dalle truppe di
occupazione in Iraq". 

"Ma oggi mi sembra che l'attacco sia stato portato su
un piano più complessivo. Innanzitutto esso cade a
pochi giorni dall'apertura del Forum Sociale Europeo
di Londra e assume un chiaro significato intimidatorio
nei confronti di un movimento, quello contro la
guerra, già da mesi sottoposto in tutto il mondo a una
pressione fortissima. Allargando poi la prospettiva,
penso che l'obiettivo principale non sia tanto uno
strumento di informazione indipendente ma un'intera
comunità, un modo di comunicare e di esprimersi che
caratterizza, oltre che Indymedia, migliaia di siti di
movimento sparsi per il mondo". 

"Il messaggio, in questo senso, è chiaro: nella guerra
globale non c'è più spazio per la comunicazione
orizzontale, non sono più ammesse ‘isole nella rete' e
lo stesso diritto al dissenso svanisce nel progetto di
omologazione delle fonti di informazione".

Torniamo al ruolo degli Stati uniti in questa
operazione. Anche se essa non partisse direttamente
dal ministero della Giustizia americano essa sarebbe
stata impossibile senza l'intervento dell'Fbi in un
paese straniero e sovrano…

"...Certo, mi pare legittimo inquadrare questo attacco
nel contesto delle operazioni di polizia globale che
gli Usa conducono non soltanto sul piano militare ma,
da qualche tempo, anche contro il mondo
dell'informazione non “embedded”. Una serie di misure
adottate dall'amministrazione Usa preannunciavano
chiaramente questa offensiva: già nel 2000 era stato
creato l'Us Customs Smuggling Center, una sorta di
accademia per cybercop chiamata a svolgere funzioni di
centralizzazione per tutte le indagini da condurre
nella rete e, dopo l'11 settembre, il Patriot Act ha
esteso a dismisura le prerogative di questi
cyberpoliziotti e degli agenti federali, consentendo
l'arresto di chiunque, anche cittadino di altre
nazioni, “attenti alla sicurezza degli Stati uniti". 

"Lo stesso Rebuilding America's Defense, il documento
programmatico stilato dalla lobby golpista del Pnac
(Project for the New American Century, uno dei think
tank neocon più aggressivi, ndr.) poneva al centro
degli obiettivi da realizzare nel breve periodo “il
pieno dominio del cyberspazio”, individuato come
estensione ‘naturale' del warfare". 

"La filosofia alla base è sempre la stessa; l'attacco
preventivo contro chiunque ostacoli, o si rifiuti di
assecondare, i piani egemonici degli Usa." 

Questa strategia Usa stravolge dunque quel che resta
del diritto internazionale, assegnando agli Usa una
sorta di impunità assoluta…

"E' proprio questo il punto. L'impero si ritiene
“legibus solutus” e manifesta tutto il suo dispotismo
rifiutando di essere giudicato per le sue continue
violazioni dei diritti universali e della sovranità
delle nazioni grazie alla supremazia che gli assegna
la potenza militare. Gli Usa, in questa fase, essendo
l'unica superpotenza rimasta sul pianeta, esplicano
alla perfezione questa strategia di comando
poliziesco, incarnando sinistramente quella figura di
gendarme globale che si arroga indistintamente la
facoltà di invadere un paese o di mettere a tacere le
voci scomode". 

"L'attacco a Indymedia, in questo contesto, non è
certo casuale: non si imbavaglia tanto, o non solo, il
‘logo' di Indymedia quanto gli spazi di democrazia che
offre la comunicazione in rete, le possibilità che
essa consente di replicare e diffondere comportamenti
e linguaggi non omologati e, perché no, di sputtanare
le malefatte del potere". 

"Non è un caso che, come hanno affermato i gestori di
Indymedia, l'Fbi si fosse già presentata tempo fa da
loro chiedendo di rimuovere dal sito le foto di
poliziotti in borghese che a Nantes e a Seattle
operavano sotto copertura o che si sia accanita contro
i nodi di Indymedia Usa che veicolavano le inchieste
indipendenti sulla truffa elettorale organizzata dalla
Diebold per far vincere G.W. Bush". 

"Il mediattivismo è una spina nel fianco dell'impero
perché grazie al suo agire in rete, all'uso creativo e
democratico delle tecnologie, riesce a rompere quella
congiura del silenzio di cui il potere ha bisogno per
esercitare comando". 

"Cosa sarebbe stato delle nefandezze compiute dalle
forze dell'ordine a Genova in occasione del G8 del
2001 se non si fosse messa in moto la straordinaria
macchina controinformativa dei movimenti? " 

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www.reporterassociati.org

(redazione at reporterassociati.org) 

 



		
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