il 20 marzo tutti in piazza!



20 MARZO 2004 IN PIAZZA - PER LA PACE IN IRAQ E NEL MONDO





IL PROSSIMO 20 MARZO, ad un anno dall'inizio della guerra in Iraq,
risponderemo all'appello del movimento per la pace degli Stati Uniti,
rilanciato daI Forum Sociale Europeo di Parigi e dal Forum Sociale Mondiale
di Mumbai, che chiedono di tornare a riempire le strade di tutto il mondo
per fermare la guerra e l'occupazione. Torneremo in piazza, a Roma, dopo
aver attraversato l'Italia, con Carovane di pace dal sud e dal nord mentre
altre carovane si recheranno in medio oriente chiedendo pace e giustizia.



UN ANNO FA una coalizione di Stati guidata dagli Usa decise di utilizzare
tutta la sua potenza per muovere guerra all'Iraq. Lo ha fatto contro il
Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sfidando il diritto internazionale e
contro la volontà della grande maggioranza dei popoli del pianeta. Lo ha
fatto, sapendo di mentire, dichiarando che l'Iraq possedeva armi terribili
e che era pronta ad usarle e dichiarando legami tra l'Iraq e il terribile
attentato alle Torri gemelle. Lo ha fatto dichiarando che avrebbe portato
pace e democrazia per il popolo iracheno e in tutto il Medio Oriente. Lo ha
fatto teorizzando, con la "guerra preventiva", il diritto di imporre la
propria volontà e la difesa dei propri interessi, in qualunque luogo della
terra. Questa guerra è già costata decine di migliaia di vittime civili e
militari irachene, più di 500 vittime - tra cui 19 soldati italiani caduti
a Nassiriya - tra le truppe di occupazione, ha comportato distruzioni
immani e devastazioni ambientali, ha bruciato miliardi di dollari. Le armi
non si sono trovate. Gli attentati contro civili inermi si sono susseguiti
in molte parti del mondo. Pace e democrazia non sono arrivate né in Iraq né
in Medio Oriente.



AD UN ANNO DI DISTANZA in Iraq la guerra continua a mietere vittime. La
situazione umanitaria in Iraq continua ad essere terribile mentre crescono
pericoli di scontro interno e minacce di balcanizzazione. Alla dittatura di
Saddam Hussein si è sostituita una occupazione militare che trova crescenti
resistenze, in diverse forme, da parte della popolazione. Invece di
organizzare libere elezioni si nominano governi dall'alto, si privatizzano
le ricchezze irachene e si abolisce il codice di famiglia facendo arretrare
lo status delle donne. La ricostruzione non è nemmeno iniziata e già è una
torta da spartire con i paesi "amici".

A un anno di distanza in Medio Oriente la pace è più lontana che mai. In
Palestina l'occupazione prosegue brutalmente, mietendo migliaia di vittime
e rischia di diventare irreversibile con la costruzione del Muro. In
Israele si susseguono attentati contro civili inermi, cresce l' insicurezza
e la crisi economica. Il governo Sharon, applica la dottrina della guerra
permanente, negando qualsiasi prospettiva negoziale e imponendo il terreno
dello scontro militare. Il Muro è una vergogna che calpesta il diritto
internazionale, segrega un popolo intero, espropria altra terra, nega la
possibilità di convivenza pacifica fondata sul principio di "due popoli due
stati" e sulle risoluzioni dell'Onu che sono alla base di diverse
iniziative di pace delle società civili palestinese e israeliana. Ad un
anno di distanza il mondo è un luogo meno sicuro e più ingiusto. La
dottrina della guerra "preventiva" ci minaccia tutti. Minaccia di guerra
altri paesi e legittima le guerre e le occupazioni militari, dall'Iraq alla
Palestina, all'Afganistan e alla Cecenia. Spinge al riarmo e alla
militarizzazione e minaccia la democrazia in tutto il pianeta, dai paesi
ricchi a quelli poveri. Rafforza, nel nord e nel sud del mondo, le culture
che predicano lo "scontro di civiltà", le guerre di religione, i tanti
integralismi impegnati a distruggere i valori e le pratiche di convivenza.
Rafforza il razzismo, la discriminazione contro i migranti e tutte le
diversità e spinge verso l'omologazione sociale e culturale. Intanto,
numerose "guerre dimenticate" continuano a provocare vittime, sofferenze e
miseria in Africa, in Asia e in Sudamerica senza che nessuno intervenga per
mettervi fine. La povertà e le ingiustizie aumentano nel nord come nel sud
del mondo (come dicono anche i rapporti dell'Organizzazione Internazionale
del Lavoro e di altre agenzie delle Nazioni Unite che dimostrano l'aumento
della disoccupazione e la diminuzione dei redditi da lavoro in tutto il
mondo ed anche in Italia), figlie di un sistema neoliberista che la guerra
preventiva perpetua che affama i più per arricchire i pochi - affratellando
nella miseria e nello sfruttamento la maggioranza degli esseri umani nel
pianeta.



ANCHE IL GOVERNO ITALIANO è corresponsabile di tanto disastro. Un Governo
che, al di fuori del dettato costituzionale, nonostante la grande
contrarietà della popolazione italiana, ha deciso di appoggiare la guerra
in Iraq e ha inviato truppe sotto il comando britannico nei luoghi in cui
giacciono i campi petroliferi destinati all'Eni, assumendosi la
responsabilità di esporle a rischi altissimi. Un Governo che, perpetuando
lo strappo all'art 11 della Costituzione ha deciso di partecipare
all'"Autorità Provvisoria" delle forze di occupazione condividendo così la
responsabilità delle sue scelte politiche. Un Governo che ha esautorato il
Parlamento dei suoi poteri a cominciare dalla concessione dell'uso dello
spazio aereo, delle basi e delle infrastrutture per la guerra. Un Governo
che ha lavorato per impedire una possibile unità europea che frenasse
l'unilateralismo degli Stati Uniti e fermasse la guerra. Un Governo che ci
ha ingannato: ha detto che i soldati servivano a proteggere gli aiuti
umanitari, ma gli aiuti non si sono visti mentre il Pentagono si appresta
ad assegnare a ditte italiane importanti contratti per la ricostruzione.



ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE per evitare tutto questo. Dicemmo allora, in
milioni in tutto il mondo, che quella potenza e quella ricchezza poteva e
doveva essere utilizzata per combattere la fame e la sete che uccide
milioni di esseri umani, per alleviare i popoli di un debito che non
possono pagare, per sostenere lo sviluppo dei paesi del sud del mondo.
Dicemmo allora che si doveva porre fine alle tante guerre dimenticate,
invece che cominciarne un'altra. Dicemmo che la produzione di armi doveva
essere riconvertita in produzioni di pace invece che essere rilanciata, che
sono le spese militari a dover essere tagliate piuttosto che le spese
sociali. Dicemmo allora e ribadiamo oggi che queste sono azioni necessarie,
perché il peso dell'ingiustizia è intollerabile. Sono azioni non
rinviabili, per non scivolare in un abisso di barbarie, di disperazione, di
conflitti, di insicurezza generalizzata. Noi ripudiamo tutte le forme di
terrorismo sia da parte degli Stati che di organizzazioni e individui, così
come ci opponiamo all'uso della "lotta al terrorismo" per giustificare le
guerre, criminalizzare i movimenti popolari e restringere le libertà
civili. Non abbiamo cambiato parere e con noi non ha cambiato parere la
maggioranza del popolo italiano, nonostante un sistema dell'informazione
sempre più succube dei rulli di tamburo.



NOI SOSTENIAMO il diritto dei nostri fratelli e sorelle irachene a
resistere alla occupazione reclamando il diritto alla pace, ai diritti
sociali, alla democrazia, a governarsi da soli per decidere del proprio
futuro, controllare le proprie risorse, ad ottenere risarcimento per quello
che hanno patito sotto l'embargo e la guerra, a vedere la propria terra
libera da eserciti stranieri. L'Iraq deve tornare agli iracheni, la
legalità internazionale deve essere ripristinata e perché questo avvenga è
necessario innanzitutto che cessi l'occupazione militare. Tutte le truppe
occupanti devono essere ritirate.

Chiediamo quindi che l'Italia rinunci a partecipare all'occupazione
militare dell'Iraq e ritiri le proprie truppe. E' un atto necessario per
ricucire lo strappo costituzionale operato un anno fa e per aprire la
strada a una nuova strategia. Chiediamo che gli ingenti fondi così
risparmiati vengano destinati per veri aiuti umanitari immediati e che il
Governo italiano promuova una iniziativa politica internazionale per la
restituzione della sovranità agli iracheni e la ricostruzione del paese
guidata da un governo legittimo. Chiediamo che l'Unione Europea svolga un
analogo ruolo di pace e includa il ripudio della guerra nel proprio
trattato costituzionale. Chiediamo che le Nazioni Unite rispondendo
finalmente alla loro carta costitutiva promuovano il ritorno della legalità
in Iraq e l'affermazione del diritto all'autogoverno del popolo iracheno
garantendo il rispetto dei diritti umani di tutti e di tutte. Un intervento
di garanzia dell'Onu deve in ogni caso essere concordato con le forze
politiche irachene, e non vedere la partecipazione delle forze occupanti.
Con la stessa urgenza chiediamo che una decisa iniziativa internazionale
crei le condizioni per una pace giusta in Medio Oriente, imponendo la
rimozione del muro, la protezione dei civili e un negoziato fondato sulle
risoluzioni dell'Onu per la fine dell'occupazione e la convivenza pacifica,
ascoltando anche la voce coraggiosa dei giovani israeliani che rifiutano,
pagando di persona, di partecipare alla guerra e all'occupazione. In questo
lungo anno di guerra, abbiamo continuato a sostenere con mezzi pacifici le
ragioni della pace - progetto alternativo di civiltà - nelle scuole, nelle
città, nei luoghi di lavoro, davanti alle basi militari, dai nostri balconi
con le bandiere della pace, nella solidarietà internazionale, nella lotta
per il disarmo, nel dibattito sul trattato costituzionale europeo, nella
solidarietà con le popolazioni migranti, con la disobbedienza civile,
nell'impegno quotidiano per i diritti umani, sociali e di cittadinanza.



FACCIAMO APPELLO perché le energie di milioni di cittadini e cittadine
contribuiscano alla realizzazione il 20 marzo prossimo della giornata
internazionale di lotta per la fine dell'occupazione dell'Iraq e per la
pace in Medio Oriente e allo sviluppo di un impegno costante per la
costruzione della pace. L'impegno dei pacifisti statunitensi per riportare
le truppe a casa, che reclamano "giustizia e non vendetta", che denunciano
la restrizione dei diritti civili nella loro patria, che si battono per
un'altra America è anche il nostro.



FUORI LE TRUPPE DI OCCUPAZIONE DALL'IRAQ
L'IRAQ AGLI IRACHENI PACE IN MEDIO ORIENTE

BASTA ARMI - BASTA GUERRE



20 MARZO 2004

MANIFESTAZIONE NAZIONALE

ore 14.00 Piazza della Repubblica





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