violenza e nonviolenza



Ciao a tutt*,
una lettera inviata al Manifesto sul tema della nonviolenza

------------
VIOLENZA E NON VIOLENZA

Il Manifesto ha pubblicato il 4/2/2004 un contributo di Luca Casarini sul  
tema della violenza e della non violenza all’interno della sinistra.
Sentire Casarini che parla di violenza, non violenza e disubbidienza civile 
e si scaglia contro gli “sventolatori di bandiere” che osano opporsi alle 
sue efficaci pratiche rivoluzionarie è come ascoltare Berlusconi che 
pontifica su onestà e disonestà e attacca i giudici "comunisti".
L’ho trovata una lettura davvero illuminante.
In una frase (“E' vero, ai cortei si può andare anche senza casco, dipende 
da  cosa si deve fare”) si trova il problema centrale della sinistra 
italiana. Vale a dire, COSA SI DEVE FARE?
Le proposte a cui accenna Luca Casarini sono di un’ingenuità che rasenta 
l'imbecillità: tranciare il filo spinato dei CPT, cercare di sfondare le 
zone rosse,  travestirsi da omini Michelin non ha nulla a che vedere con la 
disobbedienza  civile.
Queste azioni servono solo a concentrare l’attenzione dei mass media su chi 
le attua e non certo a sensibilizzare l’opinione pubblica (ossia, quella che 
  si pubblica) su tematiche trascurate o censurate. Aggiungiamo il fatto in 
Italia il livello di concentrazione dell'informazione in poche mani e di 
manipolazione delle notizie ad opera dei mass media ha raggiunto livelli da 
record mondiale e non dovremo stupirci del risultato.
Che cosa si ottiene infatti con queste azioni, oltre alla notorietà dei loro 
autori? Facile: un movimento ampio e variegato, ma unito dal rifiuto della 
violenza, viene dipinto come violento e dunque incoerente grazie alle 
prodezze di una minoranza innamorata di slogan decrepiti come “mettere in 
gioco il  proprio corpo", del ribellismo fine a se stesso e della logica 
della violenza (presentata come autodifesa) in risposta alla violenza.
Il problema non è nuovo. Appena prima del G8 di Genova Susan George lo 
denunciava in questi termini: "Indipendentemente dalle posizioni filosofiche 
sull'argomento … le violenze fanno invariabilmente il gioco dell'avversario. 
Anche in caso di provocazioni e quando la polizia è responsabile nell'aprire 
le ostilità, come spesso avviene, ci mettono tutti nello stesso sacco. I 
media non parlano che di questo. Le idee, le ragioni della nostra 
opposizione, le proposte vengono completamente nascoste.
Lo Stato si definisce per il suo "monopolio della violenza legittima". 
Chiunque pensi di poterlo affrontare e vincere su questo terreno non ha 
fatto molta strada nell'analisi politica. Chiunque pensi che rompere vetrine 
e picchiare poliziotti "minacci il capitalismo" non ha per niente un 
pensiero politico".
Casarini con il suo estremismo violento e il centro sinistra con le sue 
contraddizioni sul tema della guerra hanno un elemento in comune: la 
mancanza di un vero progetto di trasformazione radicale di questo sistema, 
sia a livello sociale che personale.
Cosa serve, infatti, distruggere tutti i CPT d’Italia (creati, non 
dimentichiamolo, dalla legge Turco Napolitano e dal governo di centro 
sinistra), se il giorno dopo li rifanno più corazzati che mai e se le leggi 
in materia di immigrazione promosse dal centro sinistra sono appena meno 
fasciste e repressive di quelle promosse dal centro destra?
In quanto ai partiti di centro sinistra, abbiamo già avuto modo di 
apprezzare i governi Prodi e D'Alema e no, non ci piace nulla di questa 
"sinistra" sempre più opaca e incoerente, edizione edulcorata del liberismo 
selvaggio della destra.
Ma torniamo al tema centale, quello della disubbidienza civile. Per 
definirsi tale, qualsiasi azione dovrebbe avere alcune caratteristiche 
precise:
- essere totalmente non violenta
- essere facilmente riproducibile, in modo che chiunque, dai ragazzini ai  
pensionati, possa prendervi parte e ripeterla.
Credo che in Italia (e non solo) ci siano molte persone interessate ad 
elaborare nuove  forme di disubbidienza civile e nuovi percorsi di 
rivoluzione personale e sociale: le immense manifestazioni del 15 febbraio 
2003 hanno dimostrato una diffusa sensibilità che rifiuta la violenza in 
ogni sua forma. La giornata mondiale di mobilitazione contro la guerra e 
l'occupazione dell'Iraq, annunciata per il 20 marzo prossimo, può essere 
l'occasione per affermare una volta per tutte la forza di un movimento che 
non vuole avere nulla a che fare con la minoranza arrogante e violenta 
rappresentata da Casarini.. ma neanche con chi, come D'Alema, ha voluto la 
guerra in Kossovo e ora ritiene irresponsabile ritirarsi dall'Iraq.

Commissione Pace e Nonviolenza della Regionale Umanista Europea
http://www.humanisteurope.org