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articolo "BIN LADEN o dell'Araba fenice"
- Subject: articolo "BIN LADEN o dell'Araba fenice"
- From: "Agostino Spataro" <agspata at tin.it>
- Date: Mon, 5 Jan 2004 21:27:59 +0100
Carissimi Direttori, vi chiedo solo un minuto del vostro tempo prezioso. Stamattina, sui mass media, si è reincarnato lo spettro di Osama Bin Laden, il quale se la prende con i suoi ex amici al potere alla Casa Bianca e con i loro amici dittatori del Golfo e- fatto nuovo-, fra questi ultimi ci mette anche Saddam Hussein, contro il cui potere il giovane Bush ha scatenato una guerra "preventiva". Che strano giro di amicizie si fanno e si disfanno nell'area del Golfo! Volevo scrivere un articolo su questa nuova resurrezione, poi sono andato a rileggermi una mia cosina di sette mesi addietro ( esattamente del 14 maggio 2003) pubblicata sulla nostra rivista on line "Infomedi" (www.infomedi.it), ed ho pensato che non fosse necessario, poichè lo scritto conserva tutta la sua inquietante validità, anche dopo la cattura di Saddam e l'ultimo minaccioso appello di Bin Laden. Anche allora ho inviato l'articolo a vari direttori di giornali, riviste ecc. Solo alcuni giornali on line l'hanno pubblicato, mentre gli altri, soprattutto quelli della carta stampata, lo hanno regolarmente ignorato. Purtroppo quando si va alla "guerra" si deve solo sparare contro il nemico prescelto, vero o presunto, e non ci può essere tempo e spazio per chi manifesta qualche contrarietà e suggerisce una riflessione nell'esclusivo interesse dell'Italia e dell'Europa. Ecco che abbiamo visto una valanga di articoli, saggi e reportages che pochissimi leggono, poichè, tranne alcuni, non producono vera informazione e tantomeno analisi sulla "guerra- farsa" e sul dopoguerra- tragico in cui si sono impantanati Bush, Blair e i loro amici "interventisti". Comunque, mi fermo, poiché non vorrei superare il minuto. Ovviamente, non chiedo la pubblicazione dell'allegato articolo, ma solo di dargli, eventualmente, un'occhiatina, nella speranza che le cose scritte da uno che da decenni si occupa (a diversi livelli, anche istituzionali) di mondo arabo ( naturalmente non per fare la guerra, ma per stabilire con esso relazioni pacifiche di cooperazione), possano far riflettere sulle prospettive di questa tragica vicenda. Qualcuno cestinerà questa e-mail catalogandola come appartenente alla spregevole serie del "io l'avevo detto". La qualcosa non mi disturba. Poichè, alla luce della gran massa circolante di analisi sballate, credo sia preferibile appartenere al piccolo drappello di quelli che si sforzano di capire per prevenire i disastri, invece che alla grande schiera di quelli che non ne azzeccano una. Sulla questione del fondamentalismo ho anche scritto un libro: "Il Fondamentalismo islamico- Dalle origini a Bin Laden", prefazione di Yasser Arafat, Editori Riuniti, Roma, 2001, che qui cito, non per averne segnalazioni o recensioni (credo che sia quasi esaurito), ma solo per far capire che mi sono sforzato di studiare questo complesso fenomeno, rispetto al quale, da laico, mi pongo scevro da pregiudizi ideologici e da sottovalutazioni o accondiscendenze. Nel caso questa mia dovesse urtare contro la vostra suscettibilità, Vi prego di scusarmi. Ringraziandovi per la cortese attenzione, vi prego di accogliere i mie più cordiali saluti ed auguri per il nuovo Anno. Agostino Spataro 5 gennaio 2004. BIN LADEN O DELL'ARABA FENICE di Agostino Spataro* Sommario: Bin Laden, l'ubiquatario- L'arma del petrolio al servizio della "umma" musulmana- Saddam e re Fadh pari sono- Qualcosa non quadra fra pratiche e teorie islamiste- La guerra al "terrorismo" rafforza i terroristi- Europa: dialogo e cooperazione col mondo arabo. Bin Laden, l'ubiquatario Osama Bin Laden è "Come l'araba fenice, che ci sia ognuno lo dice, dove sia nessuno lo saŠ" (Metastasio) Ormai, sembra che dovremo rassegnarci a convivere (chissà per quanto tempo) con l'immagine evanescente del capo di Al Qaeda che i mass-media hanno fabbricato, su input degli imbonitori del Pentagono: una "araba fenice" , molto speciale che muore e risorge dalle proprie ceneri, nei momenti opportuni. E ogni resurezzione è annunciata da terrificanti attentati suicidi che mietono vittime a centinaia, a migliaia, come avvenne a New York, l'11 settembre. Dopo la recente "guerra" contro l'Iraq, che gli angloamericani si sono illusi d'aver vinto con l'abbattimento della statua gigante di Saddam Hussein, e nel bel mezzo dell'impasse politica ed organizzativa del dopoguerra, l'emiro del terrore sembra essere risuscitato dalle ceneri della guerra in Afghanistan, per annunciare nuove sciagure e quindi legittimare altre guerre, prossime venture. Carico di colpe tremende e inenarrabili, seppure descritto in precarie condizioni di salute, lo si vorrebbe dotato del dono dell'ubiquità: dovunque esplode una bomba "islamista" c'è la mano insanguinata di Bin Laden. Nei giorni scorsi, è stata intravista dietro gli attentati suicidi fra le lussuose ville di Riyadh, capitale del regno saudita, e di quelli avvenuti nelle periferie di Grozni, la martoriata capitale della Cecenia. L'arma del petrolio al servizio della "Umma" musulmana In attesa che qualcuno si decida ad interrompere questo spietato "romanzo a puntate", vediamo di abbozzare un ragionamento politico per tentare di capire gli obiettivi principali della strategia di Bin Laden (o di chi ne fa le veci) e della sua multinazionale islamista "Al Qaeda". La guerra, nella sua ottusità, ha rafforzato nell'opinione pubblica mondiale il fondato sospetto che Bush l'abbia scatenata per il controllo strategico dell'area del Golfo e delle immense risorse petrolifere irachene. Così come- dall'altro lato- Putin si ostina a mantenere lo stato d'occupazione russa della Cecenia per il predominio sulle risorse petrolifere insistenti nelle regioni dell'Asia centrale. Da notare che queste regioni costituiscono i due principali poli nei quali si concentrano le maggiori riserve energetiche del pianeta e che entrambi insistono in paesi di tradizione islamica o della futura "umma" (comunità) musulmana propugnata da Bin Laden e, in genere, dalle organizzazioni islamiste radicali. Ovvero nei territori dell'Islam che nel sottosuolo detengono immense ricchezze mentre in superficie mostrano la più grande ingiustizia, fatta di miseria, disoccupazione, analfabetismo e arretratezza cronica, ecc. Il petrolio "islamico", che per alcuni decenni farà ancora girare l'economia mondiale, è l'unica risorsa strategica di cui dispone il mondo arabo, fino ad oggi malamente gestita dai gruppi dominanti, soprattutto nelle petromonarchie, in termini di scandalosa ingiustizia sociale e di subalternità agli interessi delle grandi corporazioni economiche nord-americane e occidentali. Nell'era della globalizzazione dell'economia, i gruppi islamisti vorrebbero appropriarsi del petrolio e trasformarlo in un'arma formidabile non tanto per distruggere l'Occidente (obiettivo quantomeno improbabile, poiché nessun venditore si sognerebbe di distruggere il suo miglior cliente), quanto per condizionarlo nel meccanismo basilare del suo sviluppo e garantire allo Stato islamico che verrà un ruolo decente nei nuovi assetti del potere che si andranno a determinare nel quadro del "nuovo ordine internazionale". Saddam e re Fadh pari sono E non c'è dubbio che il primo, grosso ostacolo al dispiegamento della strategia islamista è rappresentato dagli attuali regimi al potere corrotti e succubi alla politica neo-coloniale dell'Occidente che gli islamisti vogliono abbattere senza eccezione alcuna. Per gli integristi non c'è grande differenza fra il laico Saddam Hussein e la dinastia fondamentalista ("wahabbita") dell'Arabia saudita. Se, dunque, Bush, facendosi malissimo i conti, s'incarica di togliere di mezzo Saddam fa una cosa gradita agli islamisti e perciò ponti d'oroŠ alle armate angloamericane in Iraq. In Arabia, dove il potere petrolifero è saldamente nelle mani dei Saud, i più fedeli alleati degli Usa, ci pensano i martiri di Al Qaeda a scuotere il regime a colpi d'attentati suicidi, in attesa della sollevazione generale che, com'è successo nell'Iran dello Scià, travolgerà la dinastia più ricca e potente del Medio Oriente, alla testa di un Paese che- per la prima volta- accusa un fortissimo deficit di bilancio e un crescente disagio sociale. Bush, che proviene da una dinastia di petrolieri texani, è molto sensibile all'argomento petrolio e mostra di avere bene avvertito la pericolosità del disegno politico del capo di Al Qaeda e perciò ha deciso d'ingaggiare con lui (almeno a parole) una guerra mortale. In questa guerra anomala contro "il terrorismo", combattuta fra ex alleati e per interessi inconfessabili, alcuni governi europei, fra i quali quello italiano, fanno a gara per potervi intervenire, anche con mansioni subalterne, per andarsi a sedere al tavolo dei vincitori e spartirsi i dividendi prodotti dallo sforzo bellico. Anche questo è un segno dei tempi (bui) che stiamo vivendo: ieri ci si attivava per partecipare ai dividendi della pace, oggi ci si accapiglia per accaparrarsi qualche modesto e sanguinolento dividendo della guerra. Qualcosa non quadra fra pratiche e teorie islamiste L'altro elemento della politica dei gruppi islamisti, da considerare con inquietudine, è rappresentato dal ricorso, ormai sistematico, agli attentati stragisti come metodo privilegiato di lotta contro i nemici interni (Arabia Saudita, Algeria, Egitto, Yemen, Libano, ecc) ed esterni (Usa, Israele, Kenia, ecc.). Tradizionalmente, i vari gruppi hanno ricorso al terrorismo, anche suicida, soprattutto in azioni di tipo resistenziale (come nei Territori palestinesi e nel Libano del sud occupati dagli israeliani), secessioniste (Kashmir, Filippine, ecc) o per il rovesciamento dei poteri cosiddetti "empi" (Egitto, Algeria, Siria); quasi mai l'attacco terroristico è stato portato fuori dei territori dell'Islam. In tutto ciò c'è qualcosa che non quadra rispetto alle più accreditate teorie integriste. Come se si fosse entrati nella seconda fase del "Jihad" (guerra santa), nella guerra per l'instaurazione della Umma mondiale alla cui direzione Sayyid Qutb, massimo teorico dell'islamismo contemporaneo, candida "un nucleo scelto di credenti plasmato nella fede in un sol uomo". E ancora presto per confermarlo. Tuttavia, Bin Laden, nei suoi minacciosi proclami, ha teso ad accreditarsi, agli occhi delle masse dei credenti, come il più autentico interprete del pensiero di Qutb, atteggiandosi a leader indiscusso, quasi predestinato, della rivoluzione islamista mondiale. La guerra "al terrorismo" rafforza i terroristi In questa guerra atroce, oltre a copiosi mezzi finanziari e a complicità politiche e logistiche, il terrorismo islamista dispone di un'arma davvero impareggiabile: le coorti dei martiri della fede che alimentano questo assurdo rito sacrificale, imprevedibile quanto micidiale, contro il quale è difficile approntare rimedi e strategie efficaci. Questi neo-martiri, infatti, si caratterizzano per un autismo impenetrabile, per una volontà fredda e determinata che solo il fanatismo estremo può sorreggere. Contro questa nuova piaga può risultare controproducente la risposta militare (la guerra senza quartiere al terrorismo proclamata dal giovane Bush) e/o lo scontro di civiltà, come in Occidente taluni sconsiderati propongono di scatenare. Nell'un caso e nell'altro non si andrebbe a incidere sulle cause determinanti questo complesso e devastante fenomeno. Se il problema- come sembra- è lo sviluppo socio-economico e democratico del mondo arabo che- anche tramite il petrolio- vorrebbe affrancarsi dalla duplice dipendenza derivante dalle politiche delle grandi multinazionali del petrolio e dalle dittature nazionali, allora le forze democratiche europee, ma anche quelle Usa, dovrebbero avviare un dialogo con tutte le componenti progressiste e pacifiste, laiche e religiose, che costituiscono la stragrande maggioranza del mondo arabo, per meglio individuare e rimuovere le cause generatrici dell'attuale malessere arabo e per costruire insieme una prospettiva di co-sviluppo e di sicurezza reciprocamente garantita. Europa: dialogo e cooperazione col mondo arabo In primo luogo, e subito, bisognerà rimuovere il più grave ostacolo che si frappone fra Occidente e Medio Oriente: la questione palestinese. Un accordo di pace, equo e duraturo, fra israeliani e palestinesi, che assicuri a questi ultimi la creazione di uno Stato sovrano e a tutti i paesi della regione confini sicuri, avrebbe contro il terrorismo un effetto pari a migliaia di missili, poiché farebbe venir meno il suo principale elemento di agitazione fra le masse arabe. Per contribuire a questo sforzo, bisogna far chiaramente capire al signor Bush che l'Europa non è disposta a seguirlo nel suo azzardoso unilateralismo imperiale e notificare al falco Sharon e soci un no deciso alla sua politica repressiva ed espansionistica in Palestina. L'Europa e altri importanti Paesi occidentali dovranno fare queste cose, oggi, se non vogliono essere costretti, domani, a trattare con Bin Laden o con suoi consimili i nuovi termini del rapporto di scambio fra Occidente e Oriente. 14 maggio 2003 *Agostino Spataro è direttore di "Infomedi-Informazioni online dal Mediterraneo" e autore del libro "Il fondamentalismo islamico- Dalle origini a Bin Laden" presentazione di Yasser Arafat, Editori Riuniti, Roma Avvertenza: si autorizza la pubblicazione del presente articolo, in tutto o in parte, purché vengano chiaramente indicati il nome dell'Autore e il periodico di riferimento: www.infomedi.it
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