GLI AFFARI ITALIANI DI SHARON



GLI AFFARI ITALIANI DI SHARON.
Un nuovo "accordo della vergogna" ACEA - Israele?

Grazie al giornale di Giuliano Ferrara, possiamo prendere conoscenza di
alcuni risvolti non secondari della visita italiana di Ariel Sharon. Oltre
ad incassare l'incondizionato sostegno politico del governo e della
maggioranza, e quello appena più pudico dell'opposizione di centrosinistra
(Fausto Bertinotti, come al solito, ha brillato per il suo silenzio),
Sharon ha gettato le premesse per un sostanzioso irrobustimento dei
rapporti commerciali fra Italia e Israele.
Sull'edizione del Foglio di giovedì 20 novembre, compare un articolo
titolato «Roma-Gerusalemme», che riportiamo integralmente.

La visita in Italia del premier israeliano Ariel Sharon non conferma solo
l'ottima intesa politica col governo italiano, vuole anche avviare una
svolta nei rapporti economici tra Italia e Israele. La conferma viene anche
dal dossier che la Farnesina ha preparato per l'arrivo di Sharon. Il
documento degli Esteri fa riferimento al successo di un recente seminario
riservato avvenuto tra le due parti per "mettere a fuoco" le aree di
rispettivo interesse. In quell'appuntamento sono state poste le basi per un
programma di joint venture che prevede anche la nascita di nuove società a
partecipazione mista italo-israeliana. L'intesa verrà ufficializzata a
Gerusalemme dal 14 al 16 dicembre con la firma degli accordi. La
delegazione italiana sarà composta dal viceministro alle Attività
produttive Adolfo Urso con delega al Commercio estero, da Confindustria
(sicura la presenza del direttore generale, Stefano Parisi, probabile
quella del presidente Antonio D'Amato) e da big come l'amministratore
delegato dell'Enel Paolo Scaroni, e il numero uno di Unicredit Alessandro
Profumo. Gli incontri si terranno a Tel Aviv, Gerusalemme e Ramallah.
E' un appuntamento cui hanno lavorato molto gli uomini di An nel governo,
visto che segue a ruota la visita di Gianfranco Fini in Israele, il 23
novembre, visita che corona anni di sforzi del presidente di An per il
definitivo accreditamento all'estero. Urso, dal canto suo, si consolida
"ambasciatore" di An nel mondo economico, e fa un pensierino a diventare
ministro. Sono ben 70 le aziende italiane coinvolte nel progetto che sono
sostenute dalla Simest, la società pubblica per la promozione all'estero
delle imprese che per statuto può partecipare fino al 25 per cento del
capitale di una società. Una percentuale che, grazie a una recente modifica
legislativa, è incrementabile al 49 per cento se gli investimenti sono
realizzati in Stati stranieri che si affacciano nel Mediterraneo. Sono 46
invece le aziende israeliane candidate a dar vita con quelle italiane a
joint venture che spazieranno dalle telecomunicazioni alle biotecnologie,
dalla sicurezza al trattamento delle acque.
In prima fila per l'Italia: Telecom Italia, Tim, Necchi (elettrodomestici),
Menarini (biomedicale), Alenia Spazio (satelliti), Finmeccanica (difesa),
Telespazio(telematica) e Unicredito. Potrebbe essere della partita anche
l'Acea, nel campo delle infrastrutture idriche, ma i contatti che erano in
corso devono ancora essere confermati dai nuovi vertici dell'ex
municipalizzata romana. Di spicco anche i nomi delle imprese israeliane
coinvolti nelle intese. Si va da Radware e Onsenet nel campo del software e
delle telecomunicazioni, a Polyheal e Mdg per la farmaceutica, fino ad
Athena e Mipha che operano nel settore della sicurezza.
Gli accordi di metà dicembre rappresentano una svolta nel rafforzamento dei
rapporti economici e politici tra Israele e Italia. "Riconosciamo con
soddisfazione l'eccellente stato dei rapporti politici bilaterali - si
legge nel dossier della Farnesina - e gli ottimi rapporti economici,
testimoniati dal volume dell'interscambio commerciale e dalla presenza
imprenditoriale italiana che va progressivamente irrobustendosi, nonostante
la crisi economica israeliana". Il documento rivela anche scenari inediti.
Si sottolinea infatti che "il governo israeliano ha deciso di esplorare
possibili campi di cooperazione con l'Unione europea nel quadro del
progetto Galileo (il sistema di navigazione satellitare che si aggiungerà a
quelli oggi gestiti da Stati Uniti, Gps, e Russia, Glonass)". "Nonostante i
vari adempimenti tecnici da compiere e i vari accordi da siglare - chiosa
la relazione - l'idea israeliana sarebbe quella di poter partecipare allo
sviluppo del progetto a partire dall'aprile 2004". Conclude il paper: "In
tale contesto è stato chiesto il nostro supporto, Tel Aviv ritiene che la
cooperazione con
l'Italia rappresenti una delle priorità della richiesta di adesione, grazie
alla posizione di rilievo che la nostra industria spaziale occupa in ambito
europeo, e grazie all'impatto che la posizione italiana ha all'interno dei
meccanismi decisionali della politica aerospaziale europea". Il Galileo, in
realtà, è solo la parte "emergente" di una collaborazione italo-israeliana
sui sistemi della difesa destinata a rafforzarsi molto, nella prospettiva
dell'ingresso di Finmeccanica nel "girone A" della Netwar e delle commesse
Usa in materia, grazie alla joint coi britannici di BAE Systems.

Il Forum Palestina rinnova il suo invito al boicottaggio dell'economia di
guerra israeliana "FINO A QUANDO CONTINUERA' L'OCCUPAZIONE ISRAELIANA DELLA
PALESTINA E LA COSTRUZIONE DEL MURO DELL'APARTHEID", e questa - per quanto
di nostra conoscenza - è la sola reazione che si è avuta alla divulgazione
di una notizia tanto grave.
E' grave che il governo italiano - e in particolare Alleanza Nazionale, che
si conferma partner privilegiato del governo sionista - rafforzi la
cooperazione con uno Stato che continua ad ignorare tutte le Risoluzioni
dell'ONU sull'occupazione dei Territori Palestinesi, del Golan, di
un'enclave libanese e quelle sulle armi di distruzione di massa; è grave
che questa cooperazione si concentri particolarmente in settori quali la
tecnologia militare e la biotecnologia; è grave che tutto ciò sia il frutto
di un recente seminario riservato avvenuto tra le due parti per "mettere a
fuoco" le aree di rispettivo interesse. E' troppo chiedere se qualche
parlamentare sia disposto a pretendere che gli atti di questo "seminario
riservato" siano resi pubblici, visto che riguardano sicuramente un corposo
impegno di denaro pubblico?
Ma vi è un altro aspetto sul quale è necessario riaccendere urgentemente i
riflettori: ci riferiamo al coinvolgimento dell'azienda pubblica ACEA nel
"trattamento delle acque" in collaborazione con Israele. Come qualcuno
ricorderà, di questa operazione si parlò molto alcuni mesi or sono, quando
il Sole 24 Ore pubblicò un articolo simile a quello attuale del Foglio;
anche allora, il regista dell'operazione economica Italia - Israele era il
Viceministro Urso ed anche allora si parlò di un coinvolgimento dell'ACEA,
azienda al 51% di proprietà del Comune di Roma. Un appello del Forum
Palestina contro l'accordo della vergogna raccolse in pochi giorni
centinaia di firme, mentre la Consigliera del PRC Adriana Spera
sollecitava, con un'interrogazione urgente in Campidoglio, una risposta,
mentre anche l'Assessore del PRC Luigi Nieri prendeva posizione contro
l'accordo. La risposta venne fornita rapidamente dall'Assessore alle
Politiche Economiche Marco Causi, che escluse l'esistenza di "accordi
commerciali o partnership industriali che coinvolgono Acea spa". Alleanza
Nazionale sbraitò contro la sospensione dell'accordo e anche l'ambasciata
israeliana non fece mancare le sue pressioni, ma la faccenda sembrava
chiusa.  
Ora - stando all'articolo del Foglio - la partita si riapre. Come è stato
più volte sottolineato dal Forum Palestina, la forzata rinuncia ai capitali
e alla tecnologia ACEA sono stati un duro colpo per Israele, che ora torna
alla carica per accaparrarsi le risorse necessarie a continuare e
perfezionare la rapina dell'acqua dei Palestinesi, in primo luogo, ma anche
dei Siriani e dei Libanesi, per non essere più costretto ad importare ogni
anno 15 milioni di metri cubi di acqua dalla Turchia e ridurre
definitivamente i Palestinesi all'invivibilità. Ci auguriamo che il secondo
tempo della partita confermi il risultato del primo.


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