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Tenete gli occhi aperti su questo Paese
- Subject: Tenete gli occhi aperti su questo Paese
- From: "José F. Padova" <jospadov at tin.it>
- Date: Tue, 29 Jul 2003 18:28:46 +0200
"Die Zeit", Hamburg, Nr. 32, 2 ago sto 2001 Tenete gli occhi aperti su questo Paese In Italia incombe il ritorno dello stato autoritario. Le leggi e il dominio sui media di Berlusconi spianano la strada. di Ulrich Ladurner (traduzione dal tedesco di José F. Padova) Noi tutti amiamo l'Italia. Il vino è buono, il sole splende, e poi quelle persone allegre: sì, potessimo anche noi in modo così gaudente andare a zonzo per il mondo! Qui un cappuccino, là una chiacchierata, viva Italia e la bella vita per giunta! Il nostro amore per l'Italia è grande e indulgente, anche se si tratta di cose più serie. La politica ad esempio. Qui niente vuole andare per il verso giusto. Questo non se lo aspetta nessuno. Il caotico appartiene al fascino dell'Italia. Simili pregiudizi hanno la rilevanza di una costante antropologica e come tali sono i veicoli pubblicitari dell'industria del turismo. Pertanto occorre anche spiegare che in occasione dell'elezione di Silvio Berlusconi a capo del governo nessun inatteso clamore si è diffuso in Europa. Nulla che potesse essere paragonabile alla rivolta morale esplosa quando a Vienna il partito xenofobo di Jörg Haider giunse al potere. Nessun cancelliere, nessun primo ministro parlò apertamente, dopo l'elezione di Berlusconi, di quello che ognuno sapeva: che l'Italia era diventata un problema europeo. A chi fra loro avrebbe desiderato esprimere critiche allo zar dei media il calcolo della Realpolitik tappò rapidamente la bocca: l'Italia è troppo grande per raffinati consigli di democrazia. Da Genova in poi la quiete è finita. Non è più necessario parlare ancora dell'orgia di percosse della polizia contro i dimostranti. Chi volesse saperne di più può rivolgersi direttamente ad Amnesty International, che ha aperto un "Dossier Genova". Le fonti ufficiali italiane, che attestano l'inaudita brutalità delle forze dell'ordine, sono nel frattempo bastanti. Che cosa si sta preparando in Italia" Che accade in un Paese che da poco ha eletto a primo ministro un pregiudicato" Che cosa indica il fatto che del governo a Roma fanno parte uomini che non hanno reciso le loro radici ideologiche fasciste" Che significa un partito xenofobo partecipe del governo" E infine: che accade èper il futuro della democrazia quando il capo del governo possiede su quasi tutti i mezzi di informazione elettronica un controllo esercitato in modo niente affatto discreto" Non ci sono prove che l'orgia di violenza a Genova sia stata preordinata dall'alto ed è anche improbabile che vi siano stati ordini in tal senso. Sebbene sia importante fare luce sull'origine della trasgressione - e precisamente da parte della polizia edei dimostranti, Genova è nulla più di una lente focale sotto la quale è riconoscibile un gioco più grande. Silvio Berlusconi in persona gli ha dato un nome: "La rivoluzione dell'Italia". La radicale trasformazione. Egli governa da più di cinquanta giorni: in questo periodo ha impiantato i seguenti componenti della nuova Italia: una legge che abolisce le imposte di successione (il più grande beneficiario è l'uomo più ricco d'Italia, Berlusconi); un progetto di legge che considera il falso in bilancio come una fattispecie non perseguibile penalmente (Berlusconi è sotto processo per falso in bilancio); una proposta di legge che definisce l'immigrazione illegale in Italia come delitto, punito con quattro anni di carcere (un'iniziativa del partito di governo xenofobo Lega Nord); un'ulteriore proposta di legge che attribuisce alla polizia maggiore autonomia rispetto alla giurisdizione (Berlusconi ha sempre definito i giudici delle inchieste, che indagavano su di lui, come politicamente motivati). La storia del terrorismo "Genova" dovrebbe essere interpretata non tanto come un atto di prevaricazione violenta, ma piuttosto come un richiamo ad una cultura politica italiana non del tutto nuova. Manganellate, bombe, attentati, dozzine di morti hanno segnato la storia italiana del dopoguerra Il terrorismo politico era un aspetto della contrapposizione di politica interna. La maggior parte di quei crimini non è stata mai veramente chiarita. L'oscura storia del paese è descritta con le parole "strategia della tensione". Esse hanno naturalmente trovato posto nel vocabolario politico dell'Italia come altrove il concetto di partecipazione sociale. La "strategia della tensione" non fu altro che un tentativo di reagire con le bombe ad uno stato autoritario. Attentati e sequestri furono gettati come colpe per lo più su "quelli della sinistra", anarchici o comunque oppositori. Questi respinsero al mittente. L'uccisione del primo ministro Moro fu addebitata sul loro conto. Il risultato fu la destabilizzazione dell'intero paese. La reazione: las mano forte di un forte stato. Il poco che si sa con sicurezza della storia del terrorismo in Italia disegna un quadro inquietante: l'estrema destra in collaborazione con i servizi segreti aveva lo zampino in molti eventi. Il partito di destra erede del neofascista Movimento Sociale Italiano - oggi Alleanza Nazionale, partito di governo - aveva troppo stretti rapporti con quelle formazioni. Tutto questo è storia, naturalmente - ma è una storia che dopo Genova può ritornare. Gli avvenimenti di Genova hanno messo in movimento una retorica politica che ricorda i sanguinosi anni settanta. L'opposizione sfrutta i fatti e parla con leggerezza di "stile fascista" e di "notti cilene"; la maggioranza fa muro, alla meglio, e si trincera con un linguaggio non meno sconsiderato dietro ai suoi poliziotti. Il risultato: l'atmosfera politica è avvelenata. La paura del terrorismo è di nuovi presente. Un prominente politico, Clemente Mastella, ha ricevuto nei giorni scorsi una lettera con due pallottole - una intimidazione nel vecchio stile della mafia e delle truppe del terrorismo rosso. Che cosa di tutto questo ci riguarda? Non è questa una questione interna di uno stato sovrano? Non più, nell'Europa unita. Non si deve incomodare la teoria della sovranità limitata degli stati-nazione ma non si può nemmeno mettere in discussione l'universalità dei diritti umani. Più semplicemente: ogni scivolamento dell'Italia nei travagliati anni settanta ha effetti diretti sull'Europa, sulla sua economia comune e sulla valuta - e quindi su tutti noi. Che fare? Per prima cosa: osservare! Ad esempio i servizi della televisione italiana. Allora si sperimenteràche cosa significa avere un padrone assoluto dei mezzi di informazione come primo ministro. Si capirà perché questa concentrazione di potere è un pericolo per la democrazia dell'Italia. Esiste ad esempio della seconda rete televisiva italiana un servizio, della durata di un'ora, sui fatti di Genova che fino ad oggi non è stato mandato in onda. C'è in luogo di quello un intervento televisivo di Berlusconi in Senato - mentre egli afferma: "Non si devono scambiare gli aggressori con gli aggrediti", la regia, manipolando abilmente, trasmette immagini di mezzi della polizia in fiamme e di giovani che lanciano pietre a Genova, mentre la voce di Berlusconi si diffonde nello stile di quella di un reporter che enfatizza la sua cronaca con la forza delle immagini. Tenere gli occhi aperti, dunque. Perché c'è il primo morto, c'è dell'Italia una sanguinosa storia che può ritornare, e c'è un politico che è più potente di tutti gli altri, democratici, prima di lui. E c'è il nostro amore per l'Italia, che rende noi tutti troppo facilmente ciechi. Testo originale: Die Zeit, Hamburg - Nr. 32, den 2. August 2001 Schaut auf dieses Land In Italien droht die Rückkehr des autoritären Staats. bBerlusconis Gesetze und Medienherrschaft ebnen den Weg von Ulrich Ladurner Wir alle lieben Italien. Der Wein ist gut, die Sonne scheint, und diese heiteren Menschen: Ja, wenn wir doch auch so genießerisch durch die Welt flanieren könnten! Hier ein Cappuccino, dort ein Plausch, viva Italia und das gute Leben dazu! Unsere Liebe zu Italien ist groß und nachsichtig, auch wenn es um ernstere Dinge geht. Politik zum Beispiel. Da will nichts richtig klappen. Das erwartet auch keiner. Das Chaotische gehört zum Charme Italiens. Derlei Vorurteile haben den Rang einer anthropologischen Konstante, und als solche sind sie Werbeträger der Tourismusindustrie. So ist es auch zu erklären, dass bei der Wahl von Silvio Berlusconi zum Ministerpräsidenten kein Aufschrei durch Europa ging. Nichts, was vergleichbar gewesen wäre mit dem moralischen Aufruhr, als in Wien die ausländerfeindliche Freiheitliche Partei des Jörg Haider an die Regierung kam. Kein Kanzler, kein Ministerpräsident sprach nach Berlusconis Wahl offen von dem, was jeder wusste: dass Italien zum europäischen Problem geworden war. Wer von ihnen noch ansetzen mochte zur Kritik an dem Medienzar, dem schloss realpolitisches Kalkül schnell den Mund: Italien ist zu groß für feinsinnige demokratische Ratschläge. Mit der Ruhe ist es seit Genua aus. Es ist nicht mehr notwendig, von der Prügelorgie der Polizei gegen Demonstranten zu reden. Wer mehr darüber wissen möchte, der kann sich direkt an amnesty international wenden, das ein "Genua Dossier" eröffnet hat. Offizielle italienische Quellen, die eine unerhörte Brutalität der Ordnungskräfte bezeugen, gibt es inzwischen genug. Was braut sich in Italien zusammen" Was geschieht in einem Land, das seit kurzem einen vorbestraften Mann zum Ministerpräsidenten gewählt hat" Was bedeutet es, wenn an Roms Regierung Männer beteiligt sind, die ihre ideologisch-faschistischen Wurzeln nicht abgeschnitten haben" Was heißt es, wenn eine fremdenfeindliche Partei mitregiert" Und schließlich: Wie ist es mit der Zukunft der Demokratie bestellt, wenn der Ministerpräsident die keineswegs zaghaft ausgeübte Kontrolle über fast alle elektronischen Medien hat" Es gibt keine Beweise, dass die Orgie der Gewalt in Genua von oben angeordnet wurde, es ist auch unwahrscheinlich, dass es solche Befehle gegeben hat. Wiewohl es wichtig ist, den Ursprung des Vergehens - und zwar aufseiten der Polizei und der Demonstranten - aufzuklären, war Genua doch nicht mehr als ein Brennglas, unter dem ein größeres Spiel zu erkennen ist. Silvio Berlusconi selbst hat ihm einen Namen gegeben: "Die Revolution Italiens". Der radikale Umbau. Er regiert seit mehr als fünfzig Tagen. In dieser Zeit hat er folgende Bauelemente des neuen Italiens errichtet: ein Gesetz, das die Erbschaftsteuer abschafft (größter Nutznießer ist der reichste Mann Italiens, Berlusconi); einen Gesetzesvorschlag, der die Fälschung von Bilanzen nicht mehr als strafrechtlich verfolgbaren Tatbestand betrachtet (Berlusconi war wegen Bilanzfälschung verurteilt worden); einen Gesetzentwurf, der illegale Immigration in Italien zur Straftat macht, bedroht mit vier Jahren Gefängnis (eine Initiative der xenophoben Regierungspartei Lega Nord); einen weiteren Gesetzesvorschlag, der der Polizei mehr Autonomie gegenüber der Justiz einräumt (Berlusconi hatte die Untersuchungsrichter, die gegen ihn ermittelten, immer als politisch motivierte Täter dargestellt). Die Geschichte des Terrors "Genua" sollte man nicht so sehr als einen Akt der Gewalt interpretieren, sondern als den Hinweis auf eine nicht ganz neue politische Kultur Italiens. Schlagstöcke, Bomben, Attentate, Dutzende Tote haben die italienische Nachkriegsgeschichte mitgeprägt. Politischer Terror war ein Teil der innenpolitischen Auseinandersetzung. Die meisten dieser Verbrechen sind nie wirklich aufgeklärt worden. Die dunkle Geschichte des Landes wird mit den Worten "Strategie der Spannung" umschrieben. Sie haben in das politische Vokabular Italiens so selbstverständlich Eingang gefunden wie anderswo etwa der Begriff der Sozialpartnerschaft. Die "Strategie der Spannung? war nichts anderes als ein Versuch, einen autoritären Staat herbeizubomben. Attentate und Entführungen wurden zumeist "Linken", Anarchisten oder sonst welchen Gegnern, in die Schuhe geschoben. Die schlugen zurück. Der Mord an Ministerpräsident Aldo Moro ging auf ihr Konto. Das Resultat war eine Destabilisierung des ganzen Landes. Die Reaktion: die harte Hand eines starken Staates. Das wenige, was man über die Terrorgeschichte Italiens mit Sicherheit weiß, ergibt ein beunruhigendes Bild: Die extreme Rechte hatte in Zusammenarbeit mit Geheimdiensten in vielen Fällen ihre Finger im Spiel. Die rechte Nachfolgepartei des neofaschistischen Movimento Sociale Italiano - heute die Regierungspartei Alleanza Nazionale - hatte zu diesen Gruppierungen ein allzu enges Verhältnis. Alles Geschichte, natürlich - aber es ist eine, die nach Genua wiederkommen kann. Die Ereignisse in Genua haben eine politische Rhetorik in Gang gesetzt, die an die blutigen siebziger Jahre erinnert. Die Opposition schlägt aus den Ereignissen Kapital und spricht leichtfertig von "faschistischem Stil" und "chilenischen Nächten"; die Regierung mauert, so gut es geht, und stellt sich mit einer nicht weniger leichtfertigen Sprache hinter ihre Polizisten. Das Ergebnis: Die politische Atmosphäre ist vergiftet. Die Angst vor dem Terror ist wieder da. Ein prominenter Politiker, Clemente Mastella, hat in den letzten Tagen einen Brief mit zwei Kugeln erhalten - eine Einschüchterung im alten Stil der Mafia und der roten Terrortruppen. Und was geht das alles uns an? Ist das nicht innere Angelegenheit eines souveränen Staates? Nicht mehr, im vereinten Europa. Man muss nicht einmal die Theorie von der beschränkten Souveränität der Nationalstaaten bemühen, auch muss nicht die Universalität der Menschenrechte ins Feld geführt werden. Es geht auch einfacher: Jedes Abrutschen Italiens in die unruhigen siebziger Jahre hat direkte Auswirkungen auf Europa, auf seine gemeinsame Wirtschaft und Währung - und damit auf uns alle. Was ist zu tun? Zuerst einmal: Hinschauen! Zum Beispiel auf die Berichterstattung im italienischen Fernsehen. Dann wird man erleben, was es heißt, einen absoluten Herrscher der Medien als Ministerpräsidenten zu haben. Man wird verstehen, warum diese Machtkonzentration eine Gefahr für Italiens Demokratie ist. Es existiert zum Beispiel ein einstündiger Bericht der zweiten staatlichen Fernsehstation über die Ereignisse in Genua, der bis heute nicht gesendet wurde. Es gibt stattdessen einen Fernsehbericht von Berlusconi, der im Senat spricht - als er dann sagt: "Man soll nicht die Aggressoren mit den Angegriffenen verwechseln!", schneidet die manipulative Regie Bilder von brennenden Polizeiwagen und Steine werfenden jugendlichen aus Genua dazu, während Berlusconis Stimme im Stile eines Reporters erklingt, der seine Geschichte mit der Macht der Bilder unterlegen darf. Hinschauen also. Denn es gibt den ersten Toten, und es gibt eine blutige Geschichte Italiens, die wiederkehren will, und es gibt einen Politiker, der mächtiger ist als alle Demokraten vor ihm. Und es gibt unsere Liebe zu Italien, die uns allzu leicht blind macht.
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