Ragni nella rete del dominio mondiale americano



America
Ragni nella rete del dominio mondiale americano
DIE ZEIT, Hamburg - http ://www.zeit.de/2003/28/Strauss_2fTrotzki -
Intorno ai consiglieri neoconservatori del presidente degli Stati Uniti si
aggirano leggende politiche. Seguono gli insegnamenti del filosofo tedesco
Leo Strauss ? La teoria della guerra preventiva proviene dall'arsenale del
rivoluzionario Lev Trotski ?
di Richard Herzinger (traduzione dal tedesco di José F. Padova)

Una scuola di pensiero molto influente, chiamata " Neocons ", guida la
politica del governo Bush . Le idee in materia le ha fornite il filosofo
tedesco Leo Strauss , che negli anni trenta, di fronte all'ascesa di Hitler
, attraverso la Gran Bretagna si era rifugiato negli Stati Uniti d'America.
Da mesi questa tesi viene trattata alla grande sui giornali americani di
primo piano, dal ÊNew York Times al New York Review of Books fino al Boston
Globe . All'inizio del grande racconto vi è uno spettacolare trasferimento
[ ndt .: Transfer in ted .significa anche "transfert", psic .] dall' Old
Germany , alla fine del quale si trova la politica della guerra preventiva
degli Stati Uniti e la menzogna a scopi propagandistici sulle armi di
distruzione di massa irachene. Anche qui da noi [ in Germania ] si legge
frequentemente della conquista dei gangli politici di una superpotenza da
parte delle teorie di un pensatore poco conosciuto [ Strauss ]. Fra la
ventina dei suoi seguaci devono esserci coloro che dai suoi seminari sono
approdati alle leve di comando del potere, con il sottosegretario alla
Difesa Paul Wolfowitz nella parte della Vedova Nera al centro della
ragnatela.
Da un articolo al successivo si aggiungono nuovi aspetti della rivelazione.
Leo Strauss (1899-1973 ) non ha simpatizzato con alcune tesi del famigerato
esperto [ nazista ] di diritto pubblico Carl Schmitt ? In un baleno i
Neocons sono definiti gli eredi americani di quel gruppo di intellettuali
antidemocratici della Repubblica di Weimar , che sotto la parola d'ordine
"rivoluzione conservatrice" contribuirono a spianare la strada al "Terzo
Reich ". L'idea che i rivoluzionari conservatori tedeschi siano emigrati al
di là dell'Atlantico impressiona coloro che qui sono rimasti come una
promessa di riabilitazione storica: se l'America si è abbandonata nelle
braccia di una ideologia prefascista , questa volta non stiamo noi, i
tedeschi, al fianco dei difensori dell'Occidente democratico?
Eppure i veri epigoni di Carl Schmitt non si trovano in nessun modo
nell'entourage di George W. Bush , bensì nelle fila dei "
nazional-rivoluzionari " tedeschi ed europei. Per l'intellettuale francese
di destra Alain de Benoist ,aesempio, gli Stati Uniti sono il nemico
capitale di tutti i popoli che combattono per la loro purezza etnica e
nazionale. L'odierna Amministrazione americana, ai loro occhi, mette in
pratica esattamente quella politica "imperialistica" dell'imposizione degli
ideali liberali contro la quale Carl Schmitt alla fine degli anni trenta
aveva sviluppato la sua idea di un "ordinamento su grandi spazi con divieto
di intervento per le potenze aliene da essi". Scopo dichiarato di questo
concetto: che l'America dovesse essere tenuta fuori dall'Europa, per gli
ideologi come Schmitt era una scelta consacrata al nuovo ordinamento della
Grande Germania su base "nazionale" da parte di Hitler .
Il pensiero che la storia mondiale sia mossa da un unanime sistema di idee,
concepito segretamente da un gruppo di avanguardia, per taluni storici del
pensiero era evidentemente tanto ricco di attrattive che la fantasia sembra
averli superati. Accanto all'ammissione che il governo Bush segua gli
insegnamenti di una segreta dottrina straussiana emerge ora un'ulteriore
ipotesi di cospirazione di ideologia storicistica . In questo senso i
Neocons sono trotzkisti camuffati. Infatti alcuni dei loro precursori, come
Irving Kristol (padre dell'editore della pubblicazione neoconservatrice
Weekly Standard , William Kristol ) e Norman Podhoretz ,in gioventù
avrebbero simpatizzato con le idee del rivoluzionario russo Lev Trotzki
(1879-1940 ). Da qui è costruito da Robert Misik (Tagesanzeiger del 18
giugno 2003) un "tipo [ carattere ] trotzkista", la cui "baldanza" sotto i
più diversi segni ideologici potrebbe giungere alla deflagrazione.
Il suo segno distintivo: la predilezione per la guerra di aggressione.
Dopotutto la dottrina della guerra preventiva del governo americano
rassomiglierebbe alla presunta regola di Trotzki , il primo commissario
sovietico alla Guerra, secondo la quale la rivoluzione dovrebbe essere
portata nei Paesi stranieri sulla punta delle baionette dell'Armata Rossa.
Ciò cui Robert Misik non risponde è tuttavia la domanda se vi sono due
specie di Neocons , vale a dire quella schmittiano-straussiana e quella
trotzkista, oppure se i Neocons in realtà riescono a realizzare il pezzo di
bravura, essere nel medesimo tempo trotzkisti e straussiani .
Soltanto questo almeno è vero nelle voci che circolano sui neoconservatori
americani: le idee di Leo Strauss hanno influenzato in modo determinante la
nascita di questo orientamento di pensiero. In effetti Strauss fu un
pensatore illiberale. Egli considerava come un'epoca di decadenza quella
moderna, nella quale un crescente relativismo dei valori porterebbe alla
dissoluzione sociale. Con questa diagnosi egli si discosta appena dai
numerosi altri pessimisti della cultura del suo tempo, di destra come di
sinistra. La sua giustificazione però era eccentrica: del declino
contemporaneo sarebbero responsabili i filosofi dell'evo moderno, a
cominciare da Machiavelli .Infatti essi avrebbero rivelato al popolino
verità che erano definite soltanto per loro stessi (come persone elette e
di elevata posizione): che non vi sarebbe alcun Dio, che "Essere" non
avrebbe alcun significato più profondo e che nessuna nazione sarebbe
migliore delle altre. Si tratterebbe quindi di cercare nuovamente di capire
queste visioni filosofiche.
Strauss era il prototipo di quello che Karl Popper chiamava il "filosofo
oracoleggiante". Proprio per questo però dai suoi scritti non si possono
trarre immediate istruzioni d'uso politiche. Sembra chiaro soltanto che
Strauss non voleva per nulla eliminare la democrazia, ma al contrario
salvarla dal decadimento. Secondo critici come il liberale di sinistra e
pubblicista americano William Pfaff ,Strauss avrebbe tuttavia portato i
Neocons all'idea di costituire il dominio di una elite antidemocratica e di
celare all'opinione pubblica la loro vera attività. Il che, per inciso,
dovrebbe spiegare ampiamente la probabile manipolazione delle prove del
programma di armamenti ABC [ ndt .: Atomici, Biologici, Chimici ] di Saddam
Hussein .
Ora, da quando anche la setta politica del teorico americano della
cospirazione Lyndon La Rouche - che mantiene in Germania una propaggine
sotto il nome di "Movimento civile per la solidarietà" - si è impadronita
della materia, la rigogliosa fioritura di leggende sui Neocons minaccia di
ribaltarsi in denuncia di oscurantismo, comprese le connotazioni
antisemite. Così ali estreme della destra americana, come l'ex-repubblicano
Pat Buchanan , alla vigilia della guerra d'Iraq hanno diffuso l'accusa che
nel governo Bush una "lobby giudaica" vorrebbe trascinare l'America in una
guerra per conto terzi a favore di Israele. Perciò egli puntò sul fatto che
un gruppo di Neoconservatori di primo piano sono ebrei. Anche Leo Strauss
lo era. Già negli anni cinquanta egli aveva chiesto una presa di posizione
univoca da parte dell'America a favore d'Israele - per un conservatore USA
a quel tempo una posizione straordinariamente insolita.
È proprio ora di ritrovare il solido terreno dei fatti nel dibattito sulla
forza motrice politica del governo degli Stati Uniti. I Neoconservatori
Ênon sono in fondo un gruppo così omogeneo come suggeriscono le più recenti
speculazioni sul loro ruolo storico. Ela loro influenza sulle decisioni
dell'Amministrazione Bush è assolutamente limitata. Il fatto che essa sia
potuta divenire tanto forte, come in effetti lo è, ha meno a che fare con
la magica forza delle idee che con l' 11 settembre, che costrinse il
governo conservatore degli Stati Uniti ad una linea interventista. I
Neoconservatori non sono diventati visibili per aver causato questa svolta,
ma perché sono stati in grado di presentare una posizione teorica che vi si
adattava. Da anni essi richiedono che gli USA interrompano la loro
collaborazione con le dittature e applichino la forza accumulata
dall'America, per diffondere dovunque nel mondo i diritti umani e le
strutture democratiche. È degno di nota soprattutto che i Neocons abbiano
così realizzato un progetto universale - che un tempo si collegava ai nomi
di presidenti democratici come Roosevelt oKennedy - in un radicale
programma conservatore (in alcuni tratti utopico). Un tempo il
conservatorismo americano in politica estera era vincolato a strette
considerazioni di interesse nazionale.
Ese nella politica mondiale qualcosa fa effetto di "trotzkista" si tratta
delle sue stesse condizioni di partenza. Vale a dire nel senso che una tesi
di Lev Trotzki era effettivamente perspicace: la tesi della "non
contemporaneità dello sviluppo". Nel 1906 con il concetto di rivoluzione
permanente egli si scostò dalla tradizionale tesi marxista, secondo la
quale la storia seguirebbe il corso degli stadi storici dello sviluppo. Ciò
che Trotzki pensava: i Paesi non si sviluppano secondo uno schema rigido,
non passano dapprima per una fase "feudale", poi per una "capitalistica" e
infine per uno stadio "socialista", ma piuttosto porterebbero con sé la
dinamica del mercato mondiale, vale a dire che in un Paese questi stadi si
presentano contemporaneamente e portano a contraddizioni esplosive.
In una simile situazione di "simultaneità del non-contemporaneo" ci
troviamo noi stessi, oggi. In molte regioni del mondo strutture
preindustriali o post-coloniali cozzano con tutta forza contro la dinamica
della globalizzazione. D'altra parte Paesi, che gia sono passati nei
processi di modernizzazione, perdono il collegamento. La conseguenza di un
tale sviluppo è il collasso di ordinamenti statali e civili in molte parti
del mondo. Questo costringe l'Occidente, e prima di tutti gli USA, ad
intervenire in tutto il mondo come forza d'intervento.
Dopo l' 11 settembre è diventato chiaro che le conseguenze del decadimento
mondiale non possono più essere tenute fuori dal mondo occidentale. La
reazione americana a tutto questo è quindi molto meno pensata in chiave
ideologica di quanto suggeriscono le leggende sui Neocons . Piuttosto essa
segue un metodo di sperimentazione ed errore. Forze diverse trascinano
tutto in direzioni diverse. E i Neocons tengono dietro, né più né meno.

Testo originale:

Amerika
Spinnen im Netz der amerikanischen Weltherrschaft
http :// www.zeit.de /2003/28/ Strauss_2fTrotzki -
Um die neokonservativen Berater des US-Präsidenten Bush ranken sich
politische Legenden. Folgen sie den Lehren des deutschen Philosophen Leo
Strauss? Stammt die Theorie des Präventivkriegs gar aus dem Arsenal des
Revolutionärs Leo Trotzki?
Von Richard Herzinger
Eine einflussreiche neokonservative Denkschule, genannt die ? Neocons ",
steuert die Politik der Bush-Regierung. Die Ideen dazu hat ihr der deutsche
Philosoph Leo Strauss geliefert, in den dreißiger Jahren vor Hitler über
England in die USA geflüchtet war.
Diese These wird in führenden amerikanischen Zeitungen seit Monaten hoch
gehandelt, von der New York Times über die New York Review of Books bis zum
Boston Globe .Am Anfang der großen Erzählung steht ein spektakulärer
Ideentransfer aus Old Germany, am Ende die US-Präventivkriegspolitik und
die Propagandalüge über irakische Massenvernichtungswaffen. Auch
hierzulande liest man häufig von der Eroberung der politischen Zentren
einer Supermacht durch die Lehren eines kaum bekannten Denkers. Um die 20
seiner Anhänger sollen es sein, die aus seinen Seminaren bis an die
Schalthebel der Macht gelangten, mit dem stellvertretenden
Verteidigungsminister Paul Wolfowitz als der Schwarzen Witwe im Zentrum des
Spinnennetzes.
Von Artikel zu Artikel kommen neue Enthüllungsaspekte hinzu. Hat Leo
Strauss (1899 bis 1973) nicht mit einigen Thesen des berüchtigten
Staatsrechtlers Carl Schmitt sympathisiert? Flugs werden die Neocons zu den
amerikanischen Erben jener Gruppe antidemokratischer Intellektueller der
Weimarer Republik erklärt, die unter dem Schlagwort ?Konservative
Revolution" dem ?Dritten Reich" den Weg ebnen halfen. Die Vorstellung, die
deutschen konservativen Revolutionäre seien über den Atlantik ausgewandert,
wirkt auf die Hiergebliebenen wie ein Versprechen auf historische
Rehabilitation: Stehen, wenn Amerika der Willkür einer präfaschistischen
Ideologie preisgegeben ist, diesmal nicht wir Deutschen auf der Seite der
Verteidiger des demokratischen Westens?
Doch die wirklichen Epigonen Carl Schmitts findet man keineswegs in der
Nähe George W. Bushs, sondern in den Reihen deutscher und europäischer
?Nationalrevolutionäre". Für den französischen Rechtsintellektuellen Alain
de Benoist zum Beispiel sind die Vereinigten Staaten der Hauptfeind aller
um ihre ethnische und nationale Reinheit kämpfenden Völker. Die
gegenwärtige amerikanische Regierung betreibt in ihren Augen exakt jene
?imperialistische" Politik der weltweiten Durchsetzung liberaler Ideale,
gegen die Carl Schmitt Ende der dreißiger Jahre seine Idee einer
?Großraumordnung mit Interventionsverbot für raumfremde Mächte" entwickelt
hatte. Erklärtes Ziel dieses Konzepts: Amerika sollte aus Europa
herausgehalten werden, war es doch für Ideologen wie Schmitt dazu
ausersehen, von Hitlers Großdeutschland auf ?völkischer" Grundlage neu
geordnet zu werden.
Der Gedanke, die Weltgeschichte werde von einem geschlossenen Ideensystem
bewegt, das sich eine Avantgardegruppe im Verborgenen ausgedacht habe, ist
für manche Ideengeschichtler jedoch offenbar so reizvoll, dass ihnen
darüber die Fantasie durchzugehen scheint. Neben der Annahme, die
Bush-Regierung folge den Anweisungen einer straussianischen Geheimlehre,
taucht jetzt eine weitere ideologiegeschichtliche Konspirationshypothese
auf. Ihr zufolge sind die Neocons verkappte Trotzkisten. Denn einige ihrer
Vordenker wie Irving Kristol (der Vater des Herausgebers der
neokonservativen Zeitschrift Weekly Standard, William Kristol )und Norman
Podhoretz sollen in ihrer Jugend mit den Ideen des russischen Revolutionärs
Leo Trotzki (1879 bis 1940) sympathisiert haben. Woraus dann von Robert
Misik (taz vom 18.Juni2003 ) ein ?trotzkistischer Typus" konstruiert wird,
dessen ?Schneidigkeit" unter verschiedensten ideologischen Vorzeichen zum
Ausbruch kommen könne.
Sein Kennzeichen: die Präferenz für den Angriffskrieg. Schließlich ähnele
die Präventivkriegsdoktrin der amerikanischen Regierung der angeblichen
Maxime Trotzkis, des ersten sowjetischen Kriegskommissars, wonach die
Revolution auf den Bajonetten der Roten Armee in fremde Länder zu tragen
sei. Was Robert Misik nicht beantwortet, ist allerdings die Frage, ob es
dann zwei Sorten von Neocons gibt, nämlich straussianisch-schmittianische
und trotzkistische, oder ob die Neocons tatsächlich das Kunststück fertig
bringen, Trotzkisten und Straussianer zur selben Zeit zu sein.
So viel ist immerhin wahr an den kursierenden Gerüchten über die
amerikanischen Neokonservativen: Die Ideen von Leo Strauss haben die
Entstehung dieser Denkrichtung maßgeblich beeinflusst. Strauss war
tatsächlich ein illiberaler Denker. Die Moderne hielt er für eine
Verfallsepoche, in der ein wachsender Werterelativismus zu
gesellschaftlicher Auflösung führe. Mit dieser Diagnose unterschied er sich
kaum von zahlreichen anderen Kulturpessimisten seiner Zeit, rechten wie
linken. Seine Begründung jedoch war eigenwillig: Am modernen Niedergang
seien die Philosophen der Neuzeit schuld, angefangen bei Machiavelli. Denn
sie hätten Wahrheiten, die nur für sie (als die auserwählten, höheren
Menschen) bestimmt waren, an das einfache Volk verraten: dass es keinen
Gott gebe, dass ?Sein" keinen tieferen Sinn habe und keine Nation besser
als die andere sei. Ohne solche Illusionen aber könne keine Gemeinschaft
zusammengehalten werden. Es gelte daher, diese philosophischen Einsichten
wieder zu verrätseln.
Strauss war der Prototyp dessen, was Karl Popper den ?orakelnden
Philosophen" nannte. Gerade deshalb aber lassen sich aus seinen Schriften
kaum unmittelbare politische Handlungsanweisungen entnehmen. Klar scheint
nur, dass Strauss die Demokratie keineswegs abschaffen, sondern im
Gegenteil vor dem Zerfall retten wollte. Kritikern wie dem linksliberalen
amerikanischen Publizisten William Pfaff zufolge hat Strauss die Neocons
jedoch auf den Gedanken gebracht, die Herrschaft einer antidemokratischen
Elite zu errichten und ihr wahres Treiben in der Öffentlichkeit zu
verschleiern. Was ganz nebenbei die mutmaßliche Manipulation von Beweisen
für Saddam Husseins ABC-Waffenprogramm erklären soll.
Seit sich nun auch die Polit-Sekte des altgedienten amerikanischen
Verschwörungstheoretikers Lyndon La Rouche - die in Deutschland unter dem
Namen Bürgerbewegung Solidarität einen Ableger unterhält - des Stoffes
bemächtigt hat und gegen einen vermeintlichen Master-Fahrplan der
Straussianer zur Weltherrschaft Front macht, droht die wuchernde
Legendenbildung um die Neocons in Obskurantismus umzukippen, antisemitische
Konnotationen inbegriffen. So hatten amerikanische Rechtsaußen wie der
Exrepublikaner Patrick Buchanan im Vorfeld des Irak-Krieges den Vorwurf
verbreitet, eine ?jüdische Lobby" in der Bush-Regierung wolle Amerika in
einen Stellvertreterkrieg für Israel treiben. Damit zielte er auf die
Tatsache, dass eine Reihe führender Neokonservativer Juden sind. Leo
Strauss war es auch. Er hatte schon in den fünfziger Jahren eine eindeutige
Parteinahme Amerikas für Israel gefordert - für einen US-Konservativen
damals noch eine äußerst ungewöhnliche Position.
Es ist höchste Zeit, in der Debatte über die politischen Triebkräfte der
US-Regierung den Boden der Tatsachen wiederzufinden . Die
US-Neokonservativen sind bei weitem keine so homogene Gruppe, wie es die
jüngsten Spekulationen über ihre historische Rolle suggerieren. Und ihr
Einfluss auf die Entscheidungen der Regierung Bush ist durchaus begrenzt.
Dass er überhaupt so stark werden konnte, wie er tatsächlich ist, hat
weniger mit der magischen Macht von Ideen zu tun als mit dem 11. September,
der die konservative US-Regierung zu einer interventionistischen Linie
nötigte. Die Neocons sind nicht etwa deshalb auffällig geworden, weil sie
diesen Schwenk verursacht hätten, sondern weil sie eine dazu passende
theoretische Position präsentieren konnten. Seit vielen Jahren verlangen
sie, die USA müssten ihre Kollaboration mit Diktaturen einstellen und die
geballte amerikanische Macht einsetzen, um Menschenrechte und demokratische
Strukturen überall in der Welt zu verbreiten. Bemerkenswert ist daran vor
allem, dass die Neocons damit ein universalistisches Projekt - das sich
früher mit den Namen demokratischer Präsidenten wie Roosevelt oder Kennedy
verband - zu einem radikalen (in einigen Zügen utopischen) konservativen
Programm gemacht haben. Ehedem war der amerikanische Konservatismus
außenpolitisch auf enge nationale Interessenserwägungen festgelegt.
Und wenn in der Weltpolitik irgendetwas ?trotzkistisch" anmutet, dann sind
es ihre Ausgangsbedingungen selbst. In dem Sinne nämlich, dass eine These
Leo Trotzkis tatsächlich hellsichtig war: die These von der
?Ungleichzeitigkeit der Entwicklung". Mit dem Begriff der permanenten
Revolution setzte er sich 1906 von der traditionellen marxistischen These
ab, wonach die Geschichte dem Verlauf historischer Entwicklungsstadien
folge. Was Trotzki meinte: Länder entwickeln sich nicht nach einem starren
Schema, sie gehen nicht zuerst durch eine ?feudale", dann
?kapitalistische", schließlich ?sozialistische" Phase. Vielmehr bringe es
die Dynamik des Weltmarktes mit sich, dass diese Stadien in einem Land
gleichzeitig auftreten und zu explosiven Widersprüchen führen.
In einer solchen Situation der ?Gleichzeitigkeit des Ungleichzeitigen"
befinden wir uns auch heute. In vielen Weltregionen prallen vorindustrielle
oder postkoloniale Strukturen mit voller Wucht auf die Dynamik der
Globalisierung. Andererseits verlieren Länder, die schon durch
Modernisierungsprozesse gegangen sind, den Anschluss. Die Folge solcher
Entwicklungen ist der Zusammenbruch staatlicher und ziviler Ordnungen in
vielen Teilen der Welt. Das zwingt den Westen, allen voran die USA,
weltweit als stabilisierende Interventionsmacht aufzutreten.
Nach dem 11. September war klar, dass sich die Auswirkungen globalen
Zerfalls nicht mehr aus der westlichen Welt selbst heraushalten lassen. Die
amerikanische Reaktion darauf ist jedoch sehr viel weniger ideologisch
durchdacht, als es die Enthüllungsgeschichten über die Neocons suggerieren.
Sie folgt eher einer Methode des Trial and Error. Unterschiedliche Kräfte
zerren dabei in verschiedene Richtungen. Und die Neocons zerren, nicht mehr
und nicht weniger, eifrig mit.
(c) DIE ZEIT 03.07.2003 Nr.28