Il COS in rete



 

Il Centro di Orientamento Sociale fondato da Aldo Capitini nel 1944 offre uno spazio aperto per la riflessione sulle proposte capitiniane del liberalsocialismo, del controllo dal basso e della nonviolenza attiva per costruire una società aperta al potere di tutti, una religione aperta, una educazione aperta.


IL CONTROLLO DAL BASSO PER IL POTERE DI TUTTI

LA MALFA E CAPITINI


Si è ricordato, nella ricorrenza della scomparsa, Ugo La Malfa.
Si è ricordata la sua alta personalità politica e morale, il suo intransigente antifascismo.
Noi lo ricordiamo per il suo rapporto con Capitini e per l'errore che commise, secondo noi, con notevoli conseguenze sulla società italiana post fascista.
Come ci racconta Capitini in "Non Mollare!", n. 46 (nuova serie, anno 11, n. 9), 2 marzo 1946:
"…Firenze ebbe un'importanza decisiva per la costituzione del Movimento liberalsocialista nel 1937.
Luogo facilmente raggiungibile da Pisa e da Perugia, ci era servito già negli anni precedenti per numerosi convegni, accentrati principalmente ora in casa dell'uno o dell'altro di cinque amici qui residenti: Emanuele Farneti, oggi liberale, Cesare Luporini, oggi comunista, Guido Calogero, Enzo Enriques Agnoletti e Tristano Codignola, oggi del partito d'azione.
Da Pisa venivano dalla Scuola normale superiore, da Perugia io, Walter Binni, Bruno Enei.
L'intonazione generale era chiaramente antifascista, sebbene vi fossero dentro contributi e sfumature diverse, dagl'interessi teosofici di lmelde Della Valle al crocianesimo di Farneti, dall'esperienza sociale concreta di Enzo Enriques Agnoletti all'umanitarismo sempre meglio articolato di Gianni Guaita.
Ma questo non faccia pensare a divergenze profonde; nell'insieme eravamo molto concordi sui punti fondamentali, che erano tre: primo, l'esigenza di un rinnovamento profondo che colpisse il fascismo non su dettagli, ma lo rovesciasse per un moto intimo, che, prima che politico, era morale, e per qualcuno perfin religioso, di una religiosità moderna.
I cattolici, come in generale nel decennio più difficile dell'antifascismo, dal '29 al '39, non ci dettero quasi nessun aiuto reale, e se mai solo qualche prudente, platonico omaggio personale.
Il secondo punto era l'esigenza della libertà; il terzo l'esigenza sociale, per i più, addirittura socialista.
Sicché, quando nel '37 a Perugia, io, Apponi e Binni, decidemmo di costituire un vero e proprio movimento, trovavamo già la preparazione ideologica, e le persone disseminate in Italia, e il gruppo più forte e più valente a Firenze.
Così mentre in Spagna il fascismo, svelato sfacciatamente il suo volto reazionario, trionfava, in Italia lo insidiavamo con un allineamento di giovani, di intellettuali e di operai.
Il nostro piano conteneva queste direttive: non avere contatti con l'estero, per non farci scoprire e per non ricever ordini che potevano risultare astratti, non fare per ora nessun gesto o tentativo esterno, che scoprisse il movimento prima che avesse compreso le principali città; rivolgerci specialmente ai giovani, per sottrarli alla corruzione che operava Bottai, più astuto e più coperto di Mussolini; costituire in ogni città un gruppo che entrasse in contatto con tutte le forze antifasciste, e stabilisse con esse un comitato.
Quanto all'ideologia che tutti elaboravamo con diversi contributi ed eguale tensione, essa era liberalsocialista, cioè di superamento dell'antitesi prefascista tra le due correnti politiche.
La libertà doveva essere concreta, dinamica, tale da risolvere i problemi circostanti, che per l'Italia non erano solo quello di restituire le libertà giuridiche e politiche, ma di stabilire una giustizia sociale per tutti, che portasse le moltitudini italiane a un effettivo esercizio delle libertà.
Il socialismo, avvertito del danno del centralismo statalistico e dittatoriale, si approfondiva e ritrovava sé stesso, come elemento di libertà, in quanto, come il liberalismo aveva abbattuto l'assolutismo, il federativismo internazionale democratico aveva avviato a contrastare all'imperialismo, così il socialismo, eliminando l'oppressione capitalistica, avrebbe, sulla stessa linea, accresciuto la libertà della società e dei singoli.
Escirono dattiloscritti ed anche libri ispirati da queste idee. Il movimento era nazionale; e Firenze punto costante di ritrovo.
Fu quasi giusto, direi, che nel '42 la prigionia di molti liberalsocialisti avvenisse a Firenze, e che ci ritrovassimo alle Murate: ma il movimento oramai era vitale e nazionale.
E da Firenze è partita la mozione che ha messo in primo piano, entro il partito d'azione, la caratterizzazione liberalsocialista."

Ancora Capitini:

"Parlammo di assimilare non soltanto la Rivoluzione francese, come si era proposto il liberalismo e la democrazia, ma anche la Rivoluzione collettivistica, dando anzi a questa una testa, un'anima, conforme alle nostre esigenze.
Si doveva ripetere, molto più in grande e in un orizzonte intercontinentale, quanto il Mazzini e il romanticismo avevano sostenuto ed effettuato rispetto alla rivoluzione dell'89: fare qualcosa di analogo e di superiore. Non era questo e non è affatto moderatismo, e quasi neutralizzazione reciproca dei due termini, libertà e socialismo; ma due rivoluzioni invece di una, massimo socialismo e massimo liberalismo."
(NUOVA SOCIALITA' E RIFORMA RELIGIOSA, pag.91)

"Oggi sono una cosa sola: liberalismo o senso della ricerca e dell'interiorità; socialismo o organizzazione della giustizia sociale su base comune togliendo la schiavitù dell'uomo dall'uomo."
(NUOVA SOCIALITA' E RIFORMA RELIGIOSA, pag.90)

"Lo scritto "Orientamento per una nuova socialità" è del 1943.
Lo preparai in occasione di un convegno, in agosto, a Firenze con i miei amici antifascisti.
Volevo chiarire questi termini: o continuare il movimento imprimendogli quei caratteri di novità che sostenevo come autentici di un liberalsocialismo; o accettare la trasformazione del movimento in partito, come era sostenuta principalmente da Ugo La Malfa e come già si attuava in un periodico di tipo repubblicano democratico.
Spiegai ai miei amici (Guido Calogero, Alberto Apponi, Franco Mercurelli, Tristano Codignola, Carlo Ludovico Ragghianti, Enzo Enriques Agnoletti, ed altri) il mio pensiero e detti loro una copia di questo scritto Orientamento per una nuova socialità
Ma essi non accettarono la mia critica al sorgente partito d'azione, né la mia impostazione di un movimento extrapartitico di "centri".
Così il giorno dopo essi parteciparono a un convegno del partito d'azione, e io no; continuando da allora a chiamarmi liberalsocialista o indipendente di sinistra.
(NUOVA SOCIALITA' E RIFORMA RELIGIOSA, pag.72)

Tra poco, agosto 2003, fanno sessant'anni da quel giorno di agosto del 1943 in cui, sotto la spinta di La Malfa, il movimento liberalsocialista, creato sei anni prima da Capitini, intraprese l'esperienza di partito d'Azione contro il parere del fondatore.
L'Italia, come il resto del mondo capitalista, si è trasformata radicalmente, ma non con lo spirito che animava gli azionisti e tanto meno sul percorso pensato da Capitini.
Oggi che il liberismo sfrenato è in crisi e ricorre alle vecchie ricette della guerra, nel confuso dibattito che la sinistra mondiale produce e con le realtà dei movimenti dal basso che rivendicano libertà dai monopoli economici e culturali, sono le proposte di Capitini a essere lì fresche e concrete, malgrado la quarantena subita per tanti anni.