question-time di E.Deiana sulla condanna a morte di Amina Lawal



Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 291 di mercoledì 2 aprile 2003

 (Iniziative volte ad impedire l'esecuzione della condanna capitale di una
donna nigeriana - n. 3-02145)

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare la sua
interrogazione n. 3-02145 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta
immediata sezione 6
http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed291/aimm06.htm#sez6.

ELETTRA DEIANA. Noi solleviamo il problema di una donna nigeriana, la
seconda per quanto ci è dato sapere, condannata alla lapidazione da una
corte islamica nel nord del paese, per avere avuto una figlia al di fuori
dei vincoli del matrimonio.
Si tratta, ovviamente, di una sentenza barbara, che condanniamo
radicalmente ma, rispetto alla quale, rivolgiamo anche un'interrogazione al
Governo in merito a tre aspetti particolari.
Innanzitutto, vi è il problema relativo alla violazione dei diritti umani
fondamentali, con particolare riferimento ai diritti che vengono messi in
gioco. Questa donna è una madre ed ha quindi esercitato un suo diritto
fondamentale, quello cioè attinente alla sessualità e alla maternità.
In secondo luogo, dobbiamo considerare il momento storico in cui viviamo,
nel quale spesso i diritti umani, in particolare quando si tratta di
violazioni di diritti umani delle popolazioni femminili, vengono utilizzati
come un pretesto ideologico per coprire guerre di intervento umanitario o
per legittimare in ogni modo attacchi verso paesi terzi (è il caso
dell'Afghanistan e delle donne che indossano il burka).
In terzo luogo, c'è il pericolo - che noi vediamo - di una radicalizzazione
delle dinamiche di questo genere, che saranno sicuramente fomentate dal
disastro bellico che si sta consumando in Iraq.
Di conseguenza, pensiamo che ci debba essere una forte attenzione da parte
del nostro paese - e quindi del Governo - per far sì che sulla questione
dei diritti umani, in particolare quando ad essere colpite sono le donne,
ci sia un'attenzione ed una cura delle relazioni internazionali, al pari di
una pressione diplomatica atta ad evitare la precipitazione degli aventi in
seguito.

PRESIDENTE. Il tema è così importante che le ho permesso di parlare anche
più a lungo del dovuto perché condivido quanto da lei affermato.
Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha
facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. L'introduzione
della sharia, nell'ottobre del 1999, in 12 dei 36 Stati che compongono la
Nigeria, ha consentito alle corti islamiche di emanare delle sentenze di
condanna a morte per adulterio che hanno suscitato la riprovazione
dell'insieme della comunità internazionale.
Tali vicende hanno messo in luce le enormi difficoltà di coesistenza in
Nigeria di due ordinamenti giuridici paralleli e non omogenei, quello
statale e quello federale.
Le sentenze di condanna che hanno maggiormente scosso l'opinione pubblica
internazionale sono quelle di Safiya Hussaini e di Amina Lawal.
La signora Safiya Hussaini fu, come noto, assolta da parte del tribunale di
Sokoto ma la corte superiore islamica di Funtua (Stato di Katsina) ha
invece respinto, il 19 agosto 2002, l'appello contro la sentenza di
condanna a morte per lapidazione emessa in primo grado nei confronti della
signora Amina Lawal, sempre con l'accusa di adulterio.
Il giudice islamico ha tuttavia affermato che la condanna non verrà
eseguita fin quando la figlia dovrà essere allattata, vale a dire non prima
del febbraio 2004. Il prossimo giugno il tribunale superiore di appello
della legge islamica dello Stato di Katsina dovrebbe pronunciarsi sul
ricorso già presentato.
Qualora esso non venisse accolto, la signora Amina Lawal potrà comunque
sottoporre il suo caso all'Alta corte di Abuja ed, infine, in caso di
ulteriore conferma della condanna, adire la Corte suprema federale,
notoriamente vicina alle posizioni del Governo federale.

Sia il Governo italiano sia l'Unione europea sono intervenuti a più riprese
presso le autorità nigeriane, richiamando le convenzioni internazionali sul
rispetto dei diritti dell'uomo e contro i trattamenti inumani cui anche la
Nigeria è parte. Per quanto riguarda l'Italia, il ministro per le pari
opportunità, onorevole Prestigiacomo, i sottosegretari di Stato per gli
affari esteri, Mantica e Boniver, hanno effettuato passi con l'ambasciatore
di Nigeria a Roma, per sollecitare una soluzione positiva delle due vicende.
L'Italia accoglie con favore gli sforzi del Governo federale volti a far sì
che il diritto osservato in tutti gli Stati della Nigeria sia conforme ai
patti internazionali in materia di diritti umani. Il nostro paese
continuerà ad incoraggiare l'azione pacifica e legale condotta in tal senso
dai gruppi sia di mussulmani sia di cristiani che si occupano del caso di
Amina in Nigeria. Intendiamo, assieme all'Unione europea, proseguire il
dialogo in corso nel quadro del partenariato europeo con la Nigeria, nella
prospettiva di rafforzare i processi di consolidamento della democrazia ed
il rispetto dei diritti umani.
Al termine del delicato periodo elettorale di aprile (mi riferisco alle
elezioni presidenziali previste per il 19 aprile in Nigeria), l'Italia
intensificherà la sua azione in tale direzione, ribadendo con il nuovo
Governo la necessità di ottenere la revoca delle condanne a morte derivanti
dall'applicazione della sharia, sottolineando, inoltre, la preoccupazione
in ordine al fatto che queste forme, conformi al diritto islamico, sono
state introdotte in questi 12 Stati nell'ottobre del 1999. Pertanto, dal
punto di vista del rispetto dei diritti umani, invece di trovarci in una
fase evolutiva, siamo evidentemente entrati in una fase regressiva;
certamente tutti i tentativi vanno esperiti per tentare di strappare alla
morte donne condannate alla pena capitale per reati di questo tipo.
Sicuramente, credo che sia inaccettabile pensare che le corti islamiche
possano applicare la pena di morte sulla base di norme che prevedono la
pena capitale per le donne in base a queste circostanze.

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, credo che la radicalizzazione
integralista estremizzante che si registra presso vari settori della
popolazione islamica sia una conseguenza delle dinamiche negative sul piano
internazionale della contrapposizione tra civiltà che ha cominciato da
tempo a presiedere drammaticamente alle relazioni tra le diverse parti del
mondo, tra l'Occidente e l'Islam. Credo quindi che si tratti di un punto
essenziale che riguarda complessivamente la collocazione del nostro paese e
degli altri paesi dell'Occidente, con riferimento alle politiche da
adottare nei confronti di questa parte del mondo.
E' una grandissima questione che emerge soltanto con riferimento alle
ricadute sul piano dei diritti umani. I diritti umani sono ovviamente da
difendere, ma non da utilizzare come pretesto e, soprattutto, come
copertura di dinamiche ben più radicali a cui alludo anche nella
interrogazione a risposta immediata in svolgimento. Rimane la necessità di
difendere ogni singola persona, ogni singola donna, in questo caso, quando
viene così colpita duramente.
Le misure che il Governo afferma di voler intraprendere corrispondono a ciò
che deve essere compiuto. In ordine alle iniziative del Governo sul caso di
questa signora, madre, Amina Lawal, oltre che sviluppare un'azione pacifica
e legale, credo che bisognerebbe far sì che la stessa sia anche visibile e
continuativa, in modo che si crei un contesto di discussione e di
valutazione di tali episodi drammatici che dia voce al confronto,
all'azione diplomatica e pacifica e che non venga utilizzata all'improvviso
quando serve per inanellare i vari casi all'interno di una logica di
contrapposizione che non tiene conto delle grandi dinamiche politiche,
geopolitiche, storiche e militari; al contrario, ci si affanna a trovare
gli espedienti dell'ultima ora in casi come questi.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Deiana. La Presidenza non prende mai parte a
tali dibattiti, ma, a tale proposito, desidero dire che il problema ed il
diritto alla vita della signora Amina è, senza dubbio, nel sentimento e nel
pensiero di tutti, di fronte ad un'interpretazione del diritto che, invece,
che tradursi nel diritto, si traduce nel delitto, indipendentemente da
qualsiasi opinione sulla motivazione che determina questi fatti.



(Sezione 6 - Iniziative volte ad impedire l'esecuzione della condanna
capitale di una donna nigeriana)

DEIANA, TITTI DE SIMONE, VALPIANA, PISA e PINOTTI. - Al Ministro degli
affari esteri. - Per sapere - premesso che:
una corte islamica nigeriana ha condannato alla lapidazione Amina Lawal,
per aver avuto una figlia al di fuori dei vincoli del matrimonio;
l'esecuzione della lapidazione è stata soltanto posticipata di due mesi per
permettere che la condannata porti a termine l'allattamento della sua
creatura;
attualmente si è in attesa della sentenza d'appello prevista per il 3
giugno 2003;
una precedente condanna alla lapidazione comminata a un'altra donna, Safiya
Husseini, per lo stesso motivo e sempre in Nigeria, fu fermata dalla
mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale e dalle pressioni
diplomatiche di moltissimi Paesi, tra cui l'Italia;
l'affermarsi oggi di forme brutalmente integraliste di interpretazione e
applicazione della sharia islamica - soprattutto in alcune zone dominate da
un nuovo fondamentalismo islamista - colpiscono con particolare ferocia le
donne, mettendone a rischio in radice fondamentali diritti, a partire da
quelli alla sopravvivenza fisica, alla sicurezza della vita, alla
sessualità, alla maternità, alla felicità del vivere quotidiano;
spesso le donne che soffrono di queste situazioni di violazione dei loro
diritti vengono portate alla ribalta della scena pubblica soltanto per
giustificare atti di guerra camuffati da interventi umanitari, come è
successo per le donne afgane prigioniere del burqua, mentre di norma né i
media, né diplomazie occidentali se ne occupano adeguatamente;
l'attuale guerra della Casa Bianca contro l'Iraq non farà che inasprire le
spinte al fondamentalismo islamista, come drammatica reazione al
fondamentalismo bianco e cristiano, che fa da sfondo ideologico alla teoria
della guerra preventiva contro i rogue States;
già molte voci in Europa si sono levate per chiedere la salvezza di Amina
Lawal, a cominciare da un nuovo appello dell'Europarlamento, firmato da
tutti i gruppi politici europei, che hanno ribadito la loro «opposizione
categorica alla condanna a morte, poiché rappresenta l'estrema violazione
del diritto alla vita garantito dal diritto internazionale»;
in favore di Amina si è aperta una campagna internazionale, che fa
pressione sul Governo centrale di Obasanjo -:
che cosa il Governo intenda fare per mettere in atto tutte le iniziative
necessarie per chiedere la revoca della condanna di Amina Lawal e per
intervenire sul piano diplomatico presso il Governo nigeriano, affinché non
avvengano ulteriori episodi di violazione dei diritti umani. (3-02145)
(1o aprile 2003)