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Sinodo valdese metodista sulla guerra
- Subject: Sinodo valdese metodista sulla guerra
- From: "Enrico Peyretti" <peyretti at tiscalinet.it>
- Date: Wed, 26 Mar 2003 22:29:36 +0100
Enrico Peyretti "Mi scandalizza di più la guerra dei democratici che la violenza dei dittatori. Questa è ovvia, coerente ingiustizia. Quella è fallimento della giustizia". L'Italia ripudia la guerra. Il governo non ripudia la guerra. L'Italia ripudia il governo. ------------------------------------------ DOCUMENTAZIONE GUERRA E PACE Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, riunito in sessione straordinaria a Torre Pellice (Torino) il 22-23 marzo 2003, ha approvato il seguente documento: Mai si era verificata una così vasta opposizione ad una guerra in ogni parte del mondo. Mai rifiuto della guerra aveva raccolto un consenso così unanime in chiese di ogni confessione e di ogni paese. Eppure la guerra è stata scatenata da chi ha voluto imporre una soluzione di forza umiliando le Nazioni Unite e calpestando il diritto internazionale. Di fronte a questa decisione, foriera di ulteriore isolamento per chi, avendola presa per primo, la subisce, noi riaffermiamo la nostra solidarietà con il popolo degli Stati Uniti d'America. Non abbiamo dimenticato l'11 settembre 2001, il giorno della profonda ferita inferta a tutto l'Occidente. Così come non abbiamo dimenticato il 6 giugno 1944, il giorno di migliaia di giovani venuti a morire sulle spiagge del nostro continente per la comune libertà. E non abbiamo dimenticato le radici culturali, religiose, politiche che legano indissolubilmente i nostri due continenti. Ma proprio in base a questa solidarietà che riaffermiamo nel momento della lacerazione, vogliamo rivolgere un appello al popolo statunitense e ai suoi governanti, anzitutto a quanti fra loro accostano troppo facilmente il nome di Dio alla guerra. Molti di voi hanno imparato dalla Bibbia, come noi, che Gesù chiama beati i mansueti, gli affamati e assetati di giustizia e coloro che si adoperano per la pace (Mt. 5,5-6.9); insegna ad anteporre al culto la riconciliazione con l'avversario (5,23-26); indica nell'amore per i nemici lo straordinario del comportamento cristiano (5,43-47). Guardatevi dunque, nel passare dall'etica individuale ad un programma politico, dal contraddire e stravolgere del tutto questo insegnamento, inventando una missione di repressione del male con l'uso della violenza preventiva, catturando dalla vostra parte un "Dio che non è neutrale", accorciando indebitamente la distanza incommensurabile che esiste tra le nostre vie e le vie di Dio (Is. 55,9). E al di là di ogni riferimento esplicito a Dio, vi scongiuriamo di abbandonare la strada su cui vi siete avviati. Avete dissipato il capitale di solidarietà accumulato dopo l'11 settembre infilandovi in un vicolo cieco: avete preteso di sostituire alla concertazione dei popoli l'egemonia di una potenza che decide ciò che è bene e ciò che è male, in un pericoloso miscuglio di ideali religiosi e di interessi politici, e impone le sue decisioni con la forza. È una via profondamente sbagliata e funesta. Essa non può che produrre una crescente instabilità e non può non avvitarsi in una spirale di guerre continue. Il dittatore iracheno è certo uno dei più sanguinari e odiosi tra quanti incatenano il loro popolo al giogo della tirannia. Ma ce ne sono altri ugualmente odiosi e forse più pericolosi. Andrete avanti per questa strada? Fraternamente vi supplichiamo di ravvedervi, di dare ascolto alla voce delle vostre chiese che con tanta forza si oppongono a questo indirizzo, di cambiare strada, di tornare al consesso delle nazioni ripartendo dal punto in cui l'avete abbandonato, per contribuire a rifondarlo e rinnovarlo, per farne la base multilaterale e globale di una governabilità nella giustizia e perciò nella stabilità. Nel rivolgervi questo appello siamo dolorosamente consapevoli della nostra non minore incoerenza: tutti infatti abbiamo fallito nel perseguire la pace e tutti, da questa parte dell'Atlantico come dall'altra, abbiamo contribuito a seminare nei due terzi del mondo semi di risentimento e di odio con politiche coloniali vecchie e nuove di rapina e di sfruttamento. Possa questo senso di inadeguatezza, portato responsabilmente davanti a Dio nella preghiera, tradursi ora, per i nostri paesi e per le nostre chiese, in un serio impegno per l'Iraq: per la cessazione dei combattimenti, per l' accoglienza delle vittime, per la ricostruzione futura quando poi le armi taceranno.
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