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Io dico grazie a Bush perché milioni di persone si sono unite per la pace
- Subject: Io dico grazie a Bush perché milioni di persone si sono unite per la pace
- From: Daniele Barbieri <barbieri at carta.org>
- Date: Wed, 26 Mar 2003 10:46:21 +0100
Da: "alex" <sarralex at libero.it> Io dico grazie a Bush perché milioni di persone si sono unite per la pace di PAULO COELHO (Dal" Corriere della Sera") Grazie Presidente Bush. Grazie, grande leader George W. Bush. Grazie di aver mostrato a tutti il pericolo che Saddam Hussein rappresenta. Molti di noi avrebbero potuto altrimenti dimenticare che ha utilizzato armi chimiche contro il suo popolo, contro i curdi e contro gli iraniani. Hussein è un dittatore sanguinario e una delle più chiare espressioni del male al giornod'oggi. Ma questa non è la sola ragione per cui la ringrazio. Nei primidue mesi del 2003 ha mostrato al mondo molte altre cose importanti e perciò merita la mia gratitudine. Così, ricordando una poesia che ho imparato da bambino, voglio dirle grazie. Grazie di aver mostrato a tutti che il popolo turco e il suo parlamento non sono in vendita, neanche per 26 miliardi di dollari. Grazie di aver rivelato al mondo l'abisso che esiste tra le decisioni di coloro che sono al potere e i desideri del popolo. Grazie di aver messo in evidenza che né José Maria Aznar né Tony Blair danno la minima importanza né mostrano il minimo rispetto per i voti che hanno ricevuto. Aznar è capace di ignorare che il 90 per cento degli spagnoli sono contro la guerra e Blair è rimasto indifferente alla più grande manifestazione pubblica svoltasi in Inghilterra negli ultimi trent'anni. Grazie di aver costretto Tony Blair a recarsi al parlamento inglese con un dossier falso scritto da uno studente dieci anni fa e di averlo presentato come «prova determinante trovata dal servizio segreto britannico». Grazie di aver permesso che Colin Powell si esponesse al ridicolo mostrando al Consiglio di Sicurezza dell'Onu delle foto che, una settimana dopo,sono state pubblicamente contestate da Hans Blix, l'ispettore responsabile del disarmo dell'Iraq. Grazie di aver adottato la posizione attuale e di aver pertanto fatto sì che il discorso contro la guerra del ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin, alla sessione plenaria dell'Onu fosse accolto dagli applausi cosa che, a quanto ne so, è successa solo una volta in precedenza nella storia delle Nazioni Unite, dopo un discorso di Nelson Mandela. Grazie perché, in seguito ai suoi sforzi in favore della guerra, le nazioni arabe, normalmente divise, nell'incontro al Cairo avvenuto l'ultima settimana di febbraio sono state per la prima volta unanimi nel condannare qualsiasi invasione. Grazie di aver affermato che «l'Onu ora ha una possibilità di mostrare la sua importanza», affermazione che ha indotto a prendere una posizione control'attacco all'Iraq anche i Paesi più riluttanti. Grazie per la sua politica estera che ha spinto il ministro degli Esteri inglese, Jack Straw, a dichiarare nel ventunesimo secolo che «una guerra può avere una giustificazione morale», perdendo in questo modo tutta la credibilità. Grazie di aver cercato di dividere un'Europa che sta lottando per l'unificazione: è un avvertimento che non sarà ignorato. Grazie di aver ottenuto ciò che assai pochi sono riusciti a ottenere in questo secolo: unire milioni di persone di tutti i continenti nella lotta per la stessa idea, anche se essa è opposta alla sua. Grazie di averci dato di nuovo la consapevolezza che le nostre parole, anche se non saranno udite, almeno sono state pronunciate; questo ci renderà più forti nel futuro. Grazie di averci ignorato, di aver emarginato tutti coloro che si oppongono alla sua decisione, perché il futuro della Terra appartiene agli esclusi. Grazie perché, senza di lei, non saremmo stati coscienti della nostra capacità di mobilitazione. Potrebbe non servirci questa volta, ma sicuramente ci sarà utile in futuro. Ora che sembra non ci sia modo di zittire i tamburi di guerra, vorrei ripetere le parole che un antico re europeo disse a un invasore: «Che la mattina sia bella, che il sole splenda sulle armature dei soldati, perché nel pomeriggio ti sconfiggerò». Grazie di aver permesso a noi, un esercito di anonimi che riempie le strade nel tentativo di fermare un processo già in atto, di capire quel che significa essere impotenti e di imparare a fare i conti con quella sensazione e a trasformarla. Pertanto si goda la mattina e la gloria che potrebbe ancora riservarle. Grazie di non averci ascoltato e di non averci preso sul serio, ma sappia che noi la ascoltiamo e che non dimenticheremo le sue parole. Grazie grande leader George W. Bush. Molte grazie. Dopo averne sentito parlare alcune volte nei notiziari di RAINEWS 24 e averne letto su il manifesto del 18 marzo, non ho resistito alla curiosità e sono andata sul sito www.newamericancentury per vedere di cosa si trattava. La lettura è stata illuminante e ha suffragato l'opnione che del resto molti di noi già hanno: vale a dire quali sono le vere ragioni della guerra all'Iraq. Che non c'entrano niente con la lotta al terrorismo del dopo 11 settembre - i documenti riportati sono tutti antecedenti a quella data. E ho trovato un'ulteriore spiegazione al perchè l'elezione di Bush è il risultato di brogli elettorali così evidenti per l'opinione pubblica mondiale, maggioranza degli Americani esclusa. Infatti sono stati i membri di questa organizzazione no-profit che si chiama Project for the New American Century, costituita nel 1997 per promuovere la leadership mondiale americana con tutti i mezzi - compreso quello militare - ad insistere per la candidatura alle presidenziali di George Bush, perchè sapevano che sarebbe stato un comodo strumento nelle loro mani. E il loro candidato non poteva perdere le elezioni. Tanto è vero che i brogli elettorali più evidenti, e decisivi, sono stati fatti in Florida, stato di cui è governatore il fratello di George Bush. Il 26 gennaio 1998 alcuni membri del Project for the New American Century scrivono una lettera all'allora presidente degli Stati Uniti, Clinton, in cui criticano la strategia politica dell'amministrazione americana verso l'Iraq. Lo sollecitano "ad enunciare una nuova strategia che assicuri gli interessi degli stati Uniti e dei nostri amici e alleati in tutto il mondo. Quella strategia dovrebbe mirare, soprattutto, alla rimozione dal potere del regime di Saddam Hussein. Noi siamo pronti ad offrire il nostro pieno sostegno in questo sforzo difficile ma necessario". Ritengono che la "politica di contenimento" di Saddam non basti, che le sanzioni e le ispezioni dell'ONU non siano sufficienti, anzi che gli ispettori dell'ONU corrano il rischio, involontariamente, di coprire la produzione di armi di distruzione di massa da parte del dittatore iracheno. "Bisogna aggiungere che se Saddam acquisisce la capacità di diffondere armi di distruzione di massa, come certamente farà se noi continuiamo con l'attuale corso, la sicurezza delle truppe americane nella regione, dei nostri amici ed alleati come Israele e gli stati arabi moderati, e una significativa porzione delle riserve mondiali di petrolio saranno messe a rischio. [Š] Nel breve periodo, significa la decisione di ricorrere all'azione militare perché la democrazia sta chiaramente fallendo. A lungo termine, significa rimuovere Saddam Hussein e il suo regime dal potere. Questo adesso deve diventare lo scopo della politica estera americana. [Š] Crediamo che gli Stati Uniti abbiano l'autorità, sulla base delle attuali risoluzioni dell'ONU, di intraprendere i passi necessari, compresi quelli militari, per proteggere i nostri interessi vitali nel Golfo. In ogni caso, la politica americana non può continuare ad essere paralizzata da una fuorviante insistenza sull'unanimità nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU". Elliott Abrams Richard L. Armitage William J. Bennett Jeffrey Bergner John Bolton Paula Dobriansky Francis Fukuyama Robert Kagan Zalmay Khalilzad William Kristol Richard Perle Peter W. Rodman Donald Rumsfeld William Schneider, Jr. Vin Weber Paul Wolfowitz R. James Woolsey Robert B. Zoellick Quasi tutte le persone che firmano la lettera sono poi entrate a far parte dell'amministrazione Bush: Donald Rumsfeld (segretario alla difesa), Paul Wolfowitz (vice segretario alla difesa), Peter Rodman (assistente segretario alla difesa per gli affari della sicurezza internazionale), Richard Armitage (vice segretario di stato), John Bolton (segretario di stato per il controllo degli armamenti), Richard Perle (capo del comitato politico della difesa), William Kristol (presidente del Project for the New American Century, oggi consigliere del presidente Bush), Zalmay Khalilzad (inviato speciale del presidente e ambasciatore presso l'opposizione irachena), Elliot Abrams (assistente speciale del presidente e direttore per gli affari del Medio oriente e Nord Africa). Dietro il gruppo dei firmatari c'erano Dick Cheney, allora direttore della Halliburton, la maggiore fornitrice di servizi per le industrie petrolifere - che sarà incaricata di rimettere in sesto i pozzi iracheni - e oggi vice presidente dell'amministrazione Bush - e Lewis Libby, suo attuale capo dello staff. Molti di loro, inoltre, avevano incarichi importanti in grandi aziende petrolifere e delle armi. Ancora più chiaramente che nella lettera indirizzata a Clinton, il vero scopo della strategia perseguita da questo gruppo di assassini è contenuto in un documento pubblicato dal Project for the New American Century nel settembre 2000. Esso afferma che "mentre l'irrisolto conflitto con l'Iraq fornisce l'immediata giustificazione, l'esigenza di mantenere nel Golfo una consistente forza militare americana trascende la questione del regime di Saddam Hussein", dato che il Golfo è "una regione di "vitale importanza" in cui gli USA devono avere "un ruolo permanente". (Rebuilding America's Defenses, September 2000). dall'Inghilterra . . . "Ci si accorge che c'è qualcosa che non va nel mondo quando il migliore artista rap è un bianco, il migliore giocatore di golf è un nero, gli svizzeri vincono l'America's Cup, la Francia accusa gli Stati Uniti di arroganza e la Germania non vuole fare la guerra".
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