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L'Italia belligerante, da Michele Di Schiena Brindisi
- Subject: L'Italia belligerante, da Michele Di Schiena Brindisi
- From: "Giancarlo Canuto" <giancanuto at inwind.it>
- Date: Tue, 25 Mar 2003 01:29:44 +0100
UNA GUERRA ILLEGITTIMA di Michele DI SCHIENA Disattendendo i moniti e gli appelli della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica mondiale, della comunità internazionale e di alte cattedre morali e religiose, il Governo degli Stati Uniti ha dunque scatenato senza l'avallo dell'ONU la guerra contro l'Iraq, dichiaratamente per abbattere il regime di Saddam Hussein (l'ultima delle mutevoli motivazioni), ma in realtà con l'intento di affermare una pretesa imperiale che, per sfoggio di arroganza e difetto di pudore, rischia di far tornare l'umanità ai tempi più bui della sua vicenda ed a provocare in ogni parte del pianeta una marea montante di indignazione e di protesta. Il faticoso cammino della civiltà è stato il frutto della progressiva affermazione, sia pure segnata da stagnazioni ed involuzioni, del diritto sull'arbitrio, della ragione sulla forza, della solidarietà sull'egoismo, dello spirito di tolleranza sulla volontà di dominio. Si è trattato di un processo lento ma inarrestabile e chi, come Bush ed i suoi "compagni di merenda" nella tragica avventura irachena, crede di poterlo bloccare e ricacciare indietro, è destinato alla sconfitta per una condanna senza appello da parte del tribunale della storia che coprirà di esecrazione e di ignominia i cinici canti di vittoria per uno scontato successo militare. Una guerra, quella di Bush, palesemente illegittima sul piano del diritto internazionale perché in contrasto con la Carta delle Nazioni Unite che vieta agli Stati di ricorrere alla violenza bellica, salvo il caso di legittima difesa, ed attribuisce al Consiglio di Sicurezza ogni potere per il mantenimento dell'ordine e della pace e, in particolare, per l'uso della forza con obiettivi di polizia internazionale. Ed invero per l'art. 42 della Carta solo il Consiglio di Sicurezza "può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace". La risoluzione poi con la quale il Consiglio di Sicurezza decide l'uso della forza comporta sempre una diretta assunzione di responsabilità nella gestione delle operazioni militari da parte dell'ONU che si avvale di contingenti armati appartenenti a stati nazionali ma deve porli sotto un comando internazionale facente capo allo stesso Consiglio di Sicurezza. Né si può invocare, per giustificare la guerra contro l'Iraq, il ricorso alla legittima difesa da parte degli Stati Uniti perché se è vero che la Carta dell'ONU riconosce all'art. 51 il diritto naturale di autotutela individuale e collettiva, è altrettanto certo che sottopone l'esercizio di tale diritto alla precisa condizione che sia in atto "un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite" e riconosce comunque questo esercizio per un tempo limitato e circoscritto: "fintantoché - dice testualmente il citato art. 51 - il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza". Ed allora appaiono inconsistenti e penosi i tentativi del Governo Berlusconi di dare qualche patente di legittimità alla guerra "preventiva" ed unilaterale di Bush così come risulta costituzionalmente illegittima la scelta dello stesso governo di concedere agli Stati Uniti per le operazioni di guerra, invocando gli obblighi rivenienti dal Patto Atlantico o da altri accordi, supporti logistici, basi militari e uso dello spazio aereo sul territorio nazionale. Consentire l'utilizzo di basi e di strutture significa in realtà coinvolgere direttamente il Paese nella guerra perché la partecipazione ad un conflitto bellico, come a qualunque altra impresa privata o pubblica, non si realizza solo nel momento attuativo ma anche in quello della preparazione e della prestazione di contributi collaborativi di qualsiasi genere. Operatore di guerra non è perciò solo lo Stato che bombarda o manda le sue truppe a combattere ma anche quello che concorda, favorisce o supporta le iniziative e le attività militari. E ciò perché, come la cultura giuridica insegna e suggerisce il comune buon senso, le azioni dei partecipanti ad una qualsiasi operazione o impresa si integrano a vicenda e costituiscono, pur nella diversità dei ruoli svolti dai loro autori, un complesso unitario da tutti voluto e da tutti in qualche modo attuato e, perciò, interamente ascrivibile, specialmente sul piano etico e politico, ad una comune ed inscindibile responsabilità. L'Italia è perciò nei fatti una "nazione belligerante". Quanto infine ai pretesi doveri derivanti dal Patto Atlantico, è appena il caso di rilevare che anche esso, disciplinando un alleanza di difesa, non legittima in alcun modo il ricorso a guerre "preventive". Ma c'è dell'altro e cioè che l'Alleanza Atlantica, la quale è sorta e continua ad essere un'alleanza regionale di stati, non può intraprendere, salvo anche qui il caso di legittima difesa, iniziative di guerra senza il consenso delle Nazioni Unite dal momento che l'art. 53 della Carta stabilisce che "nessuna azione coercitiva potrà venire intrapresa in base ad accordi regionali senza l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza". Nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica ha detto che in questa tragica vicenda punti essenziali di riferimento per il nostro Paese devono essere la Costituzione repubblicana e le Nazioni Unite. Siamo pienamente d'accordo e perciò sollecitiamo il Capo dello Stato, supremo organo istituzionale di garanzia, ad effettuare richiami ufficiali e a compiere atti appropriati rivolti ad assicurare il rispetto della Carta Costituzionale. Brindisi, 24 marzo 2003
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