Il Consiglio comunale di New York dice No alla Guerra



Il Consiglio comunale di New York dice No alla Guerra

NEW YORK - Se andrete a Baghdad, non combatterete a nome nostro. E' il
messaggio lanciato ieri dal Consiglio comunale di New York, che ha discusso
e approvato una risoluzione per opporsi all'attacco in Iraq. Un brutto
sgambetto per il presidente Bush, che ha sempre definito la resa dei conti
con Saddam come una battaglia della guerra al terrorismo, scatenata proprio
dagli attacchi dell'11 settembre contro le Torri Gemelle e il Pentagono.
New York è una città democratica e liberal nell'anima, ma da circa dieci
anni è guidata dai repubblicani: prima il sindaco Giuliani e poi Bloomberg,
mentre dal 1994 il governatore dello Stato è Pataki. Il consiglio comunale,
però, resta nelle mani dei democratici, che siedono su tutti i cinquanta
seggi tranne tre. Nonostante questa netta maggioranza del partito che sta
all'opposizione rispetto alla Casa Bianca, discutere e approvare un testo
sulla guerra è risultato assai difficile, proprio per il valore simbolico
assunto dalla città e per le sofferenze subite. La risoluzione era stata
introdotta originariamente ad ottobre, e per portarla al voto ci sono
voluti circa sei mesi. All'inizio si opponeva decisamente all'invasione
dell'Iraq, ma l'ultima versione giustifica l'attacco se tutti gli altri
mezzi per ottenere il disarmo di Saddam attraverso il Palazzo di Vetro
dimostreranno di aver fallito. Secondo i sondaggi, il 75% degli abitanti di
New York è contrario alla guerra, se il Consiglio di Sicurezza non
l'approverà. Questa posizione è diventata ancora più chiara il mese
scorso, quando circa 350.000 persone si sono radunate tra la Prima e la
Terza Avenue, per la più grande manifestazione contro l'attacco avvenuta
finora
negli Stati Uniti. La protesta ha ridato slancio ai promotori della
risoluzione, anche perché oltre 120 città americane hanno già approvato
documenti simili, da Los Angeles e Chicago. Il testo andato al voto ieri
notte era stato presentato da trentuno consiglieri comunali, e quindi aveva
già in partenza più dei ventisei voti necessari a garantirsi il passaggio.
Il dibattito è stato lungo e acceso, ma alla fine la risoluzione è passata
proprio con 31 sì e 17 no. Il democratico Peter Vallone, ex presidente del
Consiglio comunale che aveva sfidato Giuliani e Bloomberg per la poltrona
di sindaco, ha detto che lui non poteva votare a favore: «New York è stata
attaccata dai terroristi a poche strade da dove noi stiamo discutendo
questa risoluzione. Io non posso dimenticarlo». Ma l'attuale presidente
Gifford Miller, suo compagno di partito che invece appoggiava
l'iniziativa, gli ha risposto così: «Nessuna risoluzione deve
necessariamente parlare per tutti i membri del Consiglio comunale». Gifford
ha sicuramente ragione, in un Paese dove la libertà di parola è protetta
dalla Costituzione. Ma se
scoppierà la guerra, farla senza l'appoggio di New York sarà un grave
imbarazzo per Bush.

da www.lastampa.it

13 marzo 2003
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