12/03 Genova: un'ora in silenzio per la pace



Rete controg8
per la globalizzazione dei diritti

Siamo consapevoli che la guerra degli Stati Uniti e della Gran Bretagna
contro l'Iraq non è mai terminata: dieci anni di embargo e continui
bombardamenti della no fly zone non possono certamente essere considerati
dieci anni di pace.
Eppure viviamo queste ore di ultimatum con il fiato sospeso: aspettiamo che
il conflitto deflagri in maniera immensamente più violenta, aspettiamo di
rivedere i servizi televisivi con i traccianti le attraversano il cielo di
Bagdad, aspettiamo di rivedere le manovre degli aerei in partenza o in
ritorno dalle loro missioni di morte.
L'ONU sta probabilmente vivendo le sue ultime ore: se in qualche modo
avallerà la politica statuntense perderà ogni residua autorità morale; se
non lo farà e gli Stati Uniti attaccheranno ugualmente sarà la dimostrazione
evidente che solo Bush ed i suoi finanziatori sono veri padroni del mondo e
delle sue risorse.
Ma "questa volta" è anche accaduto qualcosa di assolutamente diverso dalle
volte precedenti: migliaia di gesti di opposizione alla guerra si sono
moltiplicati ovunque: c'è stato chi ha digiunato e chi si è incatenato ai
binari ; chi ha marciato e chi ha firmato petizioni; chi ha appeso al
balcone la bandiera arcobaleno e chi ha lavorato per lo sciopero generale
contro la guerra. Chi si oppone al conflitto, per la prima volta da quando,
dieci anni fa, il governo italiano ha iniziato a violare deliberatamente la
Costituzione partecipando alla prima guerra del Golfo, è   maggioranza.
E assolutamente stonati appaiono gli appelli affinchè le manifestazioni
antiguerra rimangano nella "legalità" : bloccare i treni che trasportano
armi per una guerra inutile, illegale e criminale è un gesto nonviolento e
di altissimo valore morale. E' il governo che ha violato la legalità
concedendo porti, ferrovie ed infrastrutture per preparare una guerra che la
costituzione esplicitamente vieta, e che neppure l'alleanza atlantica, che
non è certo un'organizzazione pacifica, nè pacifista, potrebbe giustificare.
Incondizionata solidarietà va perciò espressa ai portuali che hanno
dichiarato la loro volontà di scendere in sciopero se chiamati a collaborare
direttamente o indirettamente alla guerra; ma tutte  le organizzazioni
sindacali dovrebbero anche porsi il problema di come sostenere
l'indisponibilità alla guerra dei lavoratori  delle piccole ditte di appalto
o subappalto che, a quanto pare, saranno chiamate a movimentare armi nel
porto di  Livorno. E  se armatori marittimi come Grimaldi e Messina
metteranno a disposizione i propri traghetti per la guerra, dovranno almeno
fare i conti con una pesante caduta di immagine. A Genova, per es. Messina
ha finanziato in parte la "bolla" che abbellisce (si fa per dire) l'expò:
come concilia questa immagine "buonista e colta" con il trasporto di armi?

Tra i mille piccoli gesti di questi giorni si colloca anche l'ora in
silenzio per la pace che si tiene ininterrottamente a Genova ogni mercoledì
dai giorni successivi all'attacco alle torri gemelle: Si svolgerà anche
mercoledì 12 marzo, dalle 18 alle 19, sui gradini del palazzo ducale di
Genova
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