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Altra proposta contro la guerra. Che fare?
- Subject: Altra proposta contro la guerra. Che fare?
- From: "Filippo Ciardi" <filciar at inwind.it>
- Date: Sat, 18 Jan 2003 16:54:03 +0100
Inoltro un'altra proposta di azione diretta contro la guerra fatta
circolare sulla mailing list del Glt nonviolenza della Rete di Lilliput da
Tiziano Tissino di Beati i Costruttori di Pace, che pare abbiano già deciso
di metterla in atto come organizzazione: si tratta, in sintesi, di mettere in
crisi le prefetture con i nostri no alla guerra e di far giungere al governo
questa presa di posizione, perchè decida di non appoggiarla.
Che ve ne pare?
Personalmente, tra le tante possibilità, continuo a pensare che
bisognerebbe almeno provare a tentare un'azione diffusa di minacciato ed
eventualmente realizzato boicottaggio delle pompe di benzina, almeno di quelle
delle nazioni coinvolte nella guerra, o di altra forma di
noncollaborazione con le strutture economiche e militari che
sostengono la guerra, dopo aver preventivamente spiegato agli operatori di
queste che non ce l'abbiamo con loro. Questo si inserirebbe in un discorso più
ampio di informazione sui reali motivi della guerra (tra cui il petrolio) e di
riflessione sul nostro stile di vita, da proporre a tutti, mentre si prepara
anche una vera e propria campagna per l'alternativa alla dipendenza dal petrolio
e si sostiene una campagna di campagne come "scelgo la nonviolenza" (www.retelilliput.org/scelgolanonviolenza.asp).
Non credo sia onesto agire contro la guerra senza preoccuparsi di sensibilizzare
almeno un poco sulle sue motivazioni reali e sulle possibili alternative
strutturali e di comportamento che potrebbero essere praticate da ognuno per
creare le basi della pace. Oltretutto, se ricordo bene, un boicottaggio delle
pompe di benzina di una compagnia americana ottenne in passato,
solamente dopo che questa aveva registrato un calo delle vendite di poche
unità percentuali per pochi giorni, la decisione di far portare a terra e
smontare pezzo per pezzo una piattaforma petrolifera in disuso, invece che il
suo affondamento in mare. Non sarà la stessa cosa della guerra, ma credo
che il minor guadagno minacciato o realizzato da parte delle compagnie
petrolifere sia un deterrente maggiore o almeno altrettanto efficace
rispetto alle telefonate e alle dichiarazioni alle prefetture, che nessuno ci
garantisce vengano girate al governo o al parlamento, specie se presentate in
forma orale, per non parlare poi della paralisi della macchina governativa e
amministrativa, che vedo un obiettivo duro da raggiungere con qualche telefonata
o dichiarazione al prefetto o a un centralinista, e che probabilmente non
dovrebbe essere neanche l'obiettivo della nostra azione. A noi interessa infatti
che non si faccia o non si sostenga la guerra, non la paralisi dell'intero stato
o dei suoi organi periferici (che assolvono anche compiti positivi per
il cittadino, non solo quello di dichiarare o sostenere guerre!).
E voi che ne pensate? Il tempo stringe.
Filippo Ciardi.
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No alla guerra, dillo di persona al Governo Una campagna semplice ed efficace per bloccare l'ingresso in guerra dell'Italia Contribuisci anche tu, con un piccolo granello, ad inceppare la macchina bellica: parla con la Prefettura, organo periferico del governo in ogni provincia. Obiettivo della campagna: La campagna si propone di far pressione, tramite le Prefetture, sul Governo e il Parlamento affinché l'Italia non conceda alcun tipo di supporto logistico, militare e politico agli Usa e alla Nato per la guerra contro l'Iraq e, se nel frattempo questo supporto fosse stato concesso, esso venga revocato. La campagna continuerà ad oltranza fino al raggiungimento del proprio obiettivo. Modalità di azione: Chiediamo a tutti i cittadini di recarsi personalmente presso la loro prefettura, oppure di contattarla telefonicamente, per esprimere il proprio no alla guerra e chiedere alla prefettura di farsi portatrice di questo messaggio presso il governo. Basterebbe un numero relativamente basso di persone per creare un impatto significativo. Con il crescere del numero delle persone coinvolte, si potrebbe arrivare a mettere in crisi, fino alla paralisi, l'intera macchina amministrativa e governativa. Domande e risposte per convincere anche i più scettici ;-) Ci sono già molte iniziative contro la guerra. Perché aggiungerne un'altra invece di rafforzare quelle esistenti? Perché le manifestazioni, da sole, non bastano: i nostri decisori politici devono sapere che il costo di un'adesione alla guerra sarà altissimo, già nel breve periodo. D'altro canto, vogliamo offrire a tutti i cittadini non soltanto la possibilità di esprimere il loro no alla guerra, ma quella di farlo pesare, concretamente e nell'immediato. Perché non accontentarsi di una raccolta firme o di petizioni via Internet? L'impatto di una petizione, per quanto importante, è limitato: migliaia di email possono essere neutralizzate con un semplice filtro; pacchi di cartoline possono venire direttamente cestinati. Il lavoro di lobby per la pace è contrastato e sovrastatato da quello delle molto più potenti lobbies della guerra. Anche la minaccia di non votare chi approva la guerra è troppo lontana nel tempo ed indistinta per avere una reale efficacia. Perché mai questa campagna, a differenza di tutte le altre, dovrebbe funzionare? Perché è semplice da attuare, da diffondere e da gestire; è alla portata di tutti, è coinvolgente e positiva, in grado di raccogliere il favore dell'opinione pubblica ed anche delle stesse 'vittime' dirette dell'azione; essendo diffusa, è difficile da reprimere o neutralizzare; inoltre, ha un punto di innesco molto basso: possono bastare poche persone per cominciare a creare i primi disagi al sistema. Quali rischi corre chi aderisce alla campagna? Telefonare in prefettura per esprimere le proprie considerazioni non è reato. D'altronde, se la campagna avrà ampia diffusione, è ipotizzabile che ci sarà chi tenterà in tutti i modi di intimidire gli aderenti alla campagna. E' quindi difficile stabilire in partenza quali possano essere i rischi: molto dipenderà dall'evolversi della campagna stessa. Tuttavia, al momento attuale i rischi sembrano del tutto insignificanti. Come si organizza la campagna? La campagna si sviluppa e si diffonde puntando sul passa-parola e sul passa- email: un sito internet, {http://www.peacelink.it/dillodipersona/ }www.peacelink.it/dillodipersona/ contiene gli indirizzi ed i numeri di telefono di tutte le prefetture d'Italia. Il sito stesso è utilizzabile anche come 'bacheca elettronica' in cui scambiarsi suggerimenti ed esperienze. Per il resto, la campagna non ha una sua struttura organizzativa centralizzata: a livello locale, ogni realtà aderente all'iniziativa decide autonomamente come organizzarsi. Siamo un gruppo intenzionato a lavorare per diffondere la campagna. Cosa possiamo fare? Potete diffondere la campagna facendo circolare questo volantino; potete organizzare dei presidi in vicinanza alla vostra Prefettura, invitando i passanti ad entrare in Prefettura, ad esempio per consegnare una copia di una lettera contro la guerra; potete fare dei comunicati alla stampa locale annunciando l'avvio della campagna. e poi, lasciate spazio alla fantasia e vedrete che di idee ve ne vengono in abbondanza. Cosa devo dire e come mi devo comportare, quando parlo con la prefettura? Chiedetedi parlare con il prefetto, ma se non c'è o non è disturbabile, cercate di farvi passare il capo di gabinetto o qualche altro funzionario, fino a trovare qualcuno con cui parlare. Spiegateal vostro interlocutore le ragioni per cui siete contrari alla guerra e chiedetegli di farsene portavoce presso il governo; cercate di fargli capire che non ce l'abbiamo con gli impiegati della prefettura, né con il loro lavoro, ma che il coinvolgimento in guerra dell'Italia è una cosa troppo grave per non meritare una forte azione di pressione nei confronti del governo. Ricordatevidi essere sempre gentili e determinati allo stesso tempo. Ascoltate con attenzione quello che ha da dirvi il vostro interlocutore, ed anche se si dimostrasse sgarbato mantenetevi calmi e rilassati, senza farvi prendere dallo spirito della polemica. Se il vostro interlocutore chiude bruscamente la telefonata, richiamate dicendo una cosa tipo 'Dev'essere caduta la linea.'. Cercatedi stabilire un dialogo con il vostro interlocutore, chiedendogli se anche lui personalmente condivide le vostre preoccupazioni. Siate comprensivi con lui se vi esprime le sue difficoltà a far passare le vostre istanze al livello superiore, ma al tempo stesso incoraggiatelo ad insistere e preannunciategli che anche voi, da parte vostra, vi rifarete vivi con lui. Un gruppo di amici si potrebbe ritrovare insieme nei pressi di un telefono con il vivavoce. Una persona chiama, le altre ascoltano il dialogo, facendo poi a rotazione. Il fatto di essere in molti permette, tra una telefonata e l'altra, di valutare come è andata e di affinare la propria 'tecnica'. |
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