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Un check point per la vita - di Amira Hass
- Subject: Un check point per la vita - di Amira Hass
- From: "InfoPalestina" <info at infopalestina.it>
- Date: Fri, 29 Nov 2002 07:34:13 +0100
Un check point per la vita di Amira Hass, giornalista israeliano Ringraziamo Giuseppe Strazzullo per la traduzione pubblicato sul quotidiano Ha'aretz in inglese http://www.haaretzdaily.com/hasen/pages/ShArt.jhtml?itemNo=234962&contrassID=2&subContrassID=4&sbSubContrassID=0&listSrc=Y http://www.infopalestina.it 27.11.2002 Shabbat. ore 7 del mattino al check point all'ingresso settentrionale di Ramallah. Quattro soldati controllano tutti gli autoveicoli. Questo posto di controllo viene usato solamente da diplomatici, VIP palestinesi, ambulanze, veicoli ONU e di varie organizzazioni umanitarie internazionali. Il passaggio è impedito ai pedoni "ordinari" provenienti dai villaggi vicini che circondano Ramallah. Nemmeno le persone che vivono nelle immediate vicinanze possono attraversarlo. Due giovani donne sono ferme al lato settentrionale del check point, di fronte all'ingresso di Ramallah. Loro aspettano. Sul lato meridionale del posto di controllo, una donna anziana è seduta su una sedia a rotelle. Accanto a lei v'è una giovane dall'aria sconcertata. Da una breve conversazione con lei, apprendo che la donna in sedia a rotelle riceve trattamenti di dialisi presso l'ospedale di Ramallah. Una delle giovani donne che aspettano all'altro lato del check point è sua figlia. La giovane accanto a sua figlia è nefropatica ed anche lei è una "regolare" all'ospedale di Ramallah. La giovane donna sconcertata è la sorella della donna anziana in sedia a rotelle. "I soldati non capiscono l'arabo", lei spiega. Le quattro donne provengono dallo stesso villaggio. È solo un caso che la donna sana abbia spinto la sedia a rotelle della sua anziana sorella fino al check point, sicchè i soldati l'hanno lasciata passare, mentre impediscono alle altre due giovani donne di oltrepassare. "Noi non possiamo lasciare che l'intero villaggio attraversi", ha detto uno dei soldati. Sono rimasti sorpresi nel sentire che c'è un'altra donna malata. Hanno detto che a tali "pedoni ordinari" non è consentito oltrepassare . Le giovani donne raccontano che, munite di lettera dell'ospedale, attraversano a piedi il posto di controllo con la donna anziana, una volta ogni due giorni Si presenta, infine, un conducente di ambulanza e conferma che un giorno sì ed uno no egli carica le donne in ambulanza. L'uomo negozia coi soldati e, finalmente, questi lasciano passare la figlia della donna in sedia a rotelle e l'altra paziente ma impediscono all'altra sorella di accompagnarle. Un ragazzo di 10 anni arriva sulla scena dalla direzione di Ramallah portando un grande pacco sul dorso. La sua scuola, ha detto, si trova a nord del check point, in Kafr Bitin. Le pressioni che il guidatore dell'ambulanza sta esercitando sono inutili. I soldati non lasciano passare il ragazzo che spaventato, retrocede. Se le donne dell'organizzazione Makhsom Watch (Checkpoint Watch), un gruppo di volontari che invia i propri attivisti come osservatori ai checkpoints, fossero state presenti, sarebbero riuscite a persuadere i militari ed a far oltrepassare il ragazzo e la donna? Di solito l'organizzazione non è a questo posto di controllo. Presso altri checkpoints qualche volta riescono con le loro argomentazioni ad infondere un po' di giudizio umano nelle regole che cambiano di frequente e nella loro interpretazione. Talvolta la loro mera presenza frena i soldati dal trattenere dozzine di persone ed autoveicoli per lunghe ore senza nessuna ragione operativa. Frequentemente, loro sono testimoni di decine di palestinesi che riescono a "rubare" il passaggio attraverso i checkpoints. Solitamente si tratta di giovani ed agili, ma tentano anche adulti disperati e bambini audaci. La settimana scorsa, la sola telefonata fatta dagli attivisti di Makhsom Watch ad un ospedale di Gerusalemme ha consentito che i soldati lasciassero passare una coppia di genitori attraverso un checkpoint per poter visitare la loro figlia in ospedale a Gerusalemme. Qualche volta un appello fatto dagli attivisti all'ufficiale di turno aiuta. Questi comanda ai suoi militari di rendere i documenti alle dozzine di persone che loro stanno trattenendo per nulla. Molti degli attivisti di Makhsom Watch enfatizzano che il loro scopo non è rendere l'occupazione militare più sopportabile, ma rendere gli israeliani consapevoli del fatto che i checkpoints ed i blocchi non servono ad impedire che gli attentatori suicidi arrivino a Gerusalemme e che essi aumentino solo il senso di oltraggio e disgusto contro Israele tra la popolazione palestinese. Ma spesso la loro presenza e qualche volta il loro intervento serve a moderare le scene brutali ed accorcia le ore di umiliazione. La loro azione, evidentemente, più che servire a raggiungere gli altri israeliani, è tesa a mostrare ai Palestinesi che esistono "altri israeliani." In tal senso, il loro contributo ad un futuro di sane relazioni tra nazioni è maggiore di quello immediato necessario al dibattito nella società israeliana su occupazione militare ed i pericoli ad essa connessa. Come ha detto un palestinese, direttore di scuola del villaggio vicino che è costretto quotidianamente ad umiliazioni e molestie per attraversare il checkpoint "Sapere che vi sono israeliani che sperimentano, anche se solo per alcune ore, quello che noi sperimentiamo rende meno pesante la mia sofferenza e mi dà qualche speranza per un futuro diverso". www.infopalestina.it
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