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Berretti Bianchi in Palestina: seconda parte
- Subject: Berretti Bianchi in Palestina: seconda parte
- From: "Francesco Andreini" <francescoandreini at libero.it>
- Date: Fri, 30 Aug 2002 20:27:44 +0200
11 agosto domenica Oggi il nostro compito sarà quello di accompagnare la clinica mobile al villaggio di Om Safah con il Dr. Aqel. Il villaggio dista solo una ventina di chilometri da Ramallah ma abbiamo impiegato piu' di 2 ore per raggiungerlo: due posti di blocco, nella zona di Surda, per impedire il collegamento del villaggio con i centri vicini. E ogni volta che i soldati ci controllano i documenti non mancano di augurarci una bella giornata (have a nice day!). Un'altra frase che ci e' stata rivolta: "perche' non venite a vedere come stiamo noi?".... Arrivati al villaggio di Om Safah l'Imam chiama la popolazione con l'altoparlante del minareto e la popolazione si raduna nei pressi della moschea; insieme al dottor Aqel c'e' anche una dottoressa greca di Medici Senza Frontiere. I bambini giocano con Donato nel piccolo giardino della moschea dove si trovano una giostra e uno scivolo. Le visite avvengono solitamente tre volte la settimana, ma anche qui la programmazione non e' sempre rispettata, ed e' facile intuire il perche'. Quando rientriamo verso Ramallah scopriamo piacevolmente che i militari non ci sono, ma le auto non possono passare oltre i grossi blocchi di cemento e così lasciamo la clinica mobile alla dott.ssa greca e riprendiamo l'auto che il dottor Aqel aveva lasciato dalla parte di Ramallah. Anche al secondo check point non ci sono militari ma solo le colonne dei taxi che si scambiano i clienti, molti di loro sono studenti che rientrano dall'università di Bir Zeit. Il pomeriggio a Ramallah e' come al solito pieno di saluti di benvenuto e di sorrisi. Rientriamo a Gerusalemme per spostarci l'indomani a Tulkarem, secondo le indicazioni di Nour. Ho provato a piu' riprese a chiedere in base a quale criterio ci spostiamo ma non ho avuto risposte chiare. Data la nostra dichiarazione iniziale di disponibilità ad essere utilizzati secondo il bisogno non mi sono sentito di insistere troppo. 12 agosto lunedì Siamo partiti alle 9 del mattino con uno sherut dalla porta di Damasco, e con noi ci sono tre giovani palestinesi e due adulti. Dopo pochi chilometri occorre lasciare la strada asfaltata e iniziare un percorso piu' adatto per un fuoristrada che per il pulmino Ford su cui viaggiamo. Lasciamo nei pressi di Nablus, in un campo profughi due dei giovani, che vengono accolti dai loro amici con commozione, e il terzo giovane in un villaggio poco distante. Arriviamo a Tulkarem solo noi italiani e il tassista ci lascia nella piazza principale alle 13 e 30: 4 ore e mezzo di viaggio per poco piu' di 90 chilometri. Nella sede del Medical Relief Center ci accoglie il dottor Imad, che si e' laureato a Bologna e parla benissimo italiano. Ci dice che oggi e' il primo giorno di "libertà" dopo sei giorni consecutivi di coprifuoco totale; infatti la città e molto affollata da persone che cercano di rifornirsi per i sempre possibili improvvisi divieti di uscire di casa. Il motivo dell'apertura e' dovuto al ferimento di un giornalista israeliano da parte dell'esercito e questo tiene impegnate le forze israeliane nel tentativo di mostrare la loro efficienza e democrazia. Il personale del Centro e' l'unico che puo' rischiare di muoversi anche sotto coprifuoco ed e' quello che in effetti avviene per i motivi piu' disparati. Nel mese di marzo comunque due persone sono morte in una ambulanza: l'autista e un infermiere (le loro foto sono appese sulla parete dell'ambulatorio). Il dottor Imad ci invita a pranzo da sua madre, che ha imbandito una tavola che non smentisce la famosa ospitalità orientale. Nell'attesa del pasto Donato aiuta a scaricare nell'ambulatorio alcuni scatoloni di medicinali. In tutto il Territorio Palestinese ci sono circa 25 Centri del M.R. che e' una o.n.g. palestinese che riceve finanziamenti da istituzioni internazionali. Anche se l'organizzazione e' gestita da partiti di sinistra, non si attua alcuna discriminazione nei confronti del personale, che viene scelto solo in base alle competenze; anche le prestazioni, che sono totalmente gratuite, vengono erogate nei confronti di tutti coloro che ne fanno richiesta; solo nel caso che i fruitori abbiano disponibilità economiche si chiede loro un contributo spese. Imad ci parla anche di un progetto politico per le prossime elezioni Palestinesi: oltre a Mustafa' Barghouti e Abdel Shafi c'e' una personalità della sinistra di Gerusalemme a rappresentare il progetto nelle tre zone in cui e' divisa la Palestina (West Bank, Gaza e Gerusalemme). Alle 18 annunciano l'inizio di un nuovo coprifuoco che forse verrà tolto il mattino seguente. I bambini di Imad ci chiedono di essere presi in braccio per poter scorgere i Tank e le camionette con gli altoparlanti. Mi torna in mente la battuta che ci hanno fatto i ragazzi sullo sherut: "ma quando siete venuti in aereo avete visto militari anche durante il volo?" 13 agosto martedì Ancora non sappiamo se il coprifuoco verrà tolto, ma ci rechiamo al Medical Relief con Imad; ci sono tre persone che lo aspettano per una visita. Imad ci invita ad andare con Rudeina al vicino Campo profughi di Nurshanse. Rudeina lavora per una associazione che si occupa di handicap fisici e psichici, e lei stessa guida un'auto con modifiche che la adattano alle sue possibilità. Mentre viaggiamo con lei ci racconta dei suoi progetti di costruire una casa; suo marito ha un piccolo negozio e lei aspetta un bambino e l'appartamento dove vivono adesso non sarà piu' sufficiente. Quando arriviamo al campo le attività dei bambini del campo estivo sono in pieno svolgimento: si canta, si recita, si dipinge e si fanno giochi di abilità; qui le attività sono finanziate dal ministero della gioventu' e della salute dell'ANP; il responsabile dell'UNRWA ha recentemente invitato i bambini a non usufruire dell'apposita area verde perche' i militari potrebbero interpretare come sospetti i movimenti dei bambini e sparare. Mi domando se non fosse piu' opportuno invitare i militari ad evitare di sparare in questa zona, ma io non sono un funzionario delle Nazioni Unite. Tra le attività dei bambini e' compresa anche la lettura di giornali e riviste: i bambini che non sanno leggere ritagliano le foto che ritengono piu' interessanti; mentre prendo appunti Fadih mi chiede di scrivere anche il suo nome. Tornando al Centro passiamo per Dinnabeh, il villaggio dove il marito di Rudeina ha il negozio e ci fermiamo a bere una bibita. E' l'ora della preghiera e quando l'Imam arriva alla moschea si ferma per salutarci e darci il suo benvenuto. Il dottor Imad ci dice che dobbiamo ripartire per Gerusalemme per poi congiungerci con un altro gruppo e così ripartiamo in direzione sud. Ancora posti di blocco, strade interrotte, alberi sradicati, e contadini a piccoli gruppi che osservano e commentano gli ultimi danni subiti. Passiamo vicino all'insediamento di Mehola suule rive del Giordano: sembra un'oasi di verde in mezzo al deserto, ma salta agli occhi la recinzione che vieta l'accesso ai non autorizzati. Non visto direttamente l'apartheid del Sudafrica, ma la cura delle strade che portano agli insediamenti e la continua distruzione di quelle che servono ai palestinesi mi richiamano fortemente questo concetto. Arriviamo a Gerusalemme alle 18 circa, 4 ore di viaggio per i soliti 90 chilometri. Recuperiamo la valigia di Donato che l'Alitalia aveva smarrito, e che e' stata portata all'Hotel Ambassador. Al Jerusalem incontriamo Nour e altri tre giovani, Tom e Annik svizzeri e Thomas francese, che verranno con noi a Gaza. Chiedo ancora perche' il programma cambi così improvvisamente... 14 agosto mercoledì E' lo stesso Nour che ci porta fino alla "frontiera" di Gaza; sembra una vera frontiera tra due stati, ma i palestinesi hanno solo un piccolo ufficio oltre la moderna struttura israeliana. I carri armati e le autoblindate non passano certo di qua. Dall'altra parte ci attende Halil con un altro pulmino; e' il direttore di una associazione che si occupa di diritti umani. Con lui percorriamo l'intera striscia di Gaza (circa 45 x 12 km): Khan Yunis (200.000 abitanti, 50% profughi), centro abitato e Campo Profughi (qui un profugo mi indica un bambino e a gesti mi fa capire che e' divenuto sordo per un colpo di arma da fuoco). Nel centro cittadino visitiamo la sede dell'ass. per i diritti umani; ci mostrano la mappa della Striscia di Gaza, con le città, i campi profughi, gli insediamenti che danno il pretesto ai militari di compiere le loro prevaricazioni, le riserve d'acqua potabile, vietate ai palestinesi, le strade per i coloni e quelle per i palestinesi, i due check point che dividono la striscia in tre parti; tra l'altro nella striscia di Gaza si trova l'insediamento piu' vecchio, costruito già nel 1948, che dimostra chiaramente quale fosse l'intenzione della leadership di Israele fin dall'inizio. Poi ci mostrano la ricca serie di proiettili raccolti nella Striscia di Gaza, della "guerra contro il terrorismo": dalle famose pallottole di "gomma" ai micidiali proiettili sparati dai carri armati. Andiamo anche al Campo profughi di Rafah: ancora case distrutte, fori di proiettili, e tanti ragazzi che ci stringono la mano per avere un contatto col mondo che vedono solo su qualche televisore. Torniamo verso Gaza, passando di fronte ad un ospedale costruito con fondi europei. Ci fermiamo per un blocco stradale, e Halil ci chiede se siamo disposti a dimostrare con i palestinesi per l'apertura; poi scende con il telefonino e discute con i militari; passa anche a loro il telefonino e alla fine ripartiamo senza dimostrazioni. Nel frattempo ci spiega che i coloni sono circa 4.000 e 7.000 i militari che si "preoccupano della loro sicurezza". I giacimenti di acqua che si trovano prevalentemente nella zona nord servono ad innaffiare fiori e fragole mentre 1.200.00 palestinesi non hanno acqua potabile. La disoccupazione e' al 65%, i rapporti sociali sono sempre piu' difficili. I figli non hanno rispetto per i padri: se non riescono a difendere se stessi come possono difendere i figli? Come possono provvedere al mantenimento, agli studi? La pesca era una delle possibili fonti di sostentamento, ma adesso e' impossibile per il restringimento del limite di allontanamento dalla costa. Passiamo anche di fronte all'Università Islamica di Gaza, con i suoi 50.000 tra studenti e studentesse. Alle 17 ci fermiamo per mangiare un boccone in una trattoria, poi visitiamo una associazione che si occupa del recupero dei ragazzi svantaggiati in età scolare. A sera saremo ospiti in un appartamento che l'associazione offre per i volontari che lavorano nei loro campi estivi. Leonarda di Milano ci fa gli onori di casa. Francesco Andreini Berretti Bianchi
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