Berretti Bianchi in Palestina: seconda parte



11 agosto domenica

Oggi il nostro compito sarà quello di accompagnare la clinica mobile al
villaggio di Om Safah con il Dr. Aqel. Il villaggio dista solo una ventina
di chilometri da Ramallah ma abbiamo impiegato piu' di 2 ore per
raggiungerlo: due posti di blocco, nella zona di Surda, per impedire il
collegamento del villaggio con i centri vicini. E ogni volta che i soldati
ci controllano i documenti non mancano di augurarci una bella giornata
(have a nice day!). Un'altra frase che ci e' stata rivolta: "perche' non
venite a vedere come stiamo noi?"....

Arrivati al villaggio di Om Safah l'Imam chiama la popolazione con
l'altoparlante del minareto e la popolazione si raduna nei pressi della
moschea; insieme al dottor Aqel c'e' anche una dottoressa greca di Medici
Senza Frontiere. I bambini giocano con Donato nel piccolo giardino della
moschea dove si trovano una giostra e uno scivolo. Le visite avvengono
solitamente tre volte la settimana, ma anche qui la programmazione non e'
sempre rispettata, ed e' facile intuire il perche'. Quando rientriamo verso
Ramallah scopriamo piacevolmente che i militari non ci sono, ma le auto non
possono passare oltre i grossi blocchi di cemento e così lasciamo la
clinica mobile alla dott.ssa greca e riprendiamo l'auto che il dottor Aqel
aveva lasciato dalla parte di Ramallah. Anche al secondo check point non ci
sono militari ma solo le colonne dei taxi che si scambiano i clienti, molti
di loro sono studenti che rientrano dall'università di Bir Zeit. Il
pomeriggio a Ramallah e' come al solito pieno di saluti di benvenuto e di
sorrisi. Rientriamo a Gerusalemme per spostarci l'indomani a Tulkarem,
secondo le indicazioni di Nour. Ho provato a piu' riprese a chiedere in
base a quale criterio ci spostiamo ma non ho avuto risposte chiare. Data la
nostra dichiarazione iniziale di disponibilità ad essere utilizzati secondo
il bisogno non mi sono sentito di insistere troppo.

12 agosto lunedì

Siamo partiti alle 9 del mattino con uno sherut dalla porta di Damasco, e
con noi ci sono tre giovani palestinesi e due adulti. Dopo pochi chilometri
occorre lasciare la strada asfaltata e iniziare un percorso piu' adatto per
un fuoristrada che per il pulmino Ford su cui viaggiamo. Lasciamo nei
pressi di Nablus, in un campo profughi due dei giovani, che vengono accolti
dai loro amici con commozione, e il terzo giovane in un villaggio poco
distante. Arriviamo a Tulkarem solo noi italiani e il tassista ci lascia
nella piazza principale alle 13 e 30: 4 ore e mezzo di viaggio per poco
piu' di 90 chilometri. Nella sede del Medical Relief Center ci accoglie il
dottor Imad, che si e' laureato a Bologna e parla benissimo italiano. Ci
dice che oggi e' il primo giorno di "libertà" dopo sei giorni consecutivi
di coprifuoco totale; infatti la città e molto affollata da persone che
cercano di rifornirsi per i sempre possibili improvvisi divieti di uscire
di casa. Il motivo dell'apertura e' dovuto al ferimento di un giornalista
israeliano da parte dell'esercito e questo tiene impegnate le forze
israeliane nel tentativo di mostrare la loro efficienza e democrazia. Il
personale del Centro e' l'unico che puo' rischiare di muoversi anche sotto
coprifuoco ed e' quello che in effetti avviene per i motivi piu' disparati.
Nel mese di marzo comunque due persone sono morte in una ambulanza:
l'autista e un infermiere (le loro foto sono appese sulla parete
dell'ambulatorio). Il dottor Imad ci invita a pranzo da sua madre, che ha
imbandito una tavola che non smentisce la famosa ospitalità orientale.
Nell'attesa del pasto Donato aiuta a scaricare nell'ambulatorio alcuni
scatoloni di medicinali. In tutto il Territorio Palestinese ci sono circa
25 Centri del M.R. che e' una o.n.g. palestinese che riceve finanziamenti
da istituzioni internazionali. Anche se l'organizzazione e' gestita da
partiti di sinistra, non si attua alcuna discriminazione nei confronti del
personale, che viene scelto solo in base alle competenze; anche le
prestazioni, che sono totalmente gratuite, vengono erogate nei confronti di
tutti coloro che ne fanno richiesta; solo nel caso che i fruitori abbiano
disponibilità economiche si chiede loro un contributo spese. Imad ci parla
anche di un progetto politico per le prossime elezioni Palestinesi: oltre a
Mustafa' Barghouti e Abdel Shafi c'e' una personalità della sinistra di
Gerusalemme a rappresentare il progetto nelle tre zone in cui e' divisa la
Palestina (West Bank, Gaza e Gerusalemme). Alle 18 annunciano l'inizio di
un nuovo coprifuoco che forse verrà tolto il mattino seguente. I bambini di
Imad ci chiedono di essere presi in braccio per poter scorgere i Tank e le
camionette con gli altoparlanti. Mi torna in mente la battuta che ci hanno
fatto i ragazzi sullo sherut: "ma quando siete venuti in aereo avete visto
militari anche durante il volo?"

13 agosto martedì

Ancora non sappiamo se il coprifuoco verrà tolto, ma ci rechiamo al Medical
Relief con Imad; ci sono tre persone che lo aspettano per una visita. Imad
ci invita ad andare con Rudeina al vicino Campo profughi di Nurshanse.
Rudeina lavora per una associazione che si occupa di handicap fisici e
psichici, e lei stessa guida un'auto con modifiche che la adattano alle sue
possibilità. Mentre viaggiamo con lei ci racconta dei suoi progetti di
costruire una casa; suo marito ha un piccolo negozio e lei aspetta un
bambino e l'appartamento dove vivono adesso non sarà piu' sufficiente.
Quando arriviamo al campo le attività dei bambini del campo estivo sono in
pieno svolgimento: si canta, si recita, si dipinge e si fanno giochi di
abilità; qui le attività sono finanziate dal ministero della gioventu' e
della salute dell'ANP; il responsabile dell'UNRWA ha recentemente invitato
i bambini a non usufruire dell'apposita area verde perche' i militari
potrebbero interpretare come sospetti i movimenti dei bambini e sparare. Mi
domando se non fosse piu' opportuno invitare i militari ad evitare di
sparare in questa zona, ma io non sono un funzionario delle Nazioni Unite.
Tra le attività dei bambini e' compresa anche la lettura di giornali e
riviste: i bambini che non sanno leggere ritagliano le foto che ritengono
piu' interessanti; mentre prendo appunti Fadih mi chiede di scrivere anche
il suo nome. Tornando al Centro passiamo per Dinnabeh, il villaggio dove il
marito di Rudeina ha il negozio e ci fermiamo a bere una bibita. E' l'ora
della preghiera e quando l'Imam arriva alla moschea si ferma per salutarci
e darci il suo benvenuto. Il dottor Imad ci dice che dobbiamo ripartire per
Gerusalemme per poi congiungerci con un altro gruppo e così ripartiamo in
direzione sud. Ancora posti di blocco, strade interrotte, alberi sradicati,
e contadini a piccoli gruppi che osservano e commentano gli ultimi danni
subiti. Passiamo vicino all'insediamento di Mehola suule rive del Giordano:
sembra un'oasi di verde in mezzo al deserto, ma salta agli occhi la
recinzione che vieta l'accesso ai non autorizzati. Non visto direttamente
l'apartheid del Sudafrica, ma la cura delle strade che portano agli
insediamenti e la continua distruzione di quelle che servono ai palestinesi
mi richiamano fortemente questo concetto. Arriviamo a Gerusalemme alle 18
circa, 4 ore di viaggio per i soliti 90 chilometri. Recuperiamo la valigia
di Donato che l'Alitalia aveva smarrito, e che e' stata portata all'Hotel
Ambassador. Al Jerusalem incontriamo Nour e altri tre giovani, Tom e Annik
svizzeri e Thomas francese, che verranno con noi a Gaza. Chiedo ancora
perche' il programma cambi così improvvisamente...

14 agosto mercoledì

E' lo stesso Nour che ci porta fino alla "frontiera" di Gaza; sembra una
vera frontiera tra due stati, ma i palestinesi hanno solo un piccolo
ufficio oltre la moderna struttura israeliana. I carri armati e le
autoblindate non passano certo di qua. Dall'altra parte ci attende Halil
con un altro pulmino; e' il direttore di una associazione che si occupa di
diritti umani. Con lui percorriamo l'intera striscia di Gaza (circa 45 x 12
km): Khan Yunis (200.000 abitanti, 50% profughi), centro abitato e Campo
Profughi (qui un profugo mi indica un bambino e a gesti mi fa capire che e'
divenuto sordo per un colpo di arma da fuoco). Nel centro cittadino
visitiamo la sede dell'ass. per i diritti umani; ci mostrano la mappa della
Striscia di Gaza, con le città, i campi profughi, gli insediamenti che
danno il pretesto ai militari di compiere le loro prevaricazioni, le
riserve d'acqua potabile, vietate ai palestinesi, le strade per i coloni e
quelle per i palestinesi, i due check point che dividono la striscia in tre
parti; tra l'altro nella striscia di Gaza si trova l'insediamento piu'
vecchio, costruito già nel 1948, che dimostra chiaramente quale fosse
l'intenzione della leadership di Israele fin dall'inizio. Poi ci mostrano
la ricca serie di proiettili raccolti nella Striscia di Gaza, della "guerra
contro il terrorismo": dalle famose pallottole di "gomma" ai micidiali
proiettili sparati dai carri armati. Andiamo anche al Campo profughi di
Rafah: ancora case distrutte, fori di proiettili, e tanti ragazzi che ci
stringono la mano per avere un contatto col mondo che vedono solo su
qualche televisore. Torniamo verso Gaza, passando di fronte ad un ospedale
costruito con fondi europei. Ci fermiamo per un blocco stradale, e Halil ci
chiede se siamo disposti a dimostrare con i palestinesi per l'apertura; poi
scende con il telefonino e discute con i militari; passa anche a loro il
telefonino e alla fine ripartiamo senza dimostrazioni. Nel frattempo ci
spiega che i coloni sono circa 4.000 e 7.000 i militari che si "preoccupano
della loro sicurezza". I giacimenti di acqua che si trovano prevalentemente
nella zona nord servono ad innaffiare fiori e fragole mentre 1.200.00
palestinesi non hanno acqua potabile. La disoccupazione e' al 65%, i
rapporti sociali sono sempre piu' difficili. I figli non hanno rispetto per
i padri: se non riescono a difendere se stessi come possono difendere i
figli? Come possono provvedere al mantenimento, agli studi? La pesca era
una delle possibili fonti di sostentamento, ma adesso e' impossibile per il
restringimento del limite di allontanamento dalla costa. Passiamo anche di
fronte all'Università Islamica di Gaza, con i suoi 50.000 tra studenti e
studentesse. Alle 17 ci fermiamo per mangiare un boccone in una trattoria,
poi visitiamo una associazione che si occupa del recupero dei ragazzi
svantaggiati in età scolare. A sera saremo ospiti in un appartamento che
l'associazione offre per i volontari che lavorano nei loro campi estivi.
Leonarda di Milano ci fa gli onori di casa.

Francesco Andreini
Berretti Bianchi