vilipendio forze armate: pacifista sardo processato il 3 luglio per una pernacchia



Un pacifista sardo sarà processato per vilipendio alle forze armate

Il 3 luglio 2002 il pretore di Carbonia, dott.Arca, avrà di fronte a sé Antonello Repetto, militante di Pax Christi colpevole, in un manifesto da lui affisso in cui era disegnato uno scheletro in divisa, di aver scritto: "Ragazzi vi mandano al macello, boicottate il nuovo modello di difesa, alla divisa fate una pernacchia!!"

Non si sa ancora se il governo darà l'autorizzazione a procedere, essendo questo un reato contro lo Stato.

Repetto si stava battendo contro lo scandalo dell'uranio impoverito impiegato nei poligoni di tiro sardi e per ora sarà l'unica persona che finirà sotto processo per una brutta storia di tumori e malformazioni riscontrata attorno alle aree dove per anni è stato sparato di tutto, senza informazioni e senza precauzioni.

In questi giorni sta morendo di cancro Marco Diana, sardo di 33 anni, ex maresciallo dei granatieri che ha avuto a che fare con i siti, i proiettili e le missioni "sospette". "Lo voglio andare a trovare perché gli hanno revocato la pensione che in un primo tempo gli era stata concessa per via delle patologie contratte nel servizio militare", ci ha detto Repetto manifestando l'intenzione di portargli la sua solidarietà da uomo a uomo.

Repetto non stava offendendo ma stava informando i militari. Il vilipendio lo si può cercare altrove, in una storia di azzardi e silenzi in cui tanti militari sono stati offesi in quanto trattati come cavie da laboratorio.

Era proprio il nostro amico pacifista Antonello Repetto che ci mandava preziosi materiali informativi da Carloforte (Cagliari).

Grazie alla sua costante azione di "link" fra l'informazione locale sarda e PeaceLink si è potuto fare sapere in rete che ventidue i bambini sono nati malformati, figli di civili e militari reduci da Bosnia e Somalia. Linfomi e leucemie destano allarme nei pressi dei poligoni di tiro sardi dove si sperimentano le nuove armi.

C'è chi mette in dubbio l'esistenza dell'uranio impoverito in Sardegna. C'è poi anche chi insiste sull'"innocenza" dell'uranio impoverito. Costoro dovrebbero avere il coraggio di andare a respirare a pieni polmoni le polveri dei poligoni di tiro della Sardegna. "Esiste almeno un dettagliato rapporto ricevuto dall'Army's Armament, Munition and Chemical Command pochi mesi prima dell'inizio della guerra del Golfo, in cui la Science Applications International Corporation avverte dei danni radiologici e tossicologici alche per il personale militare", ha scritto Amnesty International a proposito dell'uranio impoverito. Sul sito di PeaceLink (sezione tematica Disarmo) c'è la mappa dettagliata (è un database gestito con mappe digitali computerizzate) di dove è caduto - in Bosnia e Kossovo - l'uranio impoverito e ogni militare può controllare se era a rischio lì dove è stato mandato in missione militare. Possiamo solo chiederci: il reato (di fascista memoria) di "vilipendio delle forze armate" può essere applicato alla divisa militare? E' reato fare una pernacchia ad una divisa? Negli Stati Uniti fare una pernacchia o bruciare la bandiera (o la divisa) non sono più reati da tempo, dopo l'epoca del Vietnam.

Antonello Repetto ha chiesto di divulgare il suo indirizzo e possibilmente di partecipare al processo:
via dei Novelli Innocenti, 4 - 09014 Carloforte, telefono 0781/856397

Diffondete questo messaggio, la solidarietà non manchi.


Alessandro Marescotti
redattore volontario di PeaceLink
www.peacelink.it

PS - vorrei essere anche io accusato di vilipendio delle forze armate per aver concorso alla diffusione delle seguenti parole scritte da un uomo veramente spregevole: "Questo argomento (la guerra) mi induce a parlare della peggiore delle creazioni, quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore. Disprezzo profondamente chi è felice di marciare in ranghi e nelle formazioni al seguito di una musica; costui ha ricevuto solo per errore il cervello: un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente" (Albert Einstein).