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Dossier sugli Stati Uniti: Come si uccide il Diritto
- Subject: Dossier sugli Stati Uniti: Come si uccide il Diritto
- From: "ednran" <ednran at tin.it>
- Date: Wed, 13 Feb 2002 09:34:41 +0100
La rivista Missione Oggi, dei Saveriani di Brescia, ha pubblicato, sul numero di Febbraio, un interessantissimo dossier sugli Stati Uniti. Ve lo allego: è da leggere a tutti o costi. Leggete e fate leggere: è bene che la gente sappia! Una saluto Aldo ------------------------------------------ STATI UNITI: Come si uccide il Diritto (1) (Roberto Cucchini) Gli Stati Uniti sono il paese che come nessun altro si erge a difensore dei diritti fondamentali dell'uomo, quando questi vengono vilipesi in qualche parte del mondo; nulla da eccepire se poi anch'esso fosse disponibile ad accogliere tali critiche, quando altri governi od organismi internazionali rivolgono loro le stesse accuse. Gli Stati Uniti sono la nazione che come nessun'altra è impegnata a combattere in casa propria la devianza criminale. Niente da dire se ciò significasse una politica mirata alla prevenzione del malessere umano e sociale, che scatena tale fenomeno. Il fatto è che questa lotta viene condotta in termini puramente repressivi e penitenziari, così come quella per il ristabilimento della "democrazia internazionale" si traduce troppo spesso in una catena senza fine di "guerre umanitarie". Da quindici anni a questa parte, la popolazione carceraria della più grande potenza mondiale si è triplicata. Con gli ultimi provvedimenti legislativi (la cosiddetta "legge patriottica") richiesti e approvati da George Bush dopo l'11 settembre, si è fatto un nuovo passo in avanti verso un'ulteriore riduzione della tutela delle principali libertà e diritti riconosciuti ai cittadini all'interno del paese. Nello stesso modo, con le sue scelte, Washington ignora o depotenzia gran parte di quelle norme del diritto, con cui la comunità internazionale ha immaginato di poter affrontare e risolvere le situazioni di crisi e conflitto, senza mettere mano agli arsenali. Possiamo allora individuare un filo che unisce le azioni che il governo degli Stati Uniti compie nei confronti del popolo americano, e quelle che impone sul piano delle relazioni internazionali agli altri popoli? La risposta è sì. Se sul piano geopolitico ci si sta incamminando verso una militarizzazione dei rapporti interstatuali, facendo carta straccia di tutti gli accordi e trattati faticosamente sottoscritti durante la guerra fredda, su quello interno si sta passando ad una vera militarizzazione della giustizia civile. Così come all'interno degli States vengono progressivamente demolite le fondamenta dello "stato di diritto" che prevede un faticoso, ma necessario equilibrio dei poteri istituzionali, con la stessa determinazione si porta a compimento la negazione dello "stato di diritto internazionale" attraverso la progressiva delegittimazione delle istituzioni che lo rappresentano, a cominciare dalle Nazioni Unite. C'è qualcosa di inedito e inquietante in tale rapporto. Tuttavia sarebbe azzardato ritenere che tutto questo abbia avuto inizio con la strage delle Torri Gemelle. Tale evento, al di là del valore reale e significato simbolico che può aver avuto per ognuno di noi, rappresenta un punto d'accelerazione di un processo già cominciato da molto tempo e che solo ora appare nella sua pericolosità. Se, come ci viene insegnato ogni giorno dalle vestali del neoliberismo, il primato delle inflessibili leggi dell'economia fa premio sull'azione politica, cioè sulla volontà delle istituzioni e della società civile a perseguire il bene comune, non c'è da meravigliarsi più di tanto che tale assioma veda come un ingombro i diritti e le leggi, cioè gli strumenti di cui le società si dotano per regolare la convivenza dei cittadini e promuovere il loro benessere. E da qui a fare carta straccia delle Costituzioni nazionali e della Carta dei diritti dell'uomo, il passo è breve. La crisi della rappresentanza politica anche in ragione della frantumazione corporativa della società, la tendenza al consenso plebiscitario, la subalternità della sfera pubblica al comando dell'impresa o a insindacabili poteri extranazionali, sono sintomi evidenti della crisi che sta attraversando la democrazia nei nostri paesi. Così come la frantumazione su basi etniche, religiose, micronazionali dei vari continenti, la propensione al comando unico impartito da un solo centro di potere, la dipendenza degli stati dalle regole della globalizzazione, rappresentano altrettanti sintomi di un male che sta metastatizzando il corpo dell'umanità tutta. In questo contesto, le libertà (di parola, d'opinione, di associazione) diventano un lusso che non ci possiamo più permettere, se vogliamo che il "nostro benessere" continui a crescere. E così anche i diritti sociali o politici, diventano un di più di cui poter fare a meno. Lo stesso disordine che questo sistema produce, trasformandosi in un sentimento condiviso di incertezza, dà la stura ai venditori di "sicurezza nazionale e internazionale" a buon mercato: alle guerre sociali ed economiche interne contro i propri popoli - veri e propri conflitti a "bassa intensità" - attraverso i bombardamenti a tappeto del Fmi, della Banca mondiale, del Wto, o a quelle fuori casa contro una lista ormai interminabile di nemici della "nostra civiltà", molti dei quali figli, ora ripudiati, dei nostri democratici apprendisti stregoni. Parlando quindi degli Stati Uniti, è come se parlassimo allora di tutti noi, di un paese né migliore né peggiore di tanti altri, ma che per sua disgrazia, è diventato l'unica grande potenza militare e politica presentesulla Terra. E questo non è un bene, per nessuno. Nemmeno per se stessa. (Continua)
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