Dossier sugli Stati Uniti: Come si uccide il Diritto



La rivista Missione Oggi, dei Saveriani di Brescia, ha pubblicato, sul
numero di Febbraio, un interessantissimo dossier sugli Stati Uniti.
Ve lo allego: è da leggere a tutti o costi.
Leggete e fate leggere: è bene che la gente sappia!
Una saluto
Aldo



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STATI UNITI: Come si uccide il Diritto (1)
(Roberto Cucchini)

Gli Stati Uniti sono il paese che come nessun altro si erge a difensore dei
diritti fondamentali dell'uomo, quando questi vengono vilipesi in qualche
parte del mondo; nulla da eccepire se poi anch'esso fosse disponibile ad
accogliere tali critiche, quando altri governi od organismi internazionali
rivolgono loro le stesse accuse.
Gli Stati Uniti sono la nazione che come nessun'altra è impegnata a
combattere in casa propria la devianza criminale. Niente da dire se ciò
significasse una politica mirata alla prevenzione del malessere umano e
sociale, che scatena tale fenomeno. Il fatto è che questa lotta viene
condotta in termini puramente repressivi e penitenziari, così come quella
per il ristabilimento della "democrazia internazionale" si traduce troppo
spesso in una catena senza fine di "guerre umanitarie". Da quindici anni a
questa parte, la popolazione carceraria della più grande potenza mondiale
si è triplicata. Con gli ultimi provvedimenti legislativi (la cosiddetta
"legge patriottica") richiesti e approvati da George Bush dopo l'11
settembre, si è fatto un nuovo passo in avanti verso un'ulteriore riduzione
della tutela delle principali libertà e diritti riconosciuti ai cittadini
all'interno del paese.

Nello stesso modo, con le sue scelte, Washington ignora o depotenzia gran
parte di quelle norme del diritto, con cui la comunità internazionale ha
immaginato di poter affrontare e risolvere le situazioni di crisi e
conflitto, senza mettere mano agli arsenali. Possiamo allora individuare un
filo che unisce le azioni che il governo degli Stati Uniti compie nei
confronti del popolo americano, e quelle che impone sul piano delle
relazioni internazionali agli altri popoli? La risposta è sì. Se sul piano
geopolitico ci si sta incamminando verso una militarizzazione dei rapporti
interstatuali, facendo carta straccia di tutti gli accordi e trattati
faticosamente sottoscritti durante la guerra fredda, su quello interno si
sta passando ad una vera militarizzazione della giustizia civile.
Così come all'interno degli States vengono progressivamente demolite le
fondamenta dello "stato di diritto" che prevede un faticoso, ma necessario
equilibrio dei poteri istituzionali, con la stessa determinazione si porta
a compimento la negazione dello "stato di diritto internazionale"
attraverso la progressiva delegittimazione delle istituzioni che lo
rappresentano, a cominciare dalle Nazioni Unite. C'è qualcosa di inedito e
inquietante in tale rapporto. Tuttavia sarebbe azzardato ritenere che tutto
questo abbia avuto inizio con la strage delle Torri Gemelle. Tale evento,
al di là del valore reale e significato simbolico che può aver avuto per
ognuno di noi, rappresenta un punto d'accelerazione di un processo già
cominciato da molto tempo e che solo ora appare nella sua pericolosità.
Se, come ci viene insegnato ogni giorno dalle vestali del neoliberismo, il
primato delle inflessibili leggi dell'economia fa premio sull'azione
politica, cioè sulla volontà delle istituzioni e della società civile a
perseguire il bene comune, non c'è da meravigliarsi più di tanto che tale
assioma veda come un ingombro i diritti e le leggi, cioè gli strumenti di
cui le società si dotano per regolare la convivenza dei cittadini e
promuovere il loro benessere. E da qui a fare carta straccia delle
Costituzioni nazionali e della Carta dei diritti dell'uomo, il passo è
breve.
La crisi della rappresentanza politica anche in ragione della frantumazione
corporativa della società, la tendenza al consenso plebiscitario, la
subalternità della sfera pubblica al comando dell'impresa o a insindacabili
poteri extranazionali, sono sintomi evidenti della crisi che sta
attraversando la democrazia nei nostri paesi.
Così come la frantumazione su basi etniche, religiose, micronazionali dei
vari continenti, la propensione al comando unico impartito da un solo
centro di potere, la dipendenza degli stati dalle regole della
globalizzazione, rappresentano altrettanti sintomi di un male che sta
metastatizzando il corpo dell'umanità tutta.
In questo contesto, le libertà (di parola, d'opinione, di associazione)
diventano un lusso che non ci possiamo più permettere, se vogliamo che il
"nostro benessere" continui a crescere. E così anche i diritti sociali o
politici, diventano un di più di cui poter fare a meno.
Lo stesso disordine che questo sistema produce, trasformandosi in un
sentimento condiviso di incertezza, dà la stura ai venditori di "sicurezza
nazionale e internazionale" a buon mercato: alle guerre sociali ed
economiche interne contro i propri popoli - veri e propri conflitti a
"bassa intensità" - attraverso i bombardamenti a tappeto del Fmi, della
Banca mondiale, del Wto, o a quelle fuori casa contro una lista ormai
interminabile di nemici della "nostra civiltà", molti dei quali figli, ora
ripudiati, dei nostri democratici apprendisti stregoni.
Parlando quindi degli Stati Uniti, è come se parlassimo allora di tutti
noi, di un paese né migliore né peggiore di tanti altri, ma che per sua
disgrazia, è diventato l'unica grande potenza militare e politica
presentesulla Terra. E questo non è un bene, per nessuno. Nemmeno per se
stessa.

(Continua)